I maestri di Ludwig van Beethoven e la figura del compositore Andrea Lucchesi: Considerazioni su tre lettere apocrife dello scherzoso fondo Buffelmann a presunta firma Andrea Luchesi

Articolo a cura del Dott. Santi Notaro

Considerazioni su tre lettere del fondo Buffelmann a presunta firma Andrea Luchesi

In due siti internet sono state pubblicate (come evento di eccezionale importanza per la storia della musica) tre lettere, che gli autori della pubblicazione ritengono autentiche e scritte dal compositore italiano Andrea Luehesi. (1)  In particolare, nel primo sito, (2) è riportata una lettera in dialetto veneziano (con allegata traduzione in italiano) indirizzata ad un non meglio indicato “Lustrissimo amico mio”. Nel secondo sito (3), invece, sono riportate due lettere, scritte in tedesco (sempre con traduzione allegata) ed indirizzate una, al contemporaneo compositore austriaco F. J. Haydn; altra, ad un non meglio precisato ragazzo di nome “Ludovico”. Tutte le lettere proverrebbero dal cd fondo Buffelmann. (4) La prima (5) porta la data del 23 dicembre 1771 e quindi, secondo gli autori della pubblicazione, sarebbe stata scritta alla fine di quell’ anno, nei primi mesi del soggiorno di Luchesi a Bonn presso il Principe elettore di Colonia-Bonn, Maximilian Friedrich.

Le altre due, che invece sono prive di data, sempre secondo gli autori della pubblicazione “sembrano posteriori di qualche anno” a quella di cui sopra, o sarebbero “…risalenti presumibilmente all’ultimo ventennio del XVIII secolo”. A parte la discutibile (perché priva di argomenti probanti) tiritera contro la prima scuola di Vienna ed i suoi rappresentanti (6), a mio modesto avviso le tre missive fanno sorgere più di un reale dubbio sulla loro autenticità e sulla indicata provenienza da Andrea Luchesi. Quanto alla prima lettera (quella scritta in dialetto veneziano), la cosa che di essa colpisce immediatamente, dal punto di vista formale, è la veste grafica con cui è stata pubblicata. Infatti, sebbene si parli della “minuta di una lettera autografa di Andrea Luchesi”, quella messa in rete non ha il formato di un documento asseritamente redatto di pugno dal suo autore, come invece avviene per le altre due lettere, di cui viene pubblicato il testo scritto in tedesco. Per cui, se esistente, deve trattarsi di una minuta di missiva trascritta (ma perché, allora, non pubblicare il documento redatto di pugno, come è stato fatto per la poesia allegata?). Altra stranezza: detto documento, sebbene rechi luogo (Bonn) e data di emissione (23 dicembre 1771), non specifica il nome del destinatario, indicato semplicemente come “illustrissimo amico mio”.

Nel merito poi, come si diceva, più che fondati sono i dubbi circa la veridicità del suo contenuto, che appare in aperta contraddizione e non corrispondenza con i fatti e gli avvenimenti dell’ epoca. Invero l’autore dello scritto, dopo avere evidenziato che la Cappella del Principe Elettore, al suo arrivo, era formata da musicisti non all’altezza del loro compito (7) e che stava faticando molto per riportarla ad un livello accettabile, precisa che dal suo lavoro ricavava “pochi soldi”, tanto da essere “sul lastrico”, anche se scriveva “musiche grandiose”, mentre a Venezia aveva “un alto tenore di vita”. E, sul punto, conclude con pesanti insulti nei confronti del Principe Elettore, definito “persona priva di ogni giudizio, un disgraziato, grossolano, spaccone, maledetto”. Ora, a parte la immodestia che traspare da queste righe, va osservato che nel 1771 Luchesi, anche se in prova, (8) era regolarmente stipendiato e godeva di una posizione economica affatto non disprezzabile. (9) E se è vero quanto precisato in nota 9, non può certamente dirsi che egli si trovasse “sul lastrico”, né che il principe elettore fosse il personaggio così malamente raffigurato nella missiva de qua. Quindi i fatti lo smentiscono clamorosamente.

Fra l’altro, scrivere ad un ignoto interlocutore gli epiteti e le considerazioni di cui sopra sul suo datore di lavoro, appare cosa non ben fatta (se non controproducente), ove si consideri che, se fossero arrivati alle orecchie di costui, avrebbero irrimediabilmente compromesso la sua carriera di kapellmeister a Bonn. Città nella quale, invece, Luchesi ebbe la possibilità di portare alla Cappella cantanti e musicisti di suo gradimento,(10) mantenne quella carica a vita e sposò la ricca figlia di un consigliere di Corte,(11) conducendo una esistenza alquanto agiata. Anche il sottolineare lo “scherzetto al Principe Arcivescovo” con la composizione di una sinfonia(12); la conseguente lite con quest’ultimo, al quale avrebbe gridato a “brutto muso” quello che di lui pensava; la vendita di questa sinfonia al maestro Haydn, venuto a Bonn da “Esterhàzy”, al quale piaceva, ma che non gli voleva pagare i “venti zecchini” che pretendeva; l’evidenziare che da lui “i musicisti vengono da Salisburgo e da Esterhàzy” e che le sue “composizioni vanno a ruba”; la precisazione che doveva “scrivere un nuovo quartetto per il piccoletto di Salisburgo e per quell’altro da Esterhàzy” sono tutte affermazioni, da un lato, di megalomania e, dall’altro, di velato discredito nei confronti di Haydn e di Mozart.

Ma ciò che mi pare non trovi per nulla riscontro alcuno nei fatti e nelle cronache del tempo, è quello che è l’argomento principale descritto in detta minuta: ossia le considerazioni, fortemente negative, che l’ autore fa nei confronti di “un padre” e del “suo fìglioletto” che provengono da Salisburgo e “che sostengono di essere musicisti”. Ed il riferimento è chiaramente rivolto ai Mozart, padre e figlio.(13) E’ vero che, secondo le cronache del tempo, Leopoldo e Wolfgang, nel corso del loro primo viaggio in Italia, incontrarono a Venezia, per il carnevale del 1771, il “Sgr. Luchesi Maestro di Cemballo” (14). Ma dare di Wolfgang, come evidenziato in nota 13, un quadro così negativo, appare in patente contraddizione con i resoconti e le cronache di quel periodo, che descrivono il quindicenne Mozart come un abile ed apprezzato suonatore di cembalo e con una certa reputazione come compositore. (15) E, si badi bene, si tratta non di relazioni di parte, ma di lettere e di recensioni di terzi e, quindi, maggiormente attendìbili.

Fra l’altro, alla data del 1771, Mozart aveva già all’attivo, come musicista, numerose composizioni di vario genere.(16)

Ma se questo, come appare indubitabile, è vero, ne consegue che sia la conclamata povertà dovuta alla grama vita di Bonn, che la descrizione di Wolfgang, quali risultano dalla missiva de qua, non corrispondono affatto alla verità, con evidenti riflessi sulla autenticità dello scritto.

Anche le altre due lettere (quella indirizzata ad Haydn e ad un certo “Ludovico”) fanno sorgere più che fondati dubbi dì attribuzione. Anzitutto va osservato, come precisato all’inizio, che esse sono senza data.(17) Nel merito, quella indirizzata ad Haydn (nella traduzione proposta) si riferirebbe ad un rapporto per c.d. di “affari” (non illecito, per l’epoca) fra i due musicisti e consistente nel fatto che Lucchesi avrebbe spedito ad Haydn partiture di sue sinfonie, ma intestate a quest’ultimo, e che questi non le avrebbe ricevute per un disguido del corriere, nonostante le avesse già pagate (“Vi avevo spedito tre mie bellissime sinfonie col vostro nome scritto sopra…”). Nella missiva l’autore si scusa per il disguido e propone al collega il modo per rimediare (“Scriverò per voi altre tre sinfonie, ancora più belle…”) scivolando, poi, nel triviale, con una battuta alquanto grossolana e del tutto inopportuna (“In orchestra volete anche i comi, oppure vi bastano quelli che vi mette in capo vostra moglie?”).

Questo il contenuto, appaiono strane alcune cose:

1) che in una lettera in cui si parla di un rapporto di affari, non siano indicati né il luogo, né la data di emissione, né quella in cui sarebbe stata spedita la “merce” al corriere, né il nome di quest’ultimo, né la tonalità delle sinfonie, al fine di circoscrivere l’episodio e di identificare i prodotti spediti;

2) che ad un certo punto (e del tutto gratuitamente, anche se la cosa viene contrabbandata per uno scherzo: ”chiedo venia, ma quando bevo mi piace scherzare!”(18) vi sia una innegabile caduta di stile (del tutto inappropriata, in una lettera sostanzialmente di scuse: “Adesso non so cosa fare, perché mi avete già dato i soldi. Scriverò per voi altre tre sinfonie, ancora più belle. Siete d’accordo? Finiamola così e terminiamo le lamentele”), consistente nel doppio gioco sulla parola “corni” (“In orchestra volere anche i comi, oppure vi bastano quelli che vi mette in capo vostra moglie?”);(19)

3) la sostanza ed il significato dello scritto: si dà l’impressione dell’immagine, da un lato, di un Luchesi come musicista molto dotato, in grado di sfornare con estrema naturalezza, in poco tempo ed a getto continuo, sinfonie (la cui composizione richiederebbe notoriamente del tempo ed una certa originalità) come fossero bagattelle (“vi avevo spedito tre mie bellissime sinfonie….scriverò per voi altre tre sinfonie, ancora più belle…”) e secondo i desiderata del presunto committente (“In orchestra volete anche i corni….?); dall’altro, di un Haydn incapace di scrivere lavori del genere ed abbisognevole del supporto del collega. Ora: che all’epoca manoscritti di composizioni viaggiassero in anonimato e potessero essere oggetto di commercio, è cosa provata. Come è altrettanto provato che coloro che erano kapellmeister avevano l’obbligo di produrre composizioni senza potere scrivere il loro nome sulle partiture, essendo l’opera di proprietà del titolare della cappella musicale ed essendo di quest’ultimo il potere di fame uso come meglio credesse. Ma da questo a mettere in risalto la super capacità musicale e compositiva di un Luchesi e, per converso, la figura più che mediocre di un musicista come Haydn, incapace di scrivere sinfonie, ne corre.(20)

Più misteriosa, quanto alla sua interpretazione, è la seconda lettera, il cui destinatario è un allievo di nome “Ludovico”. Anche qui, non c’è data, cui si supplisce con la probabile collocazione temporale, da parte di chi la pubblica, come per la lettera precedente (21) Ora, a parte la mancanza di prova certa sulla esatta data, del tutto incerto è anche il destinatario di questa seconda lettera, che sarebbe un allievo di Luchesi di nome “Ludovico”. Per contro, dati certi sono che essa è scritta in tedesco; che Luchesi si trasferì a Bonn (da Venezia ove lavorava), al servizio del principe elettore Maximilian Friedrich, nell’anno 1771; che egli prestò servizio presso la detta cappella musicale dal 1771 al 1794, dapprima in prova per un triennio e poi, dal 1774, quale kapellmeister a vita. Se questi sono gli elementi certi, due sono le ipotesi che si possono formulare. La prima, nel caso si ritenga che nella cappella musicale vi fosse un allievo di nome “Ludovico” oppure che Luchesi impartisse lezioni al suddetto privatamente e, quindi, al di fuori del servizio della cappella.

Leopold Mozart (Augusta, 14 novembre 1719 – Salisburgo, 28 maggio 1787)

Franz Joseph Haydn (Rohrau, 31 marzo 1732 – Vienna, 31 maggio 1809) 

Ipotesi in teoria possibile, ma di fatto molto improbabile in quanto, a tacer d’altro, nella missiva si parla anche del padre di questo allievo, descritto come persona che lavorava nella cappella e che frequentava le osterie, ritornando a casa del tutto ubriaco (“Tuo padre era appena tornato dalla Cappella musicale, ma era passato dall’ Osteria e, come al solito, era ubriaco scarnificato”). Ma se questo è quanto risulta su “Ludovico”, la somiglianza con l’immagine del padre del giovane Beethoven appare quanto mai evidente, per cui si cadrebbe nella seconda ipotesi, molto più suggestiva, secondo cui non si tratterebbe di una semplice omonimia, ma l’allievo di nome “Ludovico” si identificherebbe, effettivamente, con il ragazzo Ludwig van Beethoven. Certo, se la data della missiva dovesse essere rapportata alla fine del 1771 o a qualche anno dopo (come pure ipotizzato), una tale identificazione andrebbe drasticamente esclusa. Infatti il giovane Beethoven entrò a far parte della cappella musicale di Bonn a fine 1780-1781.(22) Pertanto in un periodo al di fuori della presunta data indicata.

Se invece si dovesse accertare che la data della missiva è di molto posteriore (ultimo ventennio del XVIII secolo) a quella sopra ipotizzata, allora la suggestione aumenterebbe a tal punto da essere sospetta. Infatti il padre di Beethoven (Johann)(23), che lavorava regolarmente come cantante nella cappella, fu mandato in pensione per la cattiva qualità della voce, a causa del continuo bere, anche se vi resterà in forza fino ai suoi ultimi giorni(24): non in organico, ma per continuare ad impartire qualche lezione ai giovani. E’ stato anche accertato (secondo le cronache del tempo) che frequentava le osterie e che tornava a casa spesso ubriaco, tanto da costringere il piccolo Ludwig ad alzarsi di notte per esercitarsi al fortepiano (25). Da un lato, quindi, la descrizione del padre di “Ludovico” si attaglia perfettamente alla immagine del padre del giovane Ludwig. Dall’altro, però, “Ludovico” viene descritto come un ragazzo fannullone, che non vuole studiare e che marina le lezioni: immagine che, se riferita al giovane Ludwig, non trova riscontro nella realtà. Infatti questi, entrato a far parte della cappella musicale di Bonn nel periodo sopra indicato, non era, musicalmente, uno sprovveduto, ma un giovane musicista.(26). Non solo: le cronache del tempo lo descrivono come un ragazzo molto volenteroso e pieno di talento.(27) Per cui questa contraddizione e palese inesattezza del suo contenuto rende la missiva de qua oscura, inaffidabile e, quindi, inattendibile.(28)

In conclusione: gli episodi e gli avvenimenti narrati in queste tre lettere confliggono con i fatti realmente avvenuti all’epoca. Fra l’ altro, di esse si dice solamente che provengono da un fondo antiquario (il cd fondo Buffelmann), ma non si precisa come siano effettivamente pervenute a detto fondo. E, cosa più importante, non sì fa accenno alla loro presunta autenticità, che evidentemente sì dà per scontata. Ma la autenticità di una scrittura, circa la sua certa attribuzione al suo autore, la sì prova o con una perizia grafologica, mediante comparazione con altri scritti di sicura provenienza, o con una perizia grafica sulla firma, esaminando altre sottoscrizioni anch’esse dì sicura provenienza e, possibilmente, risalenti al periodo in questione. Se questo non è stato fatto, o non è possibile fare, non si può avere la presunta certezza della autenticità di tre missive, da cui fare discendere, fra l’altro, rilevanti conseguenze su un periodo della storia della musica di cruciale importanza. Per assurdo, si potrebbe anche pensare ad una situazione rovesciata: le lettere pubblicate potrebbero avere lo scopo, attraverso la denigrazione di musicisti come Haydn e Mozart (e forse anche del giovane Beethoven), di screditare la prima scuola di Vienna per imporre, al suo posto, una non meglio indicata scuola italiana ed essere state scritte da chi potesse avere un interesse del genere. Sarebbe più proficuo, invece, che le “scoperte” e gli “studi”,(29) piuttosto che attraverso la denigrazione altrui, fossero rivolti alla valorizzazione di quei tanti musicisti che operavano nell’Italia del ‘700, la cui rilevanza nella storia della musica è certamente importante.

Santi Notaro

Si allegano i testi (con relativa traduzione) delle tre missive de quibus, così come pubblicate nei due siti internet indicati.(30)

Note de Considerazioni su tre lettere del apocrife dello scherzoso fondo Buffelmann a presunta firma Andrea Luchesi.

Articolo a cura del Dott. Santi Notaro

1) Andrea Luchesi (o Lucchesi), musicista, è nato a Motta di Livenza (Treviso) il 23 maggio 1741 ed è morto a Bonn (Germania) il 21 marzo 1801.
2) Il sito si intitola: “Complotti: “Sensazionali novità da Bonn: una lettera di Andrea Luehesi svela il suo vero rapporto con Haydn e Mozart…””
3) Il sito si intitola: “Andrea Luca Luchesi:”Nuove scoperte nel fondo Buffelmann-Luchesi”.
4) Secondo gli autori della pubblicazione detto fondo sarebbe costituito da documenti raccolti dall’antiquario di Bonn Johannes Buffelmann, deceduto.
5) Più precisamente si parla della “minuta di una lettera autografa di Andrea Luchesi”.

6) Il commentatore, soprattutto nella prima lettera, parla di una “cricca neo-nazista” che, per anni, avrebbe messo in piedi una falsa visione della “Wiener Klassik” incentrata sui musicisti Haydn- Mozart- Beethoven (“presunti” grandi compositori vengono definiti i primi due) e che avrebbe ostinatamente rigettato le teorie di “una coraggiosa coppia di musicologi sondriesi” (il riferimento è chiaramente rivolto a Bianchini-Trombetta, autori del lavoro -Mozart- La caduta degli dei-). Altrettanto discutibile è anche la precisazione dell’autore della sua pubblicazione, secondo cui questa “fortunata scoperta d’archivio chiuderà definitivamente l’annosa polemica!”. Questi, poi, si lancia in una pericolosa iperbole quando scrive che con la missiva del 23 dicembre 1771 dovrà essere “riscritta oltre alla storia della musica, “anche quella della lirica italiana fra Settecento ed Ottocento”, alludendo al foglio allegato contenente dei versi ritenuti scritti, anch’essi, dal Luchesi.
7) Vengono definiti “Musicisti da bordello!”.
8) Luchesi in quel periodo era al servizio del principe elettore di Colonia-Bonn, Maximilan Friedrich, proprietario della cappella musicale di Bonn, che lo aveva chiamato a quell’incarico in sostituzione del nonno di Beethoven, che l’aveva diretta precedentemente. Era stato assunto in prova nel 1771 per un periodo di tre anni, per poi essere nominato kapellmeister, con incarico a vita, con decreto del principe del 26 maggio 1774 (cfr. Silvia Gaddini-Dizionario Biografico degli Italiani- voi. 66- 2006; Piero Buscaroli- Beethoven- Rizzoli 2004- pag. 91; Riccardo Di Pasquale- La proprietà intellettuale nelle cappelle del ‘700- pag. 100): incarico che aveva assunto il giorno dopo. Rimase kapellmeister fino all’ottobre 1794, quando il principato venne occupato dalle truppe napoleoniche, con il conseguente scioglimento della cappella musicale, (cfr. Silvia Gaddini- Dizionario biografico degli italiani-vol. 66- 2006).

9)“ll primo giugno 1771 [Luchesi] è ufficialmente contattato dal principe Elettore di Colonia, Massimiliano Federico…, come suo maestro di cappella personale…L’impegno è triennale…11 compenso previsto… 1207 fiorini annuali (circa 240 ducati)” , leggermente inferiore ai guadagni che riusciva ad ottenere a Venezia con il suo lavoro. Ed ancora: ” verso la fine di ottobre 1771, L. lascia Venezia per trasferirsi a Bonn…Pietro Gradenigo il 5 dicembre 1771 scrive” il sig.r Andrea Luchesi, veneziano…passa dalla sua propria Patria al servizio di Massimiliano Federico…e vi si tratterrà per alcuni anni ben accolto da quei Principe Mecenate generoso…et amante dell’armonia musicale”” (cfr. sito internet: Agostino Taboga- Andrea Luchesi (1741-1801)- L’esordio a Venezia- 27/04/2018). Cfr. anche Luca Bianchini-Anna Trombetta- Mozart La caduta degli Dei- Youcanprint Self-Publishing – parte seconda- pagg. 451-452) i quali ammettono che Luchesi, chiamato dal principe Max Friedrich per riorganizzare la sua cappella musicale, “fu inizialmente nominato…con uno stipendio annuo di circa 1200 fiorini…” e che “superato il triennio di prova il titolo di Kapellmeister gli fu confermato “a vita” nomina ufficiale che avvenne nel 1774 (e non nel 1777, come erroneamente indicato). In questo senso anche Riccardo Di Pasquale ci. op. cit. pag. 98 e 100, il quale precisa che Luchesi, nel triennio 1771-1774, guadagnava 1200 fiorini come musikmeister in prova, godendo dello stipendio di musicista straniero e che poi, una volta nominato, alla scadenza, kapellmeister a vita nel maggio 1774, l’emolumento gli fu ridotto a 600 fiorini, dato che questa carica comportava l’obbligo di naturalizzarsi tedesco, con una riduzione degli introiti. Detto autore aggiunge che, per compensare la perdita, il principe gli concesse di vendere sue musiche sotto altro nome. Solo Piero Buscaroli (cfr. Beethoven- Rizzoli 2004- pag.91) parla di uno stipendio annuo di 1000 fiorini. Ma se questo è quanto risulta dai fatti documentati e se può essere vero che Luchesi, una volta trasferitosi a Bonn, guadagnasse poco meno di quanto guadagnava a Venezia, è anche vero che lo stipendio di 1207 fiorini annui era tutt’altro che trascurabile. Infatti è stato evidenziato che, annualmente, Antonio Saìieri “Kapellmeister di Corte, percepiva 1250 fiorini. Anche “nelle altre professioni solo pochi altri funzionari toccavano stipendi al massimo di 2000 Gulden, i professori “universitari fra 300 e 600 Gulden, un medico dell’ospedale… 240 Gulden, mentre il direttore medico ne percepiva “3000” (cfr. Giulio Cesare Maggi-Pierfranco Vitale- La vita felice di Wolfgang Amadé Mozart-Book Time- Milano 2016- pag. 159). Inoltre, da uno studio condotto sul valore del fiorino (o gulden) all’epoca di Mozart (e quindi a quella de qua) è risultato che tale moneta corrispondeva, grosso modo, “ a una cifra “tra le 25.000 e le 30.000 lire italiane del 1996”” (cfr. Piero Buscaroli cit- op. cit- pagg. 106-107); Id: La morte di Mozart- Rizzoli 1996- pag. 12). Se tale valore si moltiplica per il coefficiente di rivalutazione del 1996 (CR=1,594) e lo si divide, infine, per il coefficiente dell’euro (1,936), ne deriva un valore del fiorino (o gulden), aggiornato ad oggi, di circa 25,00 euro. Per cui lo stipendio di cui godeva Luchesi, una volta trasferitosi a Bonn era, al netto, di circa € 30.175 attuali. Non uno uno stipendio da fame, quindi, tenuto anche conto del costo della vita di allora e del fatto che spesso, agli stipendi, si aggiungeva un pagamento in natura di beni materiali (forniture annuali di legna da ardere, vino, candele, ecc.).

10) Si pensi al primo violino Gaetano Mattioli, il quale ottenne la nomina di direttore amministrativo della cappella, così come richiesto dal Luchesi che voile fossero separate l’attività strettamente musicale (che trattenne per sé) da quella amministrativa (cfr. Riccardo Di Pasquale cit. op. cit. pag. 101).

11) Cfr. Riccardo Di Pasquale cit. op. cit. pag. 101; Agostino Taboga- Una proposta biografica- Kapellmeister del principato di Colonia-Bonn- 15/05/2018).

12) La descrizione di questo lavoro riecheggia la sinfonia detta “degli addii”, poi composta da Haydn.

13) Secondo l’autore della lettera, il padre gli avrebbe insistentemente chiesto di insegnare musica al figliolo, dato che questi “non sa comporre musica”; che egli lo avrebbe fatto sedere al cembalo con davanti alcuni spartiti ed il ragazzo avrebbe tremato di paura; che la di lui musica, che avrebbe esaminato, era “insipida” e piena di “castronerie”, da fare “venire la nausea”; che il ragazzo era un “imbrattacarte” e non capiva “nulla” delle regole dell’ armonia che gli spiegava; che il padre lo implorava di vendergli la sua musica, cosa che egli avrebbe fatto e che i Mozart avrebbero pagato “senza fiatare”; che lui, comunque, gli avrebbe dato “solo gli scarti” e che da quel momento avrebbe scritto per il “piccoletto” che, in tal modo, si faceva bello della sua musica, mangiando a sue spese. L’unica paura che l’autore della missiva aveva era che il ragazzo vanitoso potesse spifferare “quel che dovrebbe restare segreto…”.

14) Cfr: Marco Murara- Mozart Le cronache- Appunti dì viaggio dì Leopold e Wolfgang Mozart, 11 febbraio-12 marzo 1771-vol. primo- 2021- Zecchini Editore- pag. 314 e nota 5; Agostino Taboga- Una proposta biografìca-L’esordio a Venezia- 27/04/2018. In questa circostanza, i Mozart ottennero da Luchesi copia del concerto in fa magg. per tastiera ed orchestra d’archi che adotteranno sistematicamente nella loro scuola a Salisburgo e per il quale Wolfgang scriverà una cadenza, raggruppata nel novero delle composizioni con la sigla -k 626 a (cfr. A. Taboga cit- Una proposta biografica- Andrea Luchesi- L’esordio a Venezia cit.; cfr. anche Riccardo Di Pasquale- La proprietà intellettuale nelle cappelle musicali del ‘700- pag. 97). Questo lavoro fu pure utilizzato dalla sorella di Wolfgang, Nannerl, che doveva studiarlo ‘‘assiduamente” (cfr. lettera di Leopold alla moglie in data 16 dicembre 1774 in Marco Murara-biografiadi Wolfgang Amadeus Mozart- Zecchini Editore 2018- pag. 259 e nota 15; anche L. Bianchini ed A. Trombetta cit. cop. cit. pag. 430).

15) La Gazzetta di Milano del 2 gennaio 1771, a proposito della prima rappresentazione al Regio Ducal Teatro di Milano dell’opera Mitridate, Re di Ponto, composta da Wolfgang, dice che essa ha incontrato “la pubblica soddisfazione… per l’eccellenza della Musica” e che “Il giovine Maestro di Cappella, che non oltrepassa l’età d’anni quindici, studia il bello della natura, e ce lo rappresenta adorno delle più rare grazie Musicali” (cfr. Murara cit. op. cit. pag. 305). Ancora: in una lettera inviata il 3 marzo 1771 dal compositore Johann Adolf Hasse a tale Giovanni Maria Ortes, Hasse esprime concetti lusinghieri a proposito di Wolfgang, affermando che “Il giovane Mozard è certamente portentoso per la sua età” (cfr. Murara cit. op. cit. pag. 317; Sandro Cappelletto-Mozart-Scene dai viaggi in Italia-il Saggiatore 2020-pag. 231 ). Ancora: il Corrispondente della Zeitung des Hamburgischen, in data 27 marzo 1771, evidenzia che a “Venezia il “giovane Mozart, un noto suonatore di cembalo di 15 anni, si è fatto sentire pubblicamente… e ha suscitato l’attenzione “e la meraviglia di tutti gli intenditori di musica.- Un esperto musicista gli ha dato il tema di una fuga che egli, nel giro “di un’ora, ha elaborato subito con tanta sapienza, rapidità e armonia ed in maniera così giusta ed esatta nel tempo, che “anche i più grandi conoscitori sono rimasti stupefatti. Ha composto un’intera opera per il teatro di Milano, che ivi è “stata messa in scena durante lo scorso carnevale” (cfr. Murara ciot. op. cit. pag. 317 e Sandro Cappelletto- Mozart- Scene dai viaggi in Italia- il Saggiatore 2020- pagg. 228-229). Ancora: in una relazione sullo stato attuale della musica in Francia ed in Italia del 1771, l’autore dice di avere “incontrato il sìg. Mozart e suo figlio, il piccolo tedesco, ì cui talenti precoci e quasi soprannaturali ci meravigliarono a Londra alcuni anni fa, quando era a mala pena uscito dalla sua infanzia. Dal suo arrivo in Italia è stato assai ammirato a Roma e a Napoli; …è stato ingaggiato per comporre un’opera per Milano per il prossimo carnevale” [il Lucio Siila KW 135] (cfr. Murara cit. op. cit. pag. 341 e nota 4). Ancora: negli appunti di tale Charles Bumey, datati 1771 si legge, a proposito di Mozart, di “improvvisazione ed esecuzione a prima vista”, di una composizione su un dato soggetto e della “conclusione di una composizione iniziata da un altro” (cfr. Murara cit. op. cit. pag. 342). Ancora: in una nota del 24 febbraio nel diario di Pietro Gradenigo si legge, a proposito di una esecuzione di Wolfgang del 5 gennaio 1770 a Verona: “non arriva esso all’età di anni 13, e pure nella sua professione di Musica lascia di molto indietro li più provetti…suonò a prima vista un concerto di Cembalo…” (cfr. Cappelletto cit. op. cit.- pag. 230). Ancora: il 13 marzo 1771, Giuseppe Ximenes, marcherse d’Aragona, commissiona a Wolfgang la composizione dell’oratorio La Betulia liberata (cfr. Cappelletto cit. op, cit. pag.234). Ancora: in data 17 agosto 1771,a Venezia, contratto notarile per la composizione di un’opera da parte di Wolfgang per la stagione del carnevale di Venezia, anche se poi l’opera, di cui non si conosce il titolo, non verrà composta (cfr. Cappelletto cit. op. cit.- pag. 249.

16) Musica sacra (Oratori- Messe- Kyrie- Offertori- Litanie- Mottetti); Sonate da chiesa: Musica teatrale (Apollo et Hyacinthus; Bastien und Bastienne- La fìnta semplice; Mitridate re di Ponto; Ascanio in Alba-); Lieder: Arie e Recitativi: Minuetti e pezzi vari per pianoforte: Sonate per violino e pianoforte: Cassazioni: Sinfonie: Rielaborazioni di sonate di altri compositori (cfr. Henri Gheon- Mozart- Lit Edizioni srl- 2014- pagg. 343 ss).

17) Come detto a pag. 1, gli autori della pubblicazione cercano di collocarle presumibilmente all’ultimo ventennio del XVIII secolo o a qualche anno dopo rispetto a quella del 23 dicembre 1771 di cui sopra.

18) Altra stranezza è che questo inciso è scritto non in tedesco, come il resto della missiva, ma in dialetto veneziano, dialetto certamente ignoto al destinatario!

19) Fra l’altro non proprio calzante con Haydn: mentre non è certo se la moglie effettivamente lo tradisse, è invece provato ed era notorio il fatto che fosse il musicista ad avere un’amante nella cantante italiana Luisa Polzelli dalla quale, pare, avesse avuto pure un figlio naturale, Antonio).

20) A parte ogni altra considerazione, a fare la differenza è lo stile, il codice genetico compositivo dei due musicisti. All’ascolto le sinfonie di Luchesi, per quanto ben fatte e ben strutturate, non si discostano di molto dai lavori dei suoi contemporanei (Sammartini, musicisti della scuola di Mannheim ed altri), lavori che non vanno al di là di una “levigata piacevolezza” (cfr. Ferruccio Tammaro- La sinfonia classica- Mursia 1996- pag. 201). Con Haydn, invece, la sinfonia riesce a nascondere “una nuova complessità di strutture, vale a dire un solido telaio formale in grado di personalizzare i propri lavori…” e facendo “di ogni sinfonia un unicum quasi sempre dotato di qualche novità e di qualche singolarità degna di nota” (cfr. Tammaro cit. op. cit. pag. cit.). E questo nuovo telaio (che si applica, di regola, ai primi tempi di sonata, che dà vita ad un vero e proprio processo logico del discorso musicale < esposizione- sviluppo- ripresa- coda> e che verrà utilizzato pure dai compositori successivi) è costituito dalla forma-sonata che, anche se conosciuta come forma musicale in ambito settecentesco, con Haydn assume le caratteristiche di un vero e proprio linguaggio codificato. Scendendo nello specifico, è stato affermato che mentre la maggior parte dei compositori della fine del settecento facevano uso di una struttura bitematica (inserendo due temi, il primo alla tonica ed il secondo alla dominante, per cui usavano un tema nuovo quando modulavano “alla dominante”), Haydn invece, di regola, utilizza il primo tema, anche quando cadenza alla dominante (cfr. Charles Rosen- Le forme sonata- EDT 2011- pag. 5). Pertanto “la prassi haydniana si distaccava…nettamente dalle abitudini generali” (cfr. Rosen cit. op. cit. pag. cit. e pag. 6). Ed oltre al “monotematismo”, altra caratteristica di Haydn, che si nota spesso nei suoi lavori sinfonici (e non solo) è quella della “falsa ripresa”, ossia di “un’apparente anticipazione ne! corso dello “sviluppo” della “ripresa” vera e propria” (cfr. Tammaro cit. op. cit. pag. 214). Da notare che pesanti argomentazioni critiche vengono fatte dai sostenitori di Luchesi anche sul conto di Mozart (alcune delle più importanti sinfonie non sarebbero state scritte da quest’ultimo, ma dal primo), a sostegno delle cui teorie vengono posti scritti ritenuti di provenienza luchesiana (come due delle missive di cui sopra) o le asserite falsificazioni di firme in calce a copie di sinfonie scoperte nel fondo Luchesi presso la Biblioteca Estense di Modena. Se questo fosse vero si dovrebbe ritenere, fra le altre cose, che Luchesi aveva la capacità di “imitare” gli stili di musicisti come Haydn e Mozart (e forse anche di altri, chissà..!!!), il cui diverso dna compositivo, invece, si percepisce, all’ascolto, sin dalle prime battute.

21) Cfr. nota 17.
22) Dapprima come violista, per poi passare nel 1782 come vice-organista sotto l’insegnamento di Neefe ed essere inquadrato come organista nel giugno dello stesso anno: cfr. anche Piero Buscaroli cit. op. cit. pag. 100, 104-105,109; Alberto Basso- Storia della musica dalle origini al XX secolo- voi. 2°- UTET 2006- pag. 930; Jan Caeyers op. cit. pag. 47.
23) Nato nel 1740, iniziò a far parte dell’organico della cappella di Bonn, come cantante nel 1752, a 12 anni, per poi essere mandato prematuramente in pensione con decreto del principe del 20 novembre 1789 (cfr. Jan Caeyers-Beethoven- Ritretto di un genio- Mondadori 2020- pagg 26 e 28).
24) (cfr. Giovanni Guanti- Invito all’ascolto di Beethoven- Mursia 1995- pag. 47)
25) Cfr. Caeyers cit. op. cit. pag. 34.
26) Quando Beethoven entrò a far parte della Cappella musicale di Bonn -cfr. nota 22-, aveva comunque degli studi alle spalle, anche se discontinui ed alquanto approssimativi, compiuti sotto la guida di alcuni maestri (l’organista van der Eaden- altri organisti di chiese locali- il padre Johann ed altri insegnanti della cerchia familiare, quali il violinista Franz Rovantini e tale Tobias Pfeiffer: cfr. J. Caeyers cit. op. cit. pagg. 37-38 e L. Chiantore- Beethoven al pianoforte- Saggiatore 2014 pag. 32; A. Basso cit. op. pag. cit.). Tanto da essere assunto, come visto, come violista e, poi, inserito nell’organico come vice organista.
27) Fra gli altri, un violoncellista della Cappella, tale Bemhand Joseph Maeurer, avrebbe dichiarato che un primo lavoro giovanile di Beethoven (la cantata in morte del ministro inglese George Cressner del 1781) sarebbe stato corretto da Lucchesi e per suo volere eseguito nella Cappella di Corte.
28) Si ha l’impressione che chi ha scritto detto documento lo abbia fatto con la deliberata volontà di screditare il giovane Beethoven. Infatti il nome dell’allievo (Ludovico); il fatto che il ragazzo Beethoven, dal 1780-81 in poi, prestasse la sua attività presso la cappella musicale di Bonn, il cui kapeilmeister era Luchesi; L’ avere dato del padre dell’ allievo una immagine del tutto corrispondente a quella di Johann van Beethoven, sono tutti indizi talmente gravi, precisi e concordanti da condurre al giovane Ludwig van Beethoven.
29) Che, per essere attendibili, affidabili ed in grado di rivoluzionare davvero la storia della musica, dovrebbero basarsi su fonti e testimonianze di certa e sicura provenienza, in modo da essere incontrovertibili.
30) Quella recante la data “23 dicembre 1771” e le altre due, senza data, scritte in tedesco.

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