WoO 87 Cantata per la morte dell’imperatore Giuseppe II per soli soprano, contralto, tenore, basso, coro e orchestra
I) Todt! stohnt es durch die ode Nacht – II) Recitativo: Ein Ungeheuer, sein Name Fanatismus – III) Soprano solo, quartetto di solisti, coro e orchestra Aria: Da stiegen die Menschen an’s Licht – IV) Recitativo: Er schlagt Aria: Hier schlummert – V) Finale
WoO 87 – Cantata per la morte dell’imperatore Giuseppe II per soli (soprano, contralto, tenore, basso), coro e orchestra, febbraio-giugno 1790, pubblicata la prima volta nel Supplemento della GA., 1888. GA. n. 264 (serie 25/1) – B. 196 – KH. (WoO)87 -P. 27 – Sch. p. 217/22 – T. 10.
La notizia della morte dell’imperatore Giuseppe II (il sovrano illuminista), avvenuta a Vienna il 20 febbraio 1790, giunse a Bonn il 24 e la società di lettura « Lese-gesellschaft » stabilì di commemorarla con discorsi e musica. Nacque così l’idea di questa cantata, di cui Severin Anton Averdonk — canonico del capitolo di Ehrenstein, candidato alla «Hohe Schule» di Bonn e fratello di una cantante allieva già del padre di Beethoven — scrisse il testo (alquanto retorico) e il ventenne Ludwig, che aveva molti amici ed estimatori fra i membri della società, fu incaricato di comporre la musica. La commemorazione ebbe luogo il 19 marzo, ma la cantata non poté essere più eseguita perché non terminata in tempo utile ed anche, sembra, per mancanza di un adeguato complesso orchestrale e vocale. Essa rimase per molti anni ignorata. Il manoscritto originale è perduto; solo un appunto di alcune battute del primo coro si trova, insieme con abbozzi della canzone Klage, nell’archivio della società degli Amici della Musica di Vienna. Niente fu rinvenuto fra le carte di Beethoven dopo la sua morte; una copia però, insieme con un’altra della Cantata per l’elevazione al trono imperiale di Leopoldo II (di cui al numero seguente), faceva parte della biblioteca del collezionista e dilettante di musica barone di Beine de Malchamp, posta in vendita all’asta pubblica a Vienna nell’aprile 1813. Ambedue furono acquistate dal pianista Hummel; passarono poi all’antiquariato di List e Frank a Lipsia e nel 1884 al dilettante di musica e scrittore viennese Armin Friedmann. (Il musicologo e critico musicale Eduard Hanslick, che ebbe allora occasione di vederle, ne parlò in un articolo della Nette Freie Presse del 13 maggio). Infine vennero in possesso della K. K. Fideicommissbibliothek, oggi incorporata nella Nationalbibliothek. Le prime esecuzioni pubbliche, dopo tutte queste vicissitudini, ebbero luogo a Vienna nel novembre 1884 e a Bonn il 29 giugno 1885.
Johannes Brahms al momento della prima esecuzione di questa opera affermò: «(…) Anche se non vi fosse nome sul frontespizio, non se ne potrebbe ipotizzare un altro! È Beethoven al cento per cento! Il pathos splendido e nobile, sublime nel suo sentimento e nella sua fantasia; l’interiorità, forse violenta di espressione e, ancor più la condotta della voce e la declamazione: tutte caratteristiche che possiamo ritrovare nelle opere successive ed associare a questa .(…) ».[1]
È certamente quanto di più alto fino a quel momento composto da Beethoven, al punto che si può ben affermare che la tanto auspicata svolta qualitativa era veramente e finalmente avvenuta perché, in questa musica entrò veramente in scena per la prima volta quella «(…) “muscularity“ tipicamente beethoveniana nel trattare orchestra e coro (…)»,[2] come la definì Joseph Szigeti. È un’opera che a pieno titolo sarebbe dovuta entrare nel catalogo ufficiale inizialmente concepito con l’intento di numerare solo i lavori migliori.
Invece, di quest’opera, il compositore riciclò solo alcune idee, rimaneggiandole, in quella che sarebbe poi rimasta il suo unico Sigspiel: Leonore-Fidelio. Gli accordi iniziali del Coro e soli “Tot! Tot stont es durch die ode Nacht” sono gli stessi che apriranno il Preludio dell’Atto II di Fidelio là, dove si entra nell’orrida e buia galera in cui è chiuso Florestan. Il fraseggio dell’Aria seguente per basso e orchestra “Da Kam Joseph” ricorda quello dell’aria di Pizarro “Ha! Welch’ein Augenblick”. Il Recitativo per Soprano, flauto e archi “Er schlaft” è simile al Recitativo che si svolge nella fossa dove Florestan è rinchiuso. L’Aria per Soprano solo, quartetto di solisti, coro e orchestra “Da stingen die Menschen ans Licht” fu poi riutilizzata nella scena finale del Fidelio.
È su quest’Aria che voglio soffermarmi perché è senza dubbio, musicalmente parlando, il punto più alto, non solo dell’intera Cantata, ma di tutta la musica di Beethoven composta fino a quel momento. Il musicologo Alfred Heuss, la definì la: «melodia dell’Umanità».[3] Luigi della Croce ci ricorda che in essa: «(…) si ha una prima concreta realizzazione di quel melodizzare a lunghe “campate” che sarà caratteristica precipua della musica romantica.»[4]
L’Aria intona parole che saranno il tema costante dell’opera beethoveniana:
«Allora salirono gli uomini alla luce
e più felice la terra intorno al sole volse
e il sole ci scaldò con i suoi raggi divini!»
La Cantata, nella sua interezza, affronta un tema tanto caro alle idee dell’Illuminismo e alla massoneria che ad esso si ispirava: la vittoria della luce sulle tenebre, la vittoria del bene sul male, la redenzione dell’umanità dall’oppressione. L’anno dopo, con quest’idea, Wolfgang Amadè Mozart affrontò lo stesso tema in maniera favolistica e favolosa nel suo Singspiel Die Zauberflote e Beethoven lo riprese, a sua volta, in Leonore-Fidelio.
- [1] Amedeo Poggi e Edgar Vallora: Beethoven. Signori il catalogo è questo! Einaudi editore
- [2] Amedeo Poggi e Edgar Vallora: Beethoven. Signori il catalogo è questo! Einaudi editore
- [3] Alfred Heuss da Maynard Solomon: Beethoven. Editore Marsiglio
- [4] Luigi Della Croce: Ludwig van Beethoven. La musica sinfonica e teatrale. Epos editore
[Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]
Titolo ufficiale: WoO 87 Kantate auf den Tod Kaiser Josephs II. nach einem Text von Severin Anton Averdonk für Soli, Chor und Orchester Widmung: — NGA X/l AGA 264 = Serie 25/1 Beiname: Trauerkantate (nach dem Entstehungsanlass).
Creazione e pubblicazione: fine febbraio – giugno 1790. La prima edizione della partitura fu pubblicata postuma nel 1888 come parte dell’AGA da Breitkopf & Härtel a Lipsia. Il 28 febbraio 1790 il comitato esecutivo della Bonner Lese- und Erholungs-Gesellschaft si riunì per discutere un servizio funebre in onore dell’imperatore Giuseppe II, morto a Vienna il 20 febbraio (a Bonn la notizia del decesso arrivò il 24 febbraio 1790). Il 19 marzo (compleanno e onomastico di Giuseppe II) fu fissato come data della celebrazione. Eulogius Schneider, che doveva tenere il discorso commemorativo, durante l’incontro espresse il desiderio „dass entweder vor; oder nach der Rede etwas Musikalisches aufgeführt werde: Eine Cantate werde einen herrlichen Effect machen: Ein hiesiger junger Dichter habe ihm heuthe einen Text vorgelegt; welcher gewis der Bearbeitung eines Meisters würdig sey. Es komme also nur darauf an, dass Einer von den vortrefflichen Tonkünstlern, welche Mitglieder unserer Gesellschaft sind [Christian Gottlob Neefe o Anton Reicha], oder auch ein auswärtiger Tonkünstler sich die Mühe der Composition geben wollte; um die Gedächtnisfeier des unvergesslichen Monarchen vollständig zu machen“. Così l’incarico ufficiale di comporre una cantata funebre non può essere stato dato a Beethoven non prima del 28 febbraio. In tutti i casi la cantata WoO 87 non fu eseguita. Due giorni prima del 19 marzo la riunione del comitato della Lese- und Erholungs-Gesellschaft decise: „die vorgeschlagene Kantate kann aus mehreren Ursachen nicht aufgeführt werden. Eben so soll alles andere Geräusch soviel möglich vermieden werden: der Versammlungssaal wird nicht beleuchtet.“ Non è chiaro quali fossero state esattamente le „mehreren Ursachen“ che portarono alla rinuncia della prima esecuzione del pezzo.
È ipotizzabile che il Protettore della Lese- und Erholungs-Gesellschaft, l’ Elettore di Colonia e fratello del defunto Imperatore, abbia organizzato una celebrazione silenziosa – cui fu presente – e quindi abbia aderito al regolamento ecclesiastico di non usare strumenti musicali ai funerali. Tuttavia Beethoven deve aver completato la composizione, come si legge in una lettera di una persona anonima al ciambellano Clemens August Freiherr von Schall datata 16 giugno 1790: „Im musikalischen Fache hat Bethof eine Sonate auf den Tod Josephs II – der Text ist von Averdonk – so vollständig verfertigt, daß sie nur von einem hiesigen ganzen, oder deßgleichen Orchester aufgeführt werden kann.“ (Citato da TDR I p. 296.) Il tema del finale dell’ultimo atto dell’opera “Fidelio” op.72, indicato nella letteratura beethoveniana come “Humanitätsmelodie“, proviene dal n° 4 di questa cantata funebre.
Testo: Severin Anton Averdonk (1768-1817). Il testo è sopravvissuto solo nella trascrizione della cantata, apparentemente scritta senza commissione. Non concorda con l’ „Ode auf den Tod Josephs und Elisens, von Severin Anton Averdonk, Kanonikus kapitul. in Ehrenstein, Kandidat auf der hohen Schule zu Bonn […] Kölln Verlegts Johann Jakob Horst, zu haben bey Karl Nöggerath in Bonn“. Ernst Herttrich sospetta che Schneider abbia avuto un’influenza sulla composizione del testo, dal momento che il tono e la scelta delle parole nel testo della cantata di Averdonk ricordano molto l’„Elegie an den sterbenen Kaiser Joseph II“ di Schneider del 26 febbraio 1790.
Prima esecuzione postuma dopo il ritrovamento della copia del copista, probabilmente su suggerimento di Eduard Hanslick, il 23 novembre 1884 nel 1° concerto della stagione 1884/85 della Gesellschaft der Musikfreunde a Vienna diretta da Hans Richter. Un’esecuzione di WoO 87 (o WoO 88) nel settembre/ottobre 1791 a Mergentheim con la direzione di Franz Anton Ries non ebbe luogo perché „mehrere Stellen waren für die Blas-Instrumen-te so schwierig, daß einige Musiker erklärten, solche nicht spielen zu können, und so ward auf die Aufführung verzichtet“ (Wegeler/Ries p. 16).
Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it
I. Soli, coro e orchestra (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi). “Todt! stohnt es durch die ode Nacht” (Morto! gemete nella notte cupa) [Largo, 3/4. Larghetto, 2/4. Più largo, quasi molto adagio, 4/4: do minore, mi bemolle maggiore]. Gli accordi iniziali alternati di fiati ed archi sono gli stessi che apriranno poi il Preludio dell’atto II del Fidelio, che annuncia la tragica scena della segreta in fondo alla quale giace Florestano.
II. a) Basso e orchestra (come al numero precedente). Recitativo: “Ein Ungeheuer, sein Name Fanatismus” (Un mostro, il Fanatismo) (Presto, 4/4). Preparato e accompagnato da un tempestoso movimento dell’orchestra.
b) Basso e orchestra (senza i clarinetti). Aria: “Da kam Joseph” (Allora venne Giuseppe) (Allegro maestoso, Allegro assai, re maggiore, 3/4). Il fraseggio del canto può far pensare, musicalmente, a quello dell’aria di Pizarro nel Fidelio: “Ha! Welch’ein Augenblick!”
III. Soprano solo, quartetto di solisti, coro e orchestra (1 flauto, 1 oboe, 2 clarinetti, 1 fagotto, archi). Aria: “Da stiegen die Menschen an’s Licht” (Allora gli uomini salirono alla luce) (Andante con moto, fa maggiore, 3/4). Questo canto rasserenante sarà introdotto anche (ed egualmente preceduto dal solo dell’oboe) nell’ultima scena del Fidelio, nello stesso tono di fa maggiore e con parole che esprimono un analogo stato d’animo distensivo.
IV. a) Soprano, flauto e archi. Recitativo: “Er schlagt” (Egli dorme) (Largo). Si può pensare anche qui per qualche analogia al Fidelio, scena della fossa.
b) Soprano e orchestra (1 flauto, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi). Aria: “Hier schlummert” (Qui riposa), (Adagio con affetto, mi bemolle maggiore, 3/4).
V. Finale. Ripete il testo e la musica del principio, ad inquadramento della funebre celebrazione; ma conclude, invece che in mi bemolle maggiore, in do minore.
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