WoO 188 Gott ist eine feste Burg, (Dio è una forte rocca), canone
WoO 188 “Gott ist eine feste Burg”, (Dio è una forte rocca), canone per Düsterlohe, 12 gennaio 1825, pubblicato in Beethovens Sämtliche Briefe und Aufzeichungen di F. Prelinger, IV, pagina 177, 1909 e più recentemente da W. Hess nel quinto fascicolo dei Supplemente zur G.A., 1962. Hess 265 – KH. (WoO)188.
L’originale, che porta la data del 12 gennaio 1825 e apparteneva già alla raccolta Koch, è oggi disperso. Fu scritto per l’album dell’ufficiale curlandese v. Düsterlohe, che sembra abbia fatto visita a Beethoven al principio del 1825, portandogli, opina il KH., i saluti dell’amico Amenda, allora prevosto della diocesi di Kandau. Le prime due battute riprendono quelle iniziali del Credo della Missa solemnis.
[Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]
Titolo ufficiale:WoO 188 Gott ist eine feste Burg Rätselkanon (B-dur) nach Worten von Martin Luther Widmung: — NGAXII/2 AGA- SBG V/45 (2. Auflage: 46; Hess 265)
Origine e pubblicazione: Scritto il 12 gennaio 1825 a Vienna. La prima edizione apparve postuma nel 1908, presumibilmente nell’edizione delle lettere di Alfred Christlieb Kalischer. Secondo la Wiener Zeitung, il “curländische Edelmann“ Nicolaus Reinhold Friedrich von Duesterloh (1758-1834) Major e Postmeister prussiano dovette aver visitato Beethoven diverse volte, come dimostrano numerose menzioni nei libri di conversazione. Potrebbe anche aver portato i saluti dell’amico di Beethoven, Carl Amenda. Secondo le dichiarazioni del nipote Karl, Duesterloh si offrì di copiare le composizioni di Beethoven e domandò al compositore se fosse possibile prendere delle lezioni. L’11 gennaio 1825, Karl annota in un quaderno di conversazione: „Der Düsteloh aus Rußland, dem du die Copiatur übertragen wolltest, reist nun wieder nach Hause, er kommt, sich zu empfehlen, und bittet, ob du nicht in sein Stammbuch ein paar Noten machen wolltest.” Beethoven aggiunse la seguente frase nel diario di Reinhold von Duesterloh: „Handle! Sie, die Wissenschaft, machte nie Glückliche.“ Il 12 gennaio 1825, lo stesso giorno in cui scrisse la frase, Beethoven stava ancora discutendo con il nipote la corretta formulazione del motto. Già il primo gennaio 1792 Peter Joseph Eilender (1767-1831) scrisse questa frase nello “Stammbuche” di Beethoven, citazione dall’ode “An Cidli” (1751) di Friedrich Gottlieb Klopstock (1724-1803): „Handle, die Wißenschaft, Sie nur, machte nie Glückliche.“ Il canone utilizza le due battute di apertura del tema principale Credo dalla Missa solemnis, Op. 123. Testo: Ludwig van Beethoven, dalla traduzione di Martin Lutero del Salmo 46 (“Deus noster refugium et virtus”) „Ein feste Burg ist unser Gott“.
Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it
Ein feste Burg ist unser Gott,
ein gute Wehr und Waffen.
Er hilft uns frei aus aller Not,
die uns jetzt hat betroffen.
Der alt böse Feind
mit Ernst er’s jetzt meint,
groß Macht und viel List
sein grausam Rüstung ist,
auf Erd ist nicht seins gleichen.
Mit unsrer Macht ist nichts getan,
wir sind gar bald verloren;
es streit’ für uns der rechte Mann,
den Gott hat selbst erkoren.
Fragst du, wer der ist?
Er heißt Jesus Christ,
der Herr Zebaoth,
und ist kein andrer Gott,
das Feld muss er behalten.
Und wenn die Welt voll Teufel wär
und wollt uns gar verschlingen,
so fürchten wir uns nicht so sehr,
es soll uns doch gelingen.
Der Fürst dieser Welt,
wie sau’r er sich stellt,
tut er uns doch nicht;
das macht, er ist gericht’:
ein Wörtlein kann ihn fällen.
Das Wort sie sollen lassen stahn
und kein’ Dank dazu haben;
er ist bei uns wohl auf dem Plan
mit seinem Geist und Gaben.
Nehmen sie den Leib,
Gut, Ehr, Kind und Weib:
lass fahren dahin,
sie haben’s kein’ Gewinn,
das Reich muss uns doch bleiben.