WoO 92 Primo amore, piacere del ciel, scena ed aria per soprano ed orchestra
I) Andantino cantabile – II) Allegro con brio
WoO 92 Primo amore, piacere del ciel, scena ed aria per soprano ed orchestra, 1795 – 1800, pubblicata per la prima volta nel Supplemento della G.A. 1888. GA. n. 271 (serie 25/8) – B. 262 – KH. (WoO)92 -T. 264/32.
Il manoscritto originale è sconosciuto. Una copia riveduta con in calce il nome di Beethoven è conservata nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino. I versi italiani di autore ignoto, che riferiamo integralmente per curiosità, sono alquanto zoppicanti e spropositati. L’orchestra, abbastanza nutrita e viva nel suo compito di introdurre, seguire, commentare e concludere il canto, si compone di flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni e archi. La prima parte, (Andantino cantabile): “Scherza un altro coll’amore quando amata l’abbandona, cercasi un nuovo amore e deride ognuna fe’. Primo amore, piacer del Ciel penetrasti il mio cor. Io trovai l’amata, deh! ma di più non è per me.” ha una fisionomia musicale «amorosa», che ritroveremo, più squisita, nel duetto: “Nei giorni tuoi felici”, e, idealmente elevata, nel Larghetto della Seconda Sinfonia. La seconda (Recitativo, Allegro moderato). “Non conosce il vero amore chi non sente un gran dolore quando l’idolo del core fugge in braccio d’un altro amante”, è un pezzo di movimento, nelle parole come nella musica: ansioso, colorito, fino a che le ultime parole ripetute: non conosce … non conosce … il vero amore, calmandosi, non riconducono il preludio strumentale della prima parte, il cui movimento è però indicato ora come Larghetto, e la ripetizione, con la stessa musica, delle prime due strofe di canto. La terza (stesso tempo: la minore): “Ma se il dardo trapuntava gl’ambi cuori degli amanti e poi viene divisione or sola morte consola”, è la più significativa di tutta l’aria per il variare della luce tonale, il fraseggio melodico, le pause, il sostegno e commento dell’orchestra. All’immagine desolata: “e poi viene divisione”, corrisponde squallidamente la parola della fine: “la morte, la morte, la morte…”. La quarta (Allegro con brio): “Tale amore, piacer del ciel, penetrava il mio cor; io trovai la cara, deh! ma di più non è per me”, riprende gli stessi versi, o quasi, della seconda strofa dell’ Andantino cantabile, la musica è nella forma e nel carattere di un Allegro finale di aria, con reiterazione di procedimenti melodici e ritmici, cadenze, vocalizzi (semplici, però), note tenute a lungo nell’acuto: in necessaria dipendenza di tutta una convenzionale associazione di parole e di frasi ripetute a sazietà, dove l’impeto s’affloscia nell’enfasi e nella moda della vocalità melodrammatica. Soltanto alla fine torna a spirare un soffio di sincera poesia, quando le due battute di Adagio, 3/8, ripetono ancora l’ultima frase dell’Andantino con il digradare della sua melodia in cui le parole, altrove tanto stucchevoli: “ma di più non è per me”, suonano con tanta sincera grazia di sospiro. La conclusione vocale e strumentale (Tempo I) che segue subito, dopo la corona, torna a pagare il suo tributo alla moda.
[Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]
Titolo ufficiale: WoO 92 Erste Liebe, Himmelslust (Primo amore, piacer del ciel) Szene und Arie (A-dur) nach einem Gedicht von Gerhard Anton von Halem für Sopran und Orchester Widmung: — NGA X/3 AGA 271 = Serie 25/8
Origine e pubblicazione: Aria composta nel 1791/92 a Bonn. La prima edizione della partitura fu pubblicata postuma nel 1888 come parte dell’AGA da Breitkopf & Härtel a Lipsia. Il tipo di carta e le caratteristiche calligrafiche della partitura autografa suggeriscono che Beethoven abbia composto quest’aria a Bonn e non, come spesso si presume, durante il suo apprendistato con Antonio Salieri a Vienna. In base al tipo di carta l’epoca di origine può essere ristretta all’inizio del 1791 fino all’agosto 1792. Secondo Ernst Herttrich, Beethoven potrebbe aver composto quest’aria per il soprano Magdalena Willmann (1771-1801), che era stata la prima cantante al Teatro Nazionale di Bonn dal 1791 e la cui famiglia conosceva bene quella di Beethoven. Ne sono testimonianza alcuni passaggi in registro notevolmente grave, che corrispondono all’ambitus di un soprano con insolita profondità. Beethoven vendette l’aria ad Artaria in data sconosciuta. Il 27 settembre 1814 l’editore gli inviò la partitura autografa per un’ulteriore revisione.
Nonostante le ripetute richieste di Artaria di restituirla, il 24 maggio 1824 e nel gennaio 1826, l’editore non ricevette indietro la partitura originale. Testo: Gerhard Anton von Halem (1752-1819), sconosciuto editore di testi in italiano. La poesia di Von Halem, traduzione di un originale inglese, apparve nell’Hamburg Musen Almanach del 1786 con il titolo „Die Liebe. Rondeau. Nach dem Englischen“. Mentre lo schizzo superstite di Beethoven contiene ancora una citazione del testo tedesco, la partitura autografa – di qualcun altro – ha solo il testo italiano, aggiunto successivamente. L’editore e la data della modifica sono sconosciuti. Tuttavia la riscrittura del testo italiano deve essere avvenuta prima del 27 settembre 1814, poiché l’elenco delle pubblicità di Artaria menziona un’aria italiana. Delle nove strofe originali, solo sei (1-3, 6, 8-9) sono state usate per l’aria, alcune delle quali sono state tradotte abbastanza liberamente; Ernst Herttrich considera il testo italiano „sprachlich und grammatikalisch so miserabel, daß er kaum von einem Italiener stammen kann“ (da italiano, confermo!). Prima esecuzione sconosciuta. Non è chiaro se l’ „Arie von Hrn. v. Beethoven, gesungen von Madame Willmann“ riguardava WoO 92, nel concerto tenuto da Ignaz Schuppanzigh il 6 aprile 1797 nella sala dell’Hoftraiteur Jahn a Vienna.
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