Opus 85 Christus am Ölberge (Cristo sul monte degli ulivi), oratorio per soli (soprano, tenore e basso), coro e orchestra

I) Introduzione (Grave – adagio) – II) Recitativo (Gesù) Jehovah, du mein Vater! – III) Aria (Gesù): Meine Seele ist erschüttert (Allegro) – IV) Aria (Serafino): Preist des Erlösers Güte – V) Serafino e coro degli angeli: O Heil euch – VI) Recitativo (Gesù e Serafino) Verkündet, Seraph – VII) Duetto (Gesù e Serafino): So ruhe – VIII) Recitativo (Gesù): Willkommen, Tod! – IX) Coro dei soldati: Wir haben ihn gesehen – X) Recitativo (Gesù): Die mich zu fangen – XI) Coro dei soldati e dei giovani: Hier ist er XII) Recitativo (Gesù e Pietro): Nicht ungestraft – XIII) Terzetto (Pietro,Gesù,Serafino) In meinem Adern XIV) Coro dei soldati e dei giovani, Gesù: Auf, auf! – XV) Coro degli angeli: Welten singen

Opus 085 Christus am Ölberge (Cristo sul monte degli ulivi), oratorio per soli (soprano, tenore e basso), coro e orchestra, op. 85, marzo 1803, pubblicato in partitura e riduzione per canto e pianoforte a Lipsia, Breitkopf e Härtel, ottobre 1811; in parti di coro a Bonn, Simrock, 1825; in parti staccate di canto e d’orchestra a Lipsia, Breitkopf e Härtel, novembre 1845 – febbraio 1846. GA. n. 205 (serie 19/3) – B. 85 – KH. 85 – L. Ili, p. 220 – N. 85 – T. 72.

La partitura manoscritta, per un quarto circa originale, per il resto in copia riveduta dall’autore, è conservata oggi nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino. Gli abbozzi si trovano nel quaderno Wielhorsky. Altri abbozzi, probabilmente di ritocchi dopo la prima esecuzione, sono contenuti nel quaderno dell’Eroica. Gli estremi di tempo entro i quali l’opera fu composta non possono stabilirsi con esattezza. Tre lettere di Beethoven, scritte a distanza di parecchi anni l’una dall’altra, parlano concordemente ed esplicitamente di «poche settimane» o addirittura di «quattordici o quindici giorni». In base a questo, poiché la prima esecuzione ebbe luogo il 5 aprile 1803, dovrebbe concludersi che l’oratorio sia nato, quasi di getto, nel marzo precedente.

«In certi giorni della primavera e del tardo autunno» scrive il Thayer-Riemann «erano proibite a Vienna le rappresentazioni teatrali, e i più noti compositori coglievano l’occasione per esibirsi nel campo delle cantate spirituali, in concerti a loro profitto, o più spesso a scopo di pubblica beneficenza. Chi consulta gli annuari musicali di Vienna s’imbatte a questo riguardo nei nomi di Haydn, Salieri, Winter, Sussmayer, Päer; e Beethoven, che, pur con il suo grandissimo talento, era sempre pronto a cimentarsi e nutriva il desiderio di presentare nel suo prossimo concerto qualche sua nuova composizione vocale, si decise a scrivere un’opera del genere».

Autore del testo fu il poeta teatrale Franz Xaver Huber. Parlandone molti anni dopo in una lettera del 24 gennaio 1824 alla società degli Amici della Musica di Vienna, Beethoven ne ricordava la musicalità e l’assiduità della collaborazione; ma il testo sembra non averlo soddisfatto troppo, a quanto risulta da un’altra lettera del 23 agosto 1811 (poco più di un mese prima della pubblicazione della partitura) a Breitkopf e Härtel. Sembra del resto che il maestro, allegando in seguito più volte, quasi a sua scusa, il fatto di avere scritto l’oratorio in tanto poco tempo, e riconoscendo anche (lettera del 9 ottobre 1811 pure a Breitkopf e Härtel) che «se adesso scrivessi un oratorio, lo farei in modo del tutto diverso», non sia rimasto eccessivamente contento neppure dell’opera sua musicale. Il Prod’homme accenna ad una conversazione del febbraio 1823 in cui, dopo un’esecuzione dell’oratorio, lo Schindler, rispondendo evidentemente a qualche osservazione di Beethoven, scrive: «Lei dice che è troppo drammatico nell’insieme? nelle arie?» ed aggiunge, come dando ragione ad un giudizio espresso dal maestro in risposta alle sue domande, «Il Cristo in verità non dovrebbe cantare».

Certo l’opera non è il frutto di una lunga meditazione ed elaborazione. Ma piacque molto al pubblico fin dalla prima esecuzione. A Vienna fu data altre tre volte nello stesso anno; e numerose furono nei paesi tedeschi le repliche successive. In una lettera a Varena del marzo 1813 Beethoven poteva vantarsi che essa fosse stata eseguita dappertutto. Di due esecuzioni italiane, avvenute entrambe il venerdì santo (7 aprile del 1827 undici giorni dopo la morte di Beethoven), abbiamo particolare notizia dai relativi programmi che ci sono giunti: la prima ebbe luogo a Perugia, nella casa del marchese Antinori, la seconda in una Accademia di Corte tenutasi in altra città il cui nome non figura nel programma. La partitura fu pubblicata soltanto, come si è detto, nel 1811, dopo varie trattative, più volte lasciate e riprese, con le case editrici Breitkopf e Härtel e Kühnel. Nel frattempo Beethoven aveva apportato all’opera aggiunte e modifiche diverse; così che non è possibile oggi stabilire con precisione il contenuto della redazione secondo cui essa fu originariamente eseguita. La critica non condivise troppo, neppure nei primi tempi, gli entusiasmi del pubblico.

Essa trovò in generale nell’opera mancanza di carattere religioso che per taluni, come C. M. von Weber, si concretizzava principalmente nell’assenza o quasi di tipiche forme musicali severe (fughe) e predominio, d’altra parte, di forme teatrali come duetti, terzetti, arie, che, favorite dall’impostazione del libretto, contribuivano a presentare il Cristo in un aspetto sentimentale piuttosto che divino, ed a colorire con un carattere troppo crudo le scene più drammatiche. Un disamina più equilibrata, che riconosce insieme con i difetti anche i pregi, è quella, da alcuni attribuita allo Hoffmann, pubblicata nella Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia (nn. 1 e 2 del 1812), di cui il Boyer dà un ampio riassunto. Troppo entusiastici non sono neppure i giudizi di critici e musicologi più recenti. Alcuni di essi, come il Marx, e, più vicini a noi, come il Bekker e il Suares, si esprimono in modo negativo; quest’ultimo ha poi il torto di inquadrare il suo giudizio in una discutibile critica generale di tutte le composizioni di carattere religioso di Beethoven, compresa la Missa Solemnis. Opinioni più larghe sono quelle del Boyer e dello Jolivet che, pur trovando l’opera ineguale nelle sue varie parti dal punto di vista sia della concezione che della realizzazione artistica, ne individuano i punti significativi.

I. Introduzione, recitativo e aria: Gesù: Jehovah, du mein Vater! (Jehova, padre mio!) Meine Seele ist erschüttert (L’anima mia è sconvolta); Vater! (Padre!). Orchestra: 2 flauti, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 tromboni, timpani e archi. Di un fosco colore romantico, è la pagina più espressiva dell’opera. Soltanto alla fine l’atmosfera si schiarisce; un accordo arpeggiato si innalza dai fagotti ai violini e alle viole per estendersi e compiersi armoniosamente nelle sonorità estreme dei flauti da una parte e dei bassi dall’altra: momento mistico di tregua, come se nell’oscurità apparisse ad un tratto la bianca figura del Salvatore in preghiera. Ma il recitativo di Gesù cancella subito l’impressione consolatrice, riportandoci nella cupa oscurità iniziale. I due stati d’animo espressi dal testo dell’aria (spavento-preghiera) hanno trovato corrispondenza in due diversi temi musicali: il primo in un tipico do minore, il secondo, più dolce e melodioso, in mi bemolle. Allegro: con un piccolo vocalizzo alla fine: “al piacer della voce“, dice la didascalia italiana.

II. Recitativo del Serafino: Erzittre, Erde! (Trema, terra!) — Aria: Preist des Erlösers Güte (Celebrate la bontà del Salvatore) ; o Heil euch (O voi beati), con coro d’angeli. Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 trombe, 3 tromboni, 2 timpani e archi. Il recitativo del Serafino esprime la pietà per l’angoscia del Figlio di Dio. L’aria – Larghetto esalta in principio la bontà del Signore con una specie di fervorino in realtà non troppo convincente per il suo carattere aggraziato; poi preconizza la beatitudine di quelli che saranno redenti e la condanna dei reprobi. Alla voce del Serafino si unisce un coro d’angeli. L’episodio si avviva di un forte contrasto drammatico, concluso, dopo un’ultima scansione in fff delle parole “Verdammung ist ihr Loos!” (Dannazione è il loro destino !), da una osannante glorificazione dei beati, in cui il Serafino ha l’ultima parola con una cadenzetta anche qui al piacer della voce.

III. Recitativo : Gesù : Verkündet, Seraph, mir dein Mund Erbarmen meines ewigen Vater sì (Mi annuncia la tua bocca, o Serafino, la compassione del mio eterno Padre?); Serafino: So sprich Jehova (Cosi dice Jehova). Duetto: Gesù: So ruhe denn mit ganzer Schivere auf mir, mein Vater, dein Gericht (Allora dunque, Padre mio, fa gravare su di me con tutto il suo peso il tuo giudizio), e Serafino: Erschüttert seh ich den Erhabnen in Todes Leiden eingehüllt (Commosso vedo il Generoso in preda a sofferenze mortali). Orchestra: 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 3 tromboni, archi. Le parole del Serafino: “So sprich Jehova” che annunciano a Gesù l’irrevocabilità della decisione del Padre, scandite sopra una successione d’accordi di strumenti a fiato, sono d’una mistica gravità. Meno originale, ma non privo di efficaci inflessioni melodiche e in qualche punto di drammatica incisività, il duetto Adagio molto.

IV. Recitativo: Gesù: Willkotnmen, Tod (Benvenuta, morte) — Alla marcia e Coro: Wir haben ihn gesehen (Lo abbiamo veduto). Orchestra: 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, timpani e archi. La marcia dà l’impressione della folla che avanza circospetta alla ricerca di Gesù: musicalmente un episodio di colore analogo ad altri, descrittivi o decorativi, che il maestro introdurrà, oltre che nel Fidelio, anche in successive composizioni di carattere rappresentativo, come ad esempio l’Egmont e le Rovine d’Atene. Ma l’entrata del coro, che s’innesta ad essa, definisce il carattere dell’episodio.

V. Recitativo: Gesù: Die mich zu fangen ausgewogen sind, sie nahen nun (Quelli che sono venuti a prendermi ora si avvicinano). Coro, La turba: Hier ist er, der Verbannte (E qui, il bandito); i discepoli: Was soll der härm bedeuten? (Che significa questo schiamazzo?). Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani e archi. Il recitativo di Gesù è reso nel suo carattere angoscioso più dall’orchestra che dalle parole declamate. Efficace è pure il breve commento strumentale della invocazione al Padre perché le ore del martirio passino veloci come le nubi trasportate dal vento tempestoso per il cielo. La folla, che infine ha trovato Gesù, irrompe con un secondo coro più violento, il cui tema Allegro molto si avvicina a quello del Quartetto della pistola nel Fidelio. Pavido è l’altro coro, dei discepoli, che temono per la loro sicurezza.

VI. Recitativo : Pietro : Nicht ungestraft (Non impunemente), Gesù: O lass dein Schwert in seiner Scheide ruhn ; (Lascia la tua spada nel fodero); Terzetto: Pietro: In meinen Adern Wuhlen gerechten Zorn und Wuth (Nelle mie vene ribollono giusta ira e furore), Gesù: Du sollst rieht Rache üben (Non devi vendicarti), Serafino: Merk auf, O Mensch, und höre (Sta attento, uomo, e ascolta), coro della folla e dei discepoli.

VII Coro finale degli angeli: Welten, singen Dank und Ehre (Mondi, elevate canti di ringraziamento e di gloria).Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, i corni, archi (a cui nel finale si aggiungono 2 trombe, tromboni e timpani). Nella forma concertata del terzetto: Andante cantabile, attraversata ogni tanto dalle voci furenti della folla e da quelle timorose dei discepoli, si compendiano l’irruenza di Pietro, la dolcezza sermoneggiante del Serafino, la divina mansuetudine di Gesù. Infine le parole risolutive di Gesù: “Meine qual ist bald verschwunden, der Erlosung Werk vollbracht” (La mia pena è presto passata, l’opera di salvezza è compiuta) aprono la via alla celebrazione finale del coro: una introduzione solenne – Maestoso, un fugato dal tema d’una giubilante concisione, una ripercussione d’acclamazioni, una foga, nell’insieme, che venne giudicata troppo irruente per il carattere sacro dell’opera, ma s’avvicina già musicalmente allo spirito entusiasta di altre e più note celebrazioni beethoveniane.

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Opus 85 Christus am Ölberge

Opus 85 Christus am Ölberge

(Cristo sul monte degli ulivi), oratorio per soli (soprano, tenore e basso), coro e orchestra

Gesamtausgabe

Titolo ufficiale: Opus 85 Christus am Ölberge Oratorium nach einem Text von Franz Xaver Huber für Soli, Chor und Orchester Widmung: – NGA VIII/1 AGA 205 = Serie 19/3.

Origine e pubblicazione: Abbozzato dal febbraio/marzo 1803 a Vienna, completato in una prima versione per la “prima” il 5 aprile 1803. Completamente riveduto nel corso del 1804. Il lavoro di revisione non iniziò prima del 23 novembre 1803 e fu sostanzialmente completato entro il 26 agosto 1804. Le edizioni originali della partitura e della riduzione per pianoforte furono pubblicate da Breitkopf & Härtel a Lipsia nell’ottobre 1811. All’inizio del 1803 Beethoven si impegnò a scrivere un’opera per il Theater an der Wien (direttore: Emanuel Schikaneder) (vedere Opere incompiute Unv 15 “Vestas Feuer”). Dalla fine del gennaio / inizio del febbraio 1803 visse insieme al fratello Kaspar Karl in un appartamento del teatro, diresse l’orchestra e gli fu permesso di organizzare dei concerti (BGA 125, 127 e TDR II p. 385). Emanuel Schikaneder probabilmente mise in contatto Beethoven con il librettista Franz Xaver Huber, che lavorò con molti musicisti provenienti dall’ambiente di Schikaneder. Il lavoro principale sull’oratorio ebbe luogo subito dopo il trasferimento nell’appartamento del teatro, come dimostra l’abbondanza di schizzi nel quaderno di appunti detto “Wielhorsky”.

Sieghard Brandenburg fa risalire questo gruppo principale di abbozzi  al periodo che va dal febbraio al marzo 1803. Beethoven progettò la propria accademia in quel teatro durante la Quaresima del 1803, in cui l’oratorio doveva essere rappresentato come opera centrale. La composizione autografa di Beethoven non è sopravvissuta, ma si può presumere che la copia della partitura, adopera di Wenzel Schlemmer sia stata copiata direttamente su questo manoscritto disperso. Beethoven elaborò le sue revisioni proprio su questa copia nel 1804. Scrisse a Breitkopf & Härtel il 26 agosto 1804: „das Oratorium ist bisher noch nicht herausgekommen, weil ich einen ganz neuen chor [Coro degli angeli corrispondente al n. 2 dell’ Oratorio] dazu noch beygefügt, und einige Sachen noch verändert habe, indem ich das ganze orato-rium in nur einigen Wochen schrieb, und mir wohl hernach einiges nicht ganz entsprach – deswegen hatte ich es bisher zurückbehalten“ (BGA 188). Il fratello di Beethoven, Kaspar Karl, aveva già offerto l’oratorio a Breitkopf & Härtel la prima volta il 23 novembre 1803 (BGA 171), ma senza successo. Il 26 agosto 1804 Beethoven rinnovò l’offerta e chiese per l’op. 85, assieme alla Terza sinfonia op.55, al triplo concerto op.56 e alle sonate per pianoforte op.53, 54 e 57 un compenso di 2000 fiorini (BGA 188).

Breitkopf & Härtel furono interessati – almeno in linea di principio –  ma espressero riserve sull’oratorio: „Besonders schwierig ist jetzt die Herausgabe größerer und ernsthafter […] Werke in Partitur. […] denn ob wir sie gleich zu äußerst niedrigen Preisen gesetzt haben, so ist doch die Nachfrage danach bei weitem nicht hinreichend gewesen, um nur die simplen Druckkosten zu ersetzen.“ (BGA 189.) Dopo alcuni scambi epistolari, nel 1805 Beethoven inviò all’editore una partitura, parti ed istruzioni per l’incisione. Nonsotante l’ invio, il compositore e l’editore non si accordarono sul compenso e quindi Breitkopf rispedì il materiale a Vienna (BGA 223, 226). Nel luglio 1806 Beethoven offrì nuovamente l’Oratorio – questa volta con l’ouverture  “Leonore III” e il Concerto per pianoforte op.58 (BGA 254), tuttavia senza raggiungere un accordo sull’op. 85. Nel marzo 1809 Breitkopf & Härtel dovettero aver espressero interesse per l’op. 85, poiché il 5 aprile Beethoven rispose: „[Ich schicke] mit nächster Post alle drey Werke das oratorium, oper, Messe — und verlange nicht mehr dafür, als 250 fl. in KonwenzionsGeld“ (BGA 375).

Il compositore stava progettando di aggiungere un nuovo coro dopo il n. 1; in tutti i casi l’ idea non andò a buon fine. Beethoven inviò i manoscritti il ​​18 settembre, l’editore ne confermò la ricezione il 28 novembre 1809 e nella stessa lettera incaricò loro di pagare 500 fiorini di moneta convenzionale di Vienna (BGA 400, 408, 410). La corrispondenza degli anni 1810/11 si occupa esclusivamente della stampa dell’oratorio, che richiese molto tempo. Beethoven chiese all’editore il 4 febbraio 1810 se avesse tutti i modelli per le parti di trombone, tromba e timpani (BGA 423). L’editore annotò su questa lettera: „Im letzte[n] Chor. / Welten singen / fehlen die Posaunen. No. 2 fehlen Trompett und Pauken.“ Dopo che l’editore ebbe probabilmente ricevuto il libretto a metà febbraio 1810 (BGA 424), le parti menzionate mancavano ancora alla fine del 1810, poiché Breitkopf & Härtel si lamentavano col compositore per iscritto l’11 novembre (BGA 477 ). Tuttavia, le parti dovettero essere arrivate a Lipsia verso la fine dell’anno, perché il 19 febbraio 1811 Beethoven chiese la data di pubblicazione dell’opera. Tra febbraio e agosto 1811 Beethoven ricevette i bozzetti di stampa, che l’editore chiese di restituire il 2 agosto (BGA 517). In una lettera del 9 ottobre Beethoven chiedeva una modifica delle parti del corno, che era stata presa in considerazione nell’edizione originale (BGA 523), il che suggerisce che la partitura non fosse stata stampata prima della metà di ottobre 1811. Nel 1811 Breitkopf & Härtel pubblicò più volte le pubblicità delle edizioni della partitura e la riduzione per pianoforte nelle pagine dell’Intelligenzblättern der AmZ numero 13: inizialmente – a febbraio – in anteprima e solo la partitura assieme alle Op. 80, 83, 84 e 86. Le tre copie possedute da Beethoven furono vendute come numeri 222, 225 e 229 nel catalogo dell’asta della “successione Beethoven” del 1827. Ambros Rieder acquisì il numero 222 e gli altri due furono comprati da Ferdinand Piringer. Una delle copie di Piringer con la firma autografa “Ludwig van Beethoven” su un risguardo è considerata oggidì la sua copia personale.

Partitura originale manoscritta versione marzo 1803 – Staatsbibliothek zu Berlin – Preußischer Kulturbesitz, Berlin, Deutschland.

Testo: Franz Xaver Huber (1755-1814), giornalista e librettista. Il manoscritto autografo del libretto originale per l’oratorio non è più rintracciabile e il libretto non fu stampato separatamente. Il testo è sopravvissuto solo nelle fonti per la composizione e in un libro testuale di un copista. Beethoven riferisce il 23 gennaio 1824 circa la collaborazione con Huber: „christus am Ohlberg ward von mir mit dem Dichter in Zeit von 14 Tägen geschrieben, allein der dichter war Musikalisch u. hatte schon mehreres für Musik geschrieben, ich konnte mich jeden Augenblick mit ihm besprechen“ (BGA 1773). Già in una recensione della prima si leggeva che Huber “zwar vielleicht genug Theaterkenntnis zu einer erträglichen Oper, aber wahrlich wenig poetisches Talent zu einer Kantate“ (Zeitung für die elegant Welt 3, 1803, 16.4.1803, col. 362f) .Questa e altre critiche simili al libretto furono probabilmente la ragione per cui Breitkopf & Härtel commissionarono a Christian Schreiber la riscrittura dell’oratorio. In quell’ occasione furono realizzate anche la versione testuale tedesca dell’op. 86 e la traduzione dei testi italiani dell’op. 82. Schreiber annotò il suo testo direttamente nella copia della partitura che l’editore ricevette il 28 novembre 1809. Tutto questo fu fatto senza il consenso di Beethoven. Il compositore notò gli interventi nel testo solo durante la correzione delle bozze. Beethoven espresse il suo netto rifiuto delle modifiche in una lettera del 23 agosto 1811 (BGA 519).

Tuttavia essendo stato comunque pubblicato con le modifiche di Schreiber si può presumere che almeno alcune delle modifiche siano state accettate dal compositore. Anche dopo la pubblicazione Beethoven si espresse ancora una volta e molto chiaramente contro la modifica del testo (BGA 545 del 28 gennaio 1812). Prima esecuzione nell’ambito di un concerto – Accademia il 5 aprile 1803 al Theater an der Wien. In questo concerto furono eseguite in prima assoluta la Seconda sinfonia op.36 e il Terzo concerto per pianoforte op.37 e fu eseguita la Prima sinfonia op.21. Annunci: Wiener Zeitung 26 e 30 marzo 1803; AmZ 5 (1802/03), 30 marzo 1803, colonna 458; Ferdinand Ries racconta la prova generale il giorno del concerto: „Die Probe fing um acht Uhr Morgens an […]. Es war eine schreckliche Probe und um halb drei Uhr Alles erschöpft und mehr oder weniger unzufrieden. Fürst Karl Lichnowsky, der von Anfang der Probe beiwohnte, hatte Butterbrot, kaltes Fleisch und Wein in großen Körben holen lassen. […] Nun bat der Fürst, das Oratorium noch einmal durchzuprobiren, damit es Abends recht gut ginge und das erste Werk dieser Art von Beethoven, seiner würdig, ins Publikum gebracht würde. “ (Wegeler/ Ries p. 76 s.) Beethoven aveva il diritto a trattenersi tutto il ricavato del concerto, il che provocò risentimento per l’aumento dei prezzi dei biglietti: „Niemand hat den folgenden Tag begreifen können, warum Hr. B[eethoven]. bey dieser Musik die ersten Plätze doppelt, die gesperrten Sitze drey-fach, und jede Loge (statt 4 Fl.) mit 12 Dukaten sich bezahlen liess. – Allein man darf hierbey nicht vergessen, dass dieses Hrn. Beethovens erster Versuch in dieser Art war. Ich wünsche aufrichtig, dass er den Kassen-Gehalt bey dem zweyten Versuche eben so ergiebig; von Seiten der Komposition aber mehr Charakterisirung und einen besser überdachten Plan haben möge.“ (AmZ 5, 1802/03, 25 maggio 1803, colonna 590.) Seguirono altre quattro rappresentazioni prima della pubblicazione dell’edizione originale a Vienna: 21 luglio e 4 agosto 1803 nell’Augartensaal (Wiener Zeitung 16 e 30 luglio 1803), 27 marzo 1804 nel Theater an der Wien (Sonnek/Schikaneder p 333, TDR II p. 388), 23 dicembre 1809 nel Theater an der Wien (AmZ 12, 1809/10, 24 gennaio 1810, colonna 266). Dal 1811 l’opera ebbe un grande impatto nella vita concertistica europea. Ci sono prove di circa 80 concerti durante la vita di Beethoven (Mühlenweg/Op85 vol. 1 pp. 112-124, 139-153).

Beethoven’s Hallelujah Chorus

From the Mount of Olives
Arranged as Duetts for the Harp & Piano Forte

To be continued – Beethoven’s Hallelujah Chorus From the Mount of Olives  Being N°9 of a Selection of Chorus’ses Arranged as Arranged ad Duetts fot the Harp & Piano Forte With Accomp.ts ad libitum for Flute & Violoncello, by J.F. Burrowes. London Printed & Sold by Chappell & C°. Music Sellers 50, New Bond Street.

John Freckleton Burrowes ( 23 Aprile 1787 – 31 Marzo 1852), organista e compositore britannico, nacque a Londra. Il suo insegnante fu William Horsley. La sua prima opera pubblicata fu  una serie di sei ballate inglesi; nel 1812 pubblicò un’ouverture (Op.8) che era stata eseguita ai concerti vocali di Hanover Square. A questa seguì nel 1817 un’altra ouverture (Op.13) prodotta dalla Philharmonic Society, di cui Burrowes era uno dei membri fondatori. Nel 1818 apparve la prima edizione del suo “Pianoforte Primer”, un lavoro che ebbe un certo successo.

Nel 1819, Burrowes realizzò  il “Thorough Bass Primer”, che ottenne un successo pari a quello del lavoro precedente. Nel corso della sua lunga carriera pubblicò anche un “Companion to the Pianoforte Primer” (1826), un “Companion to the Thorough Bass Primer” (1832), “The Tutor’s Assistant” sempre  per il Pianoforte (1834) e una Guide to Practice on the Pianoforte ( 1841).

Pubblicò inoltre  raccolte di brani di salmi, preludi, danze, arie scozzesi e irlandesi, sonate, un trio per tre flauti, canzoni e molti arrangiamenti di opere, (tra cui il brano qui riportato). Per quasi quarant’anni, Burrow fu organista della St. James’s Church a Piccadilly. Intorno al 1834 si stabilì al 13 di Nottingham Place, dove morì dopo una lunga e dolorosa malattia, il 31 marzo 1852. 

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Per gentile concessione della BH – Beethoven Haus Bonn

Per gentile concessione della  Staatsbibliothek zu Berlin Preußischer Kulturbesitz)