La Ricerca diventa Arte – Una nuova vita per le compositrici del tempo di Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura della pianista professoressa Antonietta Cappelli – Jeanne-Louise Dumont Farrenc
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Louise Farrenc (Parigi 1804 – Parigi 1875)
Compositrice e pianista francese talentuosa, che si è scontrata con le convenzioni del suo tempo per affermarsi come musicista professionista.
Il critico Maurice Bourget, da La Bruyères del 1847 riporta un pensiero molto chiaro della società dell’epoca: “la gente considera una donna istruita come un’arma magnifica: artisticamente lavorata, ammirevolmente lucidata e di ottima fattura; un oggetto da collezione da esporre ai curiosi ma, che non ha alcuna funzione né per la guerra né per la caccia così come un cavallo di equitazione, anche se fosse il più addestrato del mondo”. Continua scrivendo che tale pensiero è di una società post-barbara e sferra una lancia in favore di Louise: “ … non è stata la prima donna a scrivere sinfonie ma i suoi colleghi maschi, se avessero scritto sinfonie al pari delle sue, ne sarebbero stati orgogliosi”.
Louise visse immersa nell’arte: suo padre, Jacques-Edme Dumont (1761-1844), era uno scultore di successo. Così lo erano stati anche i suoi avi.
Per volere dei genitori, Louise iniziò prestissimo a prendere lezioni di pianoforte da Cecile Soria, un’allieva di Muzio Clementi. Non fu una bambina prodigio ma, una fanciulla che ebbe la fortuna di essere guidata da virtuosi dell’epoca: il compositore boemo Ignaz Moscheles e lo slovacco Johann Nepomuk Hummel, allievo prediletto di W.A. Mozart, compagno di studi di Ludwig van Beethoven al tempo di Joseph Haydn.
A quindici anni fu accettata come studentessa di composizione di Reicha, direttore del Conservatorio di Parigi. Se abbia o no frequentato le lezioni in Conservatorio, non è certo, visto che l’accesso a tale luogo spettava agli uomini… Proprio al Conservatorio conobbe il flautista Aristide Farrenc, che sposò dopo due anni. I due iniziarono a suonare in duo ma, poiché Aristide non amava viaggiare, mentre Louise continuava i suoi studi di composizione e l’attività concertistica, avviò l’attività di editoria. Erano gli anni Trenta dell’Ottocento, Louise divenne celebre come pianista. La sua produzione compositiva fu perlopiù pianistica e suo marito la incoraggiò a comporre e a proseguire la sua attività concertistica.
Robert Schumann, nel 1836, scrisse: “Se un giovane compositore mi presentasse delle variazioni simili a quelle di L. Farrenc (op. 17), gli farei i miei complimenti per la felice disposizione d’animo e la solida educazione, di cui questi pezzi testimoniano in ogni pagina. Ho appena appreso dell’identità del musicista, o meglio della musicista, moglie del celebre editore musicale di Parigi, e temo che queste righe incoraggianti avranno difficoltà a giungere alla sua conoscenza. Si tratta di piccoli studi vivaci e piccanti, forse ancora ultimati sotto l’occhio del maestro, e tuttavia così fermi nei tratti, così sapienti nell’esecuzione, così rifiniti in una parola, che ti tengono incantato, tanto più perché emanano un leggero profumo romantico. I temi si prestano meravigliosamente a variazioni; l’autore li sviluppa in canone e non si tira indietro nemmeno davanti a una vera e propria fuga con soggetto, controsoggetto, ecc., e tuttavia ovunque si può distinguere una grande leggerezza di mano e una felice verve melodica. »
Nel 1842 fu nominata docente di pianoforte al Conservatorio di Parigi: Unica donna! Tenne l’incarico fino al 1873. Seppur fosse stimata e famosa, il suo stipendio era inferiore a quello dei suoi colleghi maschi. Tutto fino al 1849, anno della composizione della Sinfonia n.3 in SOL minore op. 36, un brano osannato dalla Société des Concerts du Conservatoire. A consacrare la sua gloria, un anno dopo, fu il suo “Nonetto” in MI bemolle maggiore op. 38. Arrivò l’aumento dello stipendio: fu equiparata ai suoi colleghi. La prima volta per una donna Accademica!
Le giornate a casa Farrenc erano piene di musica e non mancarono momenti bui (come la morte dell’unica figlia), l’attività editoriale dava buoni frutti, le composizioni di Louise godevano di buona fama, l’insegnamento in conservatorio e la vita coniugale andavano a gonfie vele; Louise e il marito si imbarcarono nella ricerca di importanti composizioni antiche per clavicembalo e le pubblicarono (Luoise continuò gli studi, anche dopo la morte del consorte, e li terminò): una ricca antologia, denominata Le Trésor des Pianistes.
Fétis, nella sua Biographie des Musiciens, scrive:
“La signora Farrenc avrebbe forse limitato la sua carriera a quella di una buona insegnante di pianoforte se suo marito, ardente e convinto del merito delle sue produzioni, non avesse usato tutta la sua influenza per incitare la sua verve produttiva e per vincere la sua riluttanza a far ascoltare le sue opere. E sarebbe stato un vero peccato se il suo talento per la composizione fosse rimasto sconosciuto; solitamente […] l’ispirazione e l’arte della scrittura hanno proporzioni maschili. La sua testa ha la forza progettuale di un maestro consumato. I migliori artisti che hanno eseguito o ascoltato le sue opere gli hanno reso giustizia…
Proprio come testimonia Fètis, la produzione compositiva di Louise era molto apprezzata ed eseguita nei salotti e teatri Parigini, seppur considerata classica e troppo ‘tedesca’, troppo simile a Beethoven e Mendelssohn. Poi, una donna che componeva musica per orchestra o piccoli organici… era sconveniente! Ma Louise non poteva arrendersi e infatti continuò a scrivere i brani cameristici, eseguiti regolarmente e che la videro trionfare, nel 1861 e nel 1869: vinse il premio Chartier, organizzato dalla Académie des Beaux-Arts.
Morì il 15 settembre 1875. E fu presto dimenticata.
Il Notturno in Mi bemolle è un esempio della maestria compositiva della Farrenc. Osservando lo spartito si nota subito che la scrittura è scarna dal punto di vista delle agogiche e delle fioriture che contorneranno i Notturni di Chopin oppure di Listz. Poche dinamiche e passaggi dal piano al forte (e viceversa) senza l’uso del crescendo. Tutti elementi che richiamano la musica classica.
Il brano si apre, un’introduzione di 7 battute, timidamente sull’accordo perfetto in Mi bemolle, transita sul quarto grado diminuito, si porta sul quinto grado e risolve in MI bemolle. Il Notturno inizia a battuta n.8 con il tema che dominerà sul brano, sempre variato. Oltre al tema principale, il brano presenta tante idee tematiche ed eterogenee: richiama molto l’improvvisazione e pertanto somiglia molto a una fantasia. Suonando il brano si avverte che il passaggio da una sezione ad un’altra è sempre percepibile perché, come avviene nella musica classica, predomina la cadenza perfetta. Anche la scrittura appare molto misurata, tipica di una persona che ha dominio della teoria musicale e delle regole armoniche. Non mancano le dissonanze e la ricerca sonora tipica del Romanticismo, così come una forma ‘liberata’ ma non troppo libera di canoni classici. La cadenza finale richiama le sonate classiche.
Ascoltando il brano, non si possono non avvertire gli influssi della scuola tedesca e sonorità che richiamano Mendelssohn, Brahms e Chopin. Nel suonare il Notturno ho voluto enfatizzare alcuni passaggi, per rendere percepibile il passaggio da un sezione ad un’altra. Potrebbe essere suonato in diversi modi ma, a mio avviso, è importante far emergere il carattere scanzonato e libero, celato da una scrittura ligia e tendente al virtuosismo.
A sottolinear le mie impressioni, ecco un estratto da Le Ménestrel, 22 luglio 1877, Les pianistes célèbres, Silhouettes et médaillons, XVI, Madame Farrenc
La signora Farrenc apparteneva a quella cappella di credenti esclusivi che non volevano mai abbandonare la strada tracciata dai maestri né liberarsi dalle leggi da loro riconosciute, adottate, insegnate. L’amore per il nuovo, la febbre dell’ignoto non hanno mai avuto presa su queste nature, la cui fede robusta, la loro devozione per così dire chiusa, respingono come eresia tutto ciò che si discosta dai principi assoluti dell’arte pura.
[…] Crediamo di adempiere a un dovere e di saldare un debito di cuore e di fratellanza dedicando queste pagine di ricordo all’eminente artista, la cui vita modesta e laboriosa resta una lezione in quest’epoca di pubblicità, studi superficiali e ciarlataneria. Questo omaggio di simpatia è ampiamente giustificato dalle molteplici qualità dell’artista che, grazie alla sua energica volontà, ai suoi studi tenaci e pazienti, ha saputo acquisire conoscenze musicali che nessuna donna prima di lei aveva posseduto allo stesso grado. Dobbiamo onorare quelle belle nature che amano l’arte per i puri piaceri del cuore e della mente, per sé stessa, in una parola; che hanno una preoccupazione mediocre per la gloria e la fortuna e marciano coraggiosamente verso la conquista dell’ideale, senza altro movente che l’ardente amore per la bellezza.
Chissà quante donne ancora aspettano di essere ricordate e se basteranno poche righe per riportarle alla luce…
Bibliografia
Bea Friedland, Louise Farrenc, 1804-1875: composer, Perfirner, Scuola. Umi Research Press, 1980. 269 pp. ISBN 0-8357-1111-0.
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