Opus 109 Sonata in mi maggiore per pianoforte
I) Vivace, ma non troppo. II) Prestissimo III) Gesangvoll, mit innigster Empfindung
OPUS 109 – Sonata in mi maggiore per pianoforte, op. 109, dedicata a Maximiliane Brentano, 1819 – autunno 1820, pubblicata a Vienna, Artaria, novembre 1821. GA. n. 153 (serie 16/30) – B. 109 – KH. 109 – L. IV, p. 54 – N. 109 – T. 227
Il manoscritto originale è oggi conservato nella Library of Congress di Washington. Abbozzi del primo tempo si trovano nel quaderno della “Missa Soleminis” di cui ai nn. 718-720; del secondo e terzo in un altro quaderno (contenente anche abbozzi per il “Credo” e il “Benedictus” della Missa e per alcune Bagattelle dell’opus 119), comunicati dal Nottebohm. Il primo tempo è di una forma particolare che tuttavia segue, nelle linee generali, lo schema tradizionale.
Il primo tema è in movimento Vivace di otto battute, giuocate con levità in un intreccio di piccole figurazioni legate che scorrono da una mano all’altra; la linea melodica del secondo, Adagio espressivo, di più forte rilievo, si dissolve però quasi subito in una serie di fluttuazioni, come immagini dai contorni evanescenti in mezzo ad una temperata luce diffusa. Ritorna il primo elemento, dando luogo ad uno sviluppo dinamico per progressioni ascendenti che, giunto al massimo, rapidamente decresce riconducendo l’espressione alla originaria dolcezza.
L’Adagio espressivo è ripetuto in tono di mi maggiore secondo la legge normale, ma quasi subito passa ad un fortissimo in do maggiore, per poi tornare ancora al mi e placarsi preparando un’altra ripresa del primo elemento tematico, da cui si sviluppa la serena conclusione. Il Prestissimo, che segue senza interruzione, è un movimento di tutt’altra natura: crudo, quasi disadorno. Consta della giustapposizione di blocchi simmetrici di quattro battute ciascuno; ha forma di sonata, con due temi — di carattere espressivo affine — sviluppo, ripresa, conclusione. Fantasia, polifonia; un movimento che mai non resta e presenta le caratteristiche impronte dello spirito beethoveniano (in qualche punto richiama alla mente l’Allegro del Quartetto in do diesis minore op. 131).
Tutta questa prima parte della Sonata, materialmente unita, costituisce come una ampia introduzione alla seconda: un tema con sei variazioni, in cui il sentimento di quiete sognante già accennato, ma non effuso e bruscamente interrotto, trova la maggiore ampiezza di svolgimento. Al tema Beethoven ha apposto, accanto a quella italiana, l’indicazione tedesca: “Gesangsvoll, mit innigster Empfindung” (pieno di canto, col più interiore sentimento).
Esso ha il ritmo di ciaccona ed è di un carattere teneramente melodico. La sua seconda parte richiama uno degli slanci più caratteristici del Liederkreis: “An die ferne Geliebte” (All’amata lontana). La prima variazione è come una melodizzazione della melodia, la seconda consta della successione di due figurazioni, l’una che impiega, come nel primo tempo, l’alternativa delle due mani in un leggero disegno punteggiato; l’altra tenera e scorrevole. La terza (Allegro vivace 2/4) è tumultuosa; il tema quasi sparisce nella figurazione del moto contrario alternato fra le due mani; e la sua seconda parte viene presentata in una maniera che il Rolland chiama di deformazione buffonesca paragonandola a quella con cui il Berlioz ha caricaturizzato, nel Sabba della Sinfonica fantastica, il tema dell’amata.
La quarta (“Etwas langsatner als das Thema”: Un poco più lento del tema, 9/8) ritorna, per il tempo e la misura, più vicino al tema, che circonda di melodiche volute. La quinta (Allegro ma non troppo, alla breve) ne piega la dolcezza alle esigenze polifoniche. La sesta (Tempo I del tema), di più vaste proporzioni, corona degnamente l’edificio sonoro di tutta la Sonata creando nella progressiva animazione del movimento, con l’intensificarsi delle vibrazioni ritmiche e il graduale sovrapporsi dei trilli, una successione di immagini di smagliante fantasia che soltanto alla fine torna a ricomporsi nella quiete sicura del tema originario.
[Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]
Titolo ufficiale: Opus 109 Sonate (E-dur) für Klavier Widmung: Maximiliane Brentano NGA VII/4 AGA 153 = Serie 16/30
Origine e pubblicazione: Beethoven abbozzò il primo movimento del marzo 1820 a Vienna, inizialmente come pezzo singolo indipendente. Ad aprile fu completato e divenne il primo movimento dell’op. 109. Successivamente Beethoven passò al secondo e terzo movimento, che furono compost dal giugno all’ agosto dello stesso anno. La trascrizione completa in bella copia della sonata era probabilmente disponibile dal settembre/ottobre, sicuramente non oltre la fine del 1820. Il modello dell’incisione autografa fu consegnato a gennaio o febbraio 1821 e Beethoven ricevette le prove di stampa all’inizio di giugno. L’edizione originale di Berlino fu pubblicata da Adolph Martin Schlesinger attorno all’ottobre 1821 e l’edizione originale di Parigi di Maurice Schlesinger seguì all’inizio del 1822.
Il 30 aprile 1820 Beethoven offrì all’editore berlinese Adolph Martin Schlesinger tre sonate per pianoforte (Op. 109-111): „Ich will Ihnen auch gerne neue Sonaten überlassen; – diese jedoch nicht anders als um 40 # pr Sonate also etwa ein “Werk von 3 Sonaten zu 120 #“ (BGA 1388). Il compositore stava rispondendo ad una domanda di Schlesinger dell’11 aprile (BGA 1381) scritta in una lettera non sopravvissuta. Poco prima del 23 aprile 1820 – probabilmente in relazione proprio alla lettera di Schlesinger – Franz Oliva gli aveva consigliato: „und benutzen Sie das kleine neue Stück zu einer Sonate für den Schlesinger etwa” (BKh 2 p. 87). Il „kleine neue Stück“ si riferisce sicuramente al pezzo poi utilizzato per il primo movimento della Sonata op.109, che, come dicevamo, era stato inizialmente concepito come brano indipendente, forse per il secondo libro del „Wiener Piano-Forte Schule“ di Friedrich Starke, chiesto a Beethoven all’inizio di febbraio ( BKh 1 p. 245) e nelle settimane successive. Fu solo dopo la richiesta di Schlesinger e il consiglio di Oliva che questo movimento divenne il primo movimento dell’Op.109.
Il 31 maggio, un mese dopo l’ offerta a Schlesinger, Beethoven annunciò all’editore, che nel frattempo aveva negoziato una riduzione del prezzo da 40 ducati a 30 per sonata (BGA 1391): „ich liefere Ihnen die Lieder [Op. 108] und 1 Sonate baldigst, die 2 ändern Sona-te[n] aber erst gegen Ende July“ (BGA 1393). In quella data però era stata elaborata solo la prima parte della sonata. All’inizio dell’ agosto Oliva rammentò a Beethoven la sonata per pianoforte: „auf die Sonate nach Berlin müssen Sie denken“ (BKh 2 p. 195). Il che ci fa pensare che la sonata non fosse ancora finita. Il 20 settembre 1820 Beethoven si scusò per il ritardo e confortò l’editore, in attesa anche delle Canzoni scozzesi op.108: „Mit den 3 Sonaten wird es schneller gehen [als mit Op. 108]; – die erste ist fast bis zur Correctur ganz fertig, und an den beyden lezten arbeite ich jezt ohne Aufschub“ (BGA 1410). La bozza dell’incisore arrivò probabilmente all’editore nel gennaio o nel febbraio 1821, poiché il 7 marzo Beethoven inviò la formulazione del titolo insieme al numero d’opus ad Adolph Martin Schlesinger per la sonata, „die sie nun schon längst haben müßen“ (BGA 1428). Beethoven non commissionò una copia professionale come modello da un copista, ma inviò la sua trascrizione manoscritta, che sperava sarebbe stata „wahrscheinlich wird ihnen mein Manuscript leßbar seyn“ (BGA 1428).
In questo caso Beethoven non si preoccupò di regalare il suo manoscritto autografo perché „ich meiner kränklichen Umstände wegen mein Concept weitlaüfiger aufgeschrieben als gewöhnlich“ (BGA 1446 del 13 novembre 1821). Questo “Concept”, ovvero la prima trascrizione (originale), non è più rintracciabile e ne sono stati conservati solo due fogli scartati. Anche se Beethoven aveva sperato che l’editore potesse utilizzare il suo manoscritto direttamente come modello di incisione, Schlesinger lo fece copiare da Franz Seraph Lauska e utilizzò questa copia come modello (anch’ esso oggidì non è più rintracciabile). All’inizio di giugno 1821 Beethoven avrebbe ricevuto le bozze da Berlino (e forse anche la copia dell’incisore e il proprio autografo; BGA 1431 del 7 giugno 1821). Beethoven rispedì le bozze corrette (e fors’ anche la copia Lauska corretta) da Döbling il 6 luglio. Scrisse anche un elenco di errori, che dimenticò di inviare (BGA 1434). Dopo che Schlesinger ebbe già stampato la sonata e inviato le prime quattro copie di prova a Beethoven, il 14 novembre fu inviato all’editore un elenco di errori con la richiesta „daß sie diesen Nachtrag von Fehlern noch an alle Örter wo Sie Exemplare versandt hinschicken u. zwar schnell mit dem Aufträge die Exemplare hienach mit Tusch zu korrigiren, ehe selbe ausgegeben werden“
(BGA 1446). Presso i distributori viennesi dell’op. 109, Beethoven stesso fece in modo che gli errori rimasti nell’incisione di Berlino fossero corretti a mano prima della consegna (BGA 1447 nota 1, BGA 1450). Con la pubblicazione delle tre sonate, la casa editrice si avvicinò notevolmente al suo piano di estendere il controllo del copyright dei suoi prodotti pubblicati oltre i confini nazionali. Maurice Schlesinger, che nell’ottobre del 1822 fondò l’ omonima casa editrice a Parigi in stretto contatto con suo padre, ebbe un ruolo importante in quest’ impresa. Già prima della sua fondazione, all’inizio del 1822 pubblicò una ristampa autorizzata dell’op. 109, che come edizione parallela impediva ad altri editori francesi di ristampare. Le Opus 110 e 111 furono addirittura incise per la prima volta a Parigi (BGA 1474). Inoltre, gli editori viennesi e londinesi furono vincolati all’ utilizzo delle lastre di Berlino e Parigi.
Ciò non impedì ad alcuni di questi editori di pubblicare parallelamente le edizioni originali o – poco dopo – edizioni proprie. L’edizione berlinese dell’op. 109 è indicato nel 1821 nel Freimütbigen di Berlino (sul retro del frontespizio del mese di settembre) come „so eben erschienen“ per un Reichsthaler e la ripetizione dell’annuncio nel Freimütbigen (sul retro del frontespizio del mese di ottobre) ha la famosa aggiunta: „Von diesem berühmten Componisten ist seit einigen Jahren nichts für das Pfte. erschienen, es wird daher dieses neue geniale Produkt seine große Zahl Verehrer vermehren“.
Dedica: Maximiliane Euphrosine Kunigunde Brentano (Maxe), nata l’ 8 novembre 1802 a Francoforte sul Meno e deceduta il primo settembre 1861 a Brunnen sul Lago di Lucerna, figlia dell’amico di Beethoven Franz Brentano (1765-1844; fratello di Bettina e del poeta Clemens) e di sua moglie Antonie nata von Birkenstock (1780-1869; vedi Op. 120). Dal 1809 al 1812 la famiglia visse con i figli a Vienna, nella casa dei Birkenstock. Maxe era musicalmente molto talentuosa e probabilmente studentessa di pianoforte di Wilhelm Karl Rust. Già nel 1812 ricevette in dono un’ altra opera da Beethoven: „Für meine kleine Freundin Maxe Brentano zu ihrer Aufmunterung im Klavierspielen“ Beethoven scrisse alla fine del giugno 1812 il piccolo Trio per pianoforte, in un movimento, in si bemolle maggiore WoO 39. Si sposò il 30 dicembre 1824 a Francoforte col Consigliere Privato di Baden e Ministro di Stato Friedrich Landolin Karl Freiherr von Blittersdorff (1792-1861).
Sulla dedica Schlesinger fu informato da Beethoven con lettera del 7 marzo 1821 (BGA 1428) e il 6 dicembre inviò a Maximiliana Brentano l’edizione originale appena apparsa con le seguenti parole: „An Maxmiliana V. Brentano – Eine Dedikationü! – nun Es ist keine, wie d.g. in Menge gemißbraucht werden – Es ist der Geist, der edle u. bessere Menschen auf diesem Erdenrund zusammenhält, u. keine Zeit den zerstören kann, dieser ist es, der jezt zu ihnen spricht, u. der Sie mir noch in ihren Kinderjahren gegenwärtig zeigt, eben so ihre geliebte Eltern“ (BGA 1449). Lo stesso affetto fu espresso anche nella lettera a Franz Brentano del 20 dicembre 1821: „ich war vorlaut ohne anzufragen, indem ich ihrer Tochter Maxe ein werk von mir widmete, mögten Sie dieses als ein Zeichen meiner immerwährenden Ergebenheit für Sie u. ihre ganze Famile aufnehmen“ (BGA 1451). Moritz von Schwind ha immortalato Maximiliane Brentano nel suo dipinto a olio „Die Symphonie“ (Neue Pinakothek, Monaco), eseguito nel 1852, con la rappresentazione di una prova della fantasia corale di Beethoven. In realtà Schwind avrebbe voluto ritrarre Julie Guicciardi come pianista, ma non riuscì a ottenere un ritratto della contessa e alla fine decise per Maximilian Brentano. Prima esibizione sconosciuta.
I numerosi abbozzi saranno trattati in apposito articolo futuro.
L’ Opus 109 fa parte del progetto “La ricerca diventa Arte”
Una nuova vita per le opere sconosciute di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura del pianista maestro Gianluca Di Donato
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