Opus 138 Fidelio (Leonora): Ouverture n. 1 in do maggiore
Andante con moto
Opus 138- Fidelio (Leonora): Ouverture n. 1 in do maggiore op. 138, metà 1805 circa, pubblicata a Vienna (partitura e parti d’orchestra), Haslinger, primavera 1838. GA. n. 19 (serie 3/2) – B. 138 – KH. 138 – L. II, p. 159 e IV, p. 308 – N. 138 – T. 125 (p. 64/3/1).
Il manoscritto originale è perduto. Una copia, riveduta, è conservata nella raccolta Kock di Wildegg (Svizzera). Degli abbozzi, esistenti in un gruppo di fogli che ne contengono anche vari per la Quinta Sinfonia, dà notizia il Nottebohm. Si credeva in principio, in base alle prime notizie date alla stampa dallo Haslinger, che questa ouverture, rimasta ignorata per tutta la vita di Beethoven, fosse stata composta nel 1807 per una progettata rappresentazione a Praga (e quindi posteriormente alle altre due eseguite nelle rappresentazioni viennesi dell’opera del 1805 e 1806).
La partitura era forse nelle mani dello Haslinger prima della nota vendita all’asta del 5 novembre 1827; ma egli ne diede notizia pubblica soltanto successivamente, facendo pensare ad un suo fortuito acquisto alla suddetta asta e preannunciandone con il titolo di “Ouverture” la prossima pubblicazione. La quale fu invece a lungo differita, probabilmente a scopo reclamistico (a cui giovarono anche sicuramente alcune esecuzioni, come quella del 7 febbraio 1828, in un concerto organizzato dal violoncellista Bernhard Romberg, un’altra del marzo successivo diretta da Ferdinand Piringer, e una terza più importante, della primavera 1836 al festival di Düsseldorf, diretta, dal Mendelssohn), ed ebbe luogo soltanto nel 1838 con titolo, data e destinazione originaria finalmente giusti: Ouverture in do, composta nel 1805 per l’opera Leonora.
Alla data del 1805 si riferisce anche lo Schindler fin dalla prima edizione della sua biografia (1840) dicendo che l’Ouverture in oggetto fu la prima delle quattro composte da Beethoven per la sua opera. «Essa era pronta, ma il compositore stesso non vi aveva nessuna fiducia e acconsentì che venisse in precedenza provata da una piccola orchestra presso il principe Lichnowsky. In seguito a questa audizione, avvenuta innanzi ad una cerchia di conoscitori, l’Ouverture fu giudicata troppo leggera e poco adatta al carattere dell’opera». Beethoven la mise da parte e l’opera andò in scena con l’Ouverture oggi contrassegnata con il n. 2. In seguito il Nottebohm è tornato ad insistere sulla data del 1807; ma la sua opinione non trova oggi più credito. Ciò non impedisce di ammettere la possibilità che l’Ouverture sia stata in seguito eventualmente ripresa in considerazione per un qualche ulteriore progetto di rappresentazione, prima che Beethoven, in occasione della terza redazione dell’opera (1814), ne scrivesse una quarta tutta nuova, in mi maggiore, rispondente ad un più semplice ufficio introduttivo e rimasta poi la definitiva.
È noto anzi che proprio in tale occasione egli pensò in un primo momento di servirsi del suo vecchio lavoro, tentandone un riadattamento nella suddetta tonalità, e abbandonando poi l’idea. L’Ouverture op. 138, in confronto alle due successive pure in do maggiore (la seconda e la terza), è certamente di forme più semplici e d’un carattere drammatico meno continuo ed accentuato, basato su materiale tematico diverso (eccezion fatta per l’impiego anche qui del tema dell’aria di Florestano, per quanto limitato ad un episodio centrale). Ma non vi mancano punti di contatto: per esempio, tra la frase iniziale dell’introduzione e il passo ascendente degli archi della terza Ouverture precedente l’entrata del Presto finale; fra l’esordio dell’Allegro con brio e la linea dinamica ascensionale del punto corrispondente tanto nella seconda quanto nella terza; e altri ancora qua e là, più sottili o generici.
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