La Sonata op. 109 di Beethoven tra esordi e discordie
Una riflessione tecnico storica a cura di Gianluca di Donato
Il primo accenno in assoluto alla Sonata op.109 lo abbiamo proprio per mano di Beethoven in uno dei quaderni di conversazione dell’aprile 1820 (quaderno XI 76a)[1]
- Meredith sostiene che Beethoven abbia iniziato a lavorare al primo tempo della Sonata op.109 già nel mese di febbraio 1820 come pezzo indipendente per poi farlo confluire in una sonata nell’aprile dello stesso anno quando appare appunto l’incipit del tema del primo tempo in un quaderno di conversazione per la prima volta. Nicholas Marston sostiene invece che fino a marzo Beethoven non aveva ancora concepito nulla della Sonata, mentre la maggior parte degli studiosi considera aprile quale mese d’inizio proprio in virtù di quel tema scritto in quel mese. L’11 aprile Beethoven riceve una lettera dall’editore Schlesinger che gli chiede delle nuove sonate ed in effetti in una lettera del 30 aprile Beethoven parla di “nuove sonate” e più precisamente di un’opera composta di tre sonate.[2]
Ora in merito alla data di inizio e dalla sua reale collocazione va detto che Il 23 aprile Franz Oliva[3] scrive a Beethoven nei quaderni di conversazione: “Usi il piccolo nuovo pezzo per una Sonata da dare a Schlesinger” (quaderno XII n. 49°)
Tutto questo avvalora la tesi che quel tema del primo tempo che troviamo nel quaderno XI n. 76 fosse stato concepito come brano a sé presumibilmente tra l’11 d il 13 aprile, ed inoltre al numero 20b del quaderno XII troviamo, sempre scritto da Franz Oliva: “Lo regala a Starke come pezzo unico?”
Ciò che abbiamo di realmente documentato ci riporta al mese di Aprile del 1820 e ad un brano che molto probabilmente nasce come opera a sé anche per un altro importante motivo; non bisogna infatti dimenticare che alla fine di quell’anno Beethoven scrisse, proprio per Starke,[4] maestro di pianoforte del nipote Karl, le ultime cinque delle undici bagatelle che formeranno l’opera 119 ed è quindi possibile che già in quei mesi di primavera Beethoven stesse pensando di comporre qualcosa di semplice, o comunque svincolato dalle grandi forme, come contributo alla Klavierschule di Starke.
Evidentemente però le caratteristiche semantiche di quel tema lo porteranno alla creazione di un qualcosa di molto più importante, tale da farlo diventare il primo tempo della prima di un trittico di sonate da dare a Schlesinger.
In merito alle bagattelle e all’ipotesi che quel primo tempo fosse nato come pezzo a sè va anche detto che negli abbozzi del secondo tempo troviamo un presto in mi minore che poteva essere tanto un’idea primordiale per il Prestissimo della sonata quanto, come personalmente credo, anch’esso un brano indipendente.
Ad avvalorare, inoltre, la tesi del pezzo isolato concorre anche la distanza temporale fra questo primo tempo e gli altri due scritti a giugno.
L’anno precedente, il 1819, è considerato uno dei meno produttivi di tutta la vita di Beethoven, anche se da un’attenta analisi dei quaderni degli schizzi sembra che Beethoven avesse già composto ventitré delle trentatré variazioni su un valzer di Diabelli che verranno pubblicate solo quattro anni dopo come opera 120.
Eppure, paradossalmente, è proprio in questo relativo silenzio che avviene uno dei più profondi cambiamenti nella poetica di Beethoven con l’approdo al livello più radicale del cosiddetto terzo stile.
Non credo sia il caso, almeno in questa sede, di entrare nelle congetture sessuali di Solomon in merito alla presunta impotenza di Beethoven in seguito al fallimento del 1812 del suo immortale amore e di come questo avesse inciso sulla sua produzione futura.
Abbozzo per la sonata Opus 109, (quaderno XI 76a)
Abbozzo per la sonata Opus 109, manoscritto Artaria 195, pagina 67.
Personalmente non ritengo attenzionabile queste varianti in un processo di evoluzione stilistica le cui premesse erano già chiare e sviluppatesi nel tempo in modo tutto sommato regolare e logico; l’evidente accelerazione in quello che è forse l’aspetto più marcato e caratteristico dell’ultimo periodo e cioè la estremizzazione del processo di minima variazione tematica e quindi del principio ermeneutico, presente nella tematicità delle ultime sonate e degli ultimi quartetti, è collegabile solo ed esclusivamente ad una fortissima urgenza espressiva che si risolse in una radicalizzazione del linguaggio sempre più asciutto ed essenziale; modalità, questa, esattamente opposta alla necessità che avrà di lì a poco Schubert il quale invece nella sua ultima produzione tenderà ad ingigantire non solo le dimensioni strutturali ma anche gli aspetti narrativi. Ciò che lega infatti realmente l’ultimo Beethoven all’ultimo Schubert è da un lato un’estrema tensione armonica e dall’altra l’assoluta coerenza con quelle che furono le premesse poetiche delle rispettive produzioni giovanili che, pur approdando ad esiti completamente opposti, si mossero nel solco che già avevano segnato dopo i primi importanti lavori: riduzione in Beethoven, amplificazione, tematica e strutturale, in Schubert.
L’ opera 109 è tra le trentadue sonate quella che forse presenta i maggiori problemi di autenticità per le molte varianti presenti nelle varie edizioni sia in riferimento al manoscritto che alla prima edizione.
Chi ha avuto modo anche occasionalmente di leggere i manoscritti di Beethoven sa che questi non sono certamente un modello di chiarezza soprattutto se li si confronta con quelli di Mozart o Chopin (per non parlare di quelli di molti compositori del ‘900).
Se però confrontiamo il manoscritto della Sonata 109 con quello delle due sonate successive, op.110 e 111, questa poca chiarezza risulta ancora più marcata e per certi versi anomala, soprattutto se consideriamo il suo carattere; tant’è vero che sorsero non pochi problemi con il copista e dalla prima bozza di stampa lo stesso Beethoven dovette provvedere con diverse lettere ad inviare le correzioni. Esiste infatti la prima edizione assoluta e la stessa con le correzioni a mano di Beethoven.[5] Ecco perché dopo la prima edizione per Schlesinger ne uscirà subito un’altra riveduta e corretta.
Eppure ancora oggi appaiono non poche divergenze soprattutto in alcune variazioni del Finale che saranno trattate in modo specifico nel mio saggio sulla genesi e storia della Sonata op.109.
La prima recensione della Sonata per pianoforte in mi maggiore op. 109 apparve il 4 febbraio 1824, a firma A. B. Marx; eccone un estratto:
La presente sonata in mi maggiore non diventerà familiare fino a quando non la si ascolterà spesso per qualche impulso interiore. Inizia alla maniera di un preludio, come se uno stesse testando un’arpa per vedere se intonata. Un Adagio, con una nobile, triste, ma consolante melodia, interrompe l’apertura, rendendolo strano (quasi convulso) con il suo spostarsi enarmonico, e restituisce poi la palla al primo preludio, un po’ come se l’idea aveva soddisfatto il suo creatore. Egli continua la figura in modo interessante per poi riprendere di nuovo il tema dell’Adagio, che però torna in modo consolatorio alla forma del Preludio e con questo si chiude il tutto sentimentalmente. Il recensore deve però ammettere che non ha trovato un’idea di principio (guida ispiratrice) in tutto il primo movimento; va detto che forse l’illustre “cantante” avrà voluto distrarsi suonando (c’è una scrittura pianistica molto piacevole in questo movimento), ma in un modo non del tutto adatto a lui. In realtà, l’intero movimento è in qualche modo frenato, e, nonostante alcuni momenti incantevoli, un po’ insoddisfacenti.
La prima reazione della critica alla pubblicazione della Sonata opera 109 è paradigmatica non solo del cambiamento profondo che viene avvertito – e la conseguente incomprensione che la porterà ad essere tacciata per “opera insoddisfacente” – ma anche di come in realtà stava cambiando il fruitore musicale, attorno al 1820, oltre che la stessa critica. Quella “distrazione” che viene notata dal critico della AMZ[6] altro non è che quella strada intrapresa da Beethoven, completamente divisa dalla precedente, che lo aveva portato ad un successo enorme ma che ormai sembrava non interessargli più. Egli ora non vuole il successo di massa semmai è interessato a che gli editori siano consapevoli del valore delle opere che lui gli propone; ed ecco che il critico Marx, della scuderia di Schlesinger, pur riconoscendo la statura artistica – quasi a fiducia- sottolinea implicitamente delle pregiudiziali commerciali nel momento in cui parla di un Beethoven più riflesso all’interno che non all’esterno, dove per esterno significa pubblico, fruitore, quella borghesia insomma che tra l’altro proprio in quegli anni si stava allontanando da ogni espressione artistica, che comportasse anche solo una pur semplice riflessione, per spostarsi verso un qualcosa di più leggero, spensierato e sereno. Allo stesso tempo però quella era l’epoca nella quale le identità e le distinzioni non solo nazionali si facevano più evidenti e quindi si sviluppavano categorie sociali che trovarono nello stile alto e drammatico di Beethoven quella opportunità di raggiungere una distinzione culturale dalla nobiltà superficiale.
Prima edizione dell’ Opus 109, conservata alla Staatsbibliothek zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz (Mus.ms.autogr. Beethoven, L.v. 39,1). Frontespizio con firma autografa di Anton Schindler.
Prima edizione dell’ Opus 109, conservata alla Staatsbibliothek zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz (Mus.ms.autogr. Beethoven, L.v. 39,1). Pagina 10 con annotazione autografa di Beethoven in basso a sinistra.
Prima edizione dell’ Opus 109, conservata alla Staatsbibliothek zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz (Mus.ms.autogr. Beethoven, L.v. 39,1). Pagina 18 con correzioni autografe di Beethoven.
[1] I quaderni di Conversazi0ne di Beethoven, a cura di Georg Schünemann, ed. Ilte, 1968, Torino, pag523
[2] In realtà l’originale della lettera del 11 aprile è sconosciuto ma l’esistenza della stessa è desunta dalla lettera del 30 Aprile 1820
[3] Franz Oliva (1786 – 1848) fu consigliere economico di Beethoven dal 1810 ed appare per la prima volta nelle lettera n. 419 del 2 gennaio 1810
[4] Friedrich Starke (* 30. Marzo 1774 in Elsterwerda; † 18. Dicembre 1835 in Döbling)
[5] https://www.beethoven.de/en/media/view/6564690134040576 – Prima edizione https://digital.staatsbibliothek-berlin.de/werkansicht?PPN=PPN745634745&PHYSID=PHYS_0005&DMDID=&view=overview-toc Prima edizione con correzioni
[6] Allgemeine Musikalische Zeitung
L’ autore – Gianluca Di Donato nasce ad Avellino nel 1972 ed inizia a suonare all’età di cinque anni. Prima del diploma al Conservatorio Cimarosa conosce il grande Aldo Ciccolini di cui diventa allievo effettivo subito dopo lavorando con lui per circa cinque anni. Intraprende la carriera concertistica, però, anni prima, in occasione del suo debutto al Festival Pianistico Internazionale di Amalfi del 1991 durante il quale riceve la targa Mozart quale più giovane pianista presente nella storia del Festival. Ha tenuto da allora ininterrottamente concerti per alcune tra le più grandi società da concerto italiane ed europee. Suona regolarmente sia in recital sia in formazioni cameristiche sia con orchestra; ha tenuto lezioni e conferenze su Schubert, Beethoven, Brahms e sulla storia della letteratura pianistica tedesca nell’Ottocento. Nel 2006 in occasione del duecentocinquantesimo anniversario della nascita di Mozart ha eseguito e diretto gli ultimi 10 concerti per pianoforte con l’orchestra sinfonica di Minsk. Nel maggio 2008 ha debutto presso il Gasteig di Monaco di Baviera con l’esecuzione del terzo concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven. Ha eseguito più volte, (l’ultima dal 2016 al 2018 a Ravello, Genova, Viterbo, Ferrara, Roma) l’integrale delle sonate per pianoforte di Franz Schubert, autore del quale è considerato uno dei massimi interpreti italiani, e comunque primo pianista italiano ad aver eseguito l’intero corpus pianistico dal vivo. Laureato in Lettere, con tesi in storia della musica, ed in Filosofia, ogni anno è invitato da licei a tenere lezioni conferenze e lecture. In occasione dell’annuale riconoscimento agli irpini più importanti dell’anno ha ricevuto nell’agosto del 2010 il premio alla cultura al Tommariello d’oro. Nel settembre del 2010 il canale satellitare Tesori D’Irpinia gli ha dedicato un documentario “Gianluca Di Donato, il Wanderer tra Schubert e Morricone”. Nel novembre 2011 ha inciso un cd dal titolo “The sound from silence” con musiche di Mozart, Beethoven e Schubert presentato in un tour in Italia Germania, Svezia. Nel 2013 ha intrapreso un poderoso progetto, il “Progetto Mozart” un tour che lo ha impegnato per quattro anni con l’esecuzione di tutta la produzione per e con pianoforte di Mozart. Nel 2013 è stato insignito del premio Sublimitas alla cultura e del premio Santa Cecilia per la sua attività concertistica e di divulgazione musicale. Nel 2015 è uscito un nuovo cd dedicato a Mozart, “Mozart in minor”. Negli ultimi anni si è dedicato con particolare attenzione alla musica del ‘900 ed alla musica da camera, forma questa a cui darà la priorità nei prossimi anni con progetti che vedranno, tra l’altro, cicli dedicati a Brahms/Shostakovich, e a Brahms affiancato alla seconda scuola di Vienna. In occasione dei suoi primi 25 anni di carriera, ha tenuto una serie di concerti in Italia, Austria, Spagna ricevendo il premio “Nicola Vietri” nel gennaio del 2017. Nel 2019, è stato pubblicato un saggio “Addio al piano – gli ultimi quattro cicli pianistici di Johannes Brahms” dedicato alle ultime opere per pianoforte di Brahms che presenterà in una tournée di concerti e lezioni nella stagione 2019/2020. Ad aprile dello stesso anno ha tenuto una trionfale tournée in Russia nella quale in cinque concerti tra recital e da camera ha eseguito lavori di Brahms e Shostakovich. Nel 2020 uscirà un nuovo saggio dedicato a Mozart; sempre a partire dal 2020 in occasione dei 250 anni dalla nascita di Beethoven eseguirà il ciclo integrale delle 32 sonate per pianoforte, le 10 sonate per pianoforte e violino e le 5 cinque sonate per pianoforte e violoncello. mondiale, degli stessi lavori. È docente di pianoforte presso le scuole statali. http://gianluca-di-donato.webnode.it/
Gli esempi musicali e i testi di questa pagina sono curati da Gianluca Di Donato. Chi volesse contattare l’ autore lo può fare tramite il nostro modulo di contatto.