Opus 22 Sonata in Si bemolle maggiore per pianoforte
I) Allegro con brio – II) Adagio con molt’ espressione – III) Minuetto – IV) Rondò – Allegretto
OPUS 22 – Sonata in Si bemolle maggiore per pianoforte, op. 22, dedicata al conte di Browne, 1799-estate 1800, pubblicata a Vienna, Hoffmeister e C., marzo 1802. GA. n. 134 (serie 16/11) – B. 22 – KH. 22 – L. II, p. 17 – N. 22 – P. 117 – T. 78
Il manoscritto originale è perduto. Gli abbozzi si trovano, insieme con quelli dei Quartetti op. 18 nn. 1 e 6, della Sonata per pianoforte e violino op. 23, delle Variazioni per pianoforte in sol maggiore su tema originale e di alcune battute della Sonata per pianoforte e corno op. 17, in un gruppo di fogli descritti dal Nottebohm e dallo Shedlock. In una lettera del 15 gennaio 1801 Beethoven, proponendo per la stampa la sonata all’editore Hoffmeister, la chiamava «grande», aggiungendo che essa «gli era ben riuscita».
Quando si pensi che un tale riconoscimento ufficiale di grandezza avevano avuto in precedenza soltanto la Sonata op. 7 (in quattro tempi), la Sonata Patetica op. 13 (in tre tempi) ma non l’op. 10 numero 3 (pure in quattro tempi); che in seguito esso sarebbe stato tributato alle opere 53 (in tre tempi, considerando come tempo a sé l’Adagio molto introduttivo al Rondò), 106 (in quattro tempi), 109 (in tre tempi), 111 (in due tempi), ma non all’op. 26 (in quattro tempi), né alle due Sonate dell’op. 27 (rispettivamente in quattro e tre tempi), né all’op. 28 (in quattro tempi), né alle tre Sonate dell’op. 31 (rispettivamente in tre, tre e quattro tempi), né alla Sonata Appassionata (in tre tempi), né all’op. 110 (in tre tempi, di cui l’ultimo in quattro parti coordinate l’una all’altra secondo un superiore criterio di svolgimento drammatico), si deve concludere che a determinarlo non è stata certo esclusivamente una valutazione basata sulla interiore efficienza della musica, e neppure la considerazione della costituzione esterna in quattro tempi regolari, né, come vorrebbe il Riemann, la prerogativa della presentazione in opera editoriale singola.
Si può piuttosto pensare per tutti questi casi a ragioni contingenti e di volta in volta diverse: qui alla conformazione particolare di un’opera di linea ampia, di forte tecnica, di sereno vigoroso respiro, tale da interessare i conoscitori ed insieme da riuscire gradita al gran pubblico senza forzarne troppo la sensibilità e la fantasia. Ammettere del resto, come alcuni fanno, che con questa sonata si chiuda il periodo giovanile delle composizioni pianistiche di Beethoven, non significa riconoscere che essa ne riassuma tutti i vari aspetti, come per esempio quelli, appartenenti secondo noi ad un tipo espressivo di ordine più elevato, di alcuni tempi delle opere 2, 10 e di tutta l’op. 13.
Impeto, slancio, baldanza caratterizzano l’Allegro con brio, notevole anche per l’ampiezza dei temi e l’importanza che alcune articolazioni del primo acquistano nello svolgimento di tutto il tempo, reggendolo e guidandolo in ogni sua parte mentre il secondo, nonostante la bellezza e l’originalità, ha un impiego più circoscritto. Lo sviluppo, di grande interesse tecnico e strumentale, non giunge tuttavia ad alta potenzialità espressiva come invece, tanto per citare una pagina per qualche aspetto affine, nella Sonata op. 53.
L’ampia forma melodica, cantabile del ’Adagio con grande espressione non esclude una elaborazione anche di carattere strumentale. La fisionomia dolce, ma nel tempo stesso grave e profondamente melanconica, ha dato luogo in passato a fantasiosi commenti. Il Griepenkerl pensava ai cigni: «meravigliosa immagine di tutti i desideri di quaggiù che cercano sotto di sé, con i loro lunghi colli avidi, i segni celesti, ingannati dalla dolce illusione delle acque che li riflettono»; il De Lenz parlava di Sehnsucht, «nostalgia simile a quella che l’uomo prova per il mondo invisibile da lui presentito»; l’Ulibisceff vi trovava l’anelito ad «felicità impossibile ad ottenersi ».
Di epoche più vicine a noi sono i commenti ammirativi del Bekker e del Riemann (un po’ esagerati anch’essi, quelli dell’ultimo specialmente, quando si richiama in modo particolare all ’Adagio dell’op. 106 e alle opere 109 e 110). Meno importante è il terzo tempo, dove la fisionomia del Minuetto, chiara, tradizionale nella prima parte, cambia aspetto negli episodi di movimento della seconda e più ancora nel Trio, che ricorda con la sua figurazione la Marcia turca di Mozart ed apre la strada al Finale dell’Appassionata.» Il Rondò si raccomanda per l’insinuante grazia del ritornello non meno che per il consenziente tema secondario, che vi ha tanta importanza come elemento propulsore ed animatore dei tre couplets e dovrà poi dare lo spunto al « tema originale » delle Variazioni di cui al n. seguente di questo catalogo. (Biamonti 209, WoO 77).
Titolo ufficiale: Opus 22 Sonate (B-dur) für Klavier Widmung: Johann Georg Reichsgraf von Browne-Camus NGA VII/2 AGA 134 = Serie 16/11
Creazione e pubblicazione: Gli abbozzi superstiti risalgono all’estate del 1800; una prima offerta ad un editore fu fatta a Franz Anton Hoffmeister il 15 dicembre dello stesso anno. L’edizione originale fu pubblicata nel marzo 1802 da Hoffmeister & Comp, a Vienna / Bureau de Musique di Lipsia. Cenni del tema del rondò si trovano contestualmente gli schizzi per l’op. 18 n. 6. I primi abbozzi più dettagliati per la sonata compaiono assieme a quelli per le op. 23 e 24. Questo suggerisce che Beethoven avesse originariamente progettato un gruppo di tre sonate per pianoforte. Apparentemente fu solo più tardi, in fase di sviluppo del materiale, che venne definita la strumentazione delle altre due composizioni, che divennero due sonate per violino e pianoforte. Nello stesso taccuino esistono annotazioni per le variazioni WoO 77, il cui tema è sorprendentemente molto simile alle battute 18-20 dell’ultimo movimento dell’op. 22.
Fatta questa considerazione dobbiamo notare però che il tema delle variazioni è sicuramente precedente (Kramer/Sommer 1800 vol. 2 p. 21f). Il 15 dicembre 1800 Beethoven offrì a Franz Anton Hoffmeister, tra le altre opere, una „große Solo Sonate“ (BGA 49). Ripeté la sua offerta il 15 gennaio 1801 con l’osservazione „diese Sonate hat sich gewaschen, geliebtester Hr. Bruder“ (BGA 55), che l’editore accettò il 24 gennaio 1801. In aprile e giugno Beethoven inviò il numero dell’opera e il testo del titolo (BGA 60 e 64). Nel dicembre 1801 Hoffmeister poté riferire: „Beethoven grand Sonat ist fertig und sehr schön“ (BGA 76). L’ affermazione epistolare si riferisce solamente al completamento dell’incisione, la stampa fu ritardata per motivi sconosciuti fino al marzo 1802. L’8 aprile 1802 Beethoven fu soddisfatto: „Meine Sonate ist schön gestochen“ (BGA 84).
Per quanto concerne la dedica vedere i Trii op. 9. Prima esecuzione sconosciuta. Abbozzi: 1°, 2° e 4° movimento: mus. SM. autogr. Beethoven 19e (“Sommer 1800”), e fogli associati: (a) collezione privata NL J.W.R. Dreesmann, SV 359; (b) D-BNba, Coll. H.C. Bodmer, HCB BSk 25/73, facsimile: DBH/online. Nella ricostruzione di Richard Kramer: Folio 9v, llv, 19r, 26v-30v, 31v-33r, facsimile e trascrizione: Kramer/Sommer1800. (2) Movimenti 1 e 4: F-Pc (in: Pn), Ms 71, un foglio. Datazione: inizio 1800, facsimile e trascrizione: Kramer/Sommer 1800, ulteriore facsimile: Gallica. Trascrizione in bella copia DB, Mus. SM. autogr. 23a. Titolo: Foglio 1 recto a mano di Beethoven “Grande Sonate / Composee [!] / par / Louis van Beethoven.”. 12 fogli; Folgio 1 recto titolo, 22 pagine di testo musicale foglio 1 versus – 12 recto, foglio 12vuoto. Carta: formato orizzontale, 22 x 31 cm, 1 riga. Provenienza: C. F. Peters, ancora 1868. – Acquisito dopo il 1868. Facsimile: SBB/online. Descrizione: Bartlitz/Catalogo p.7. III edizione originale 1802 (marzo). Vienna, Hoffmeister &c comp. / Lipsia, Bureau de Musique, PN 88. -Titolo: “GRANDE SONATE / pour le / Piano Forte / composée et dediée / à Monsieur le Comte de Browne / Brigadier au Service de S. M. J. de toute la Russie, / par / LOUIS VAN BEETHOVEN . / Opera XXII. / à Vienne chez Hoffmeister & Comp. / a Lipsia al Bureau de Musique. /
Per gentile concessione della Staatsbibliothek zu Berlin Preußischer Kulturbesitz)
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