Entwickelnde Variation nell’Intermezzo op. 117 n. 2 di Johannes Brahms
Forma e significato di una tecnica romantica
Carlo Bianchi
Con l’espressione entwickelnde Variation si intende un procedimento in base al quale il motivo iniziale di un brano o di una qualche sezione interna viene elaborato in modo consequenziale e graduale incidendo sull’articolazione della forma. Nel richiamare opere del periodo classico-romantico di area mitteleuropea, questa ‘variazione-sviluppo’ (o ‘in divenire’) va altresì ricercata nella scrittura di casi specifici perché quel repertorio comprende una grande varietà di tipi formali, con le rispettive implicazioni estetiche. Nell’Intermezzo op. 117 n. 2 di Brahms, essa determina fin dall’inizio e in modo stringente una struttura peculiarmente modificata rispetto ai modelli classici viennesi, a livello di soluzioni armoniche, rapporti motivico-tematici e fra le sezioni della forma, sebbene la tonalità rimanga salvaguardata, come sempre, fino all’ultimo Brahms, a differenza di quanto accade negli stessi anni con certe opere di Liszt e Wagner.
È dunque il romanticismo crepuscolare brahmsiano a risultare illuminato nelle sue caratteristiche specifiche di linguaggio, ma anche nel suo significato poetico, in questo caso persino extra-musicale, data un’ispirazione letteraria che rende l’Intermezzo quasi un Lied senza parole – a testimonianza di una prosa musicale che da tempo la critica ha sottratto a un’etichetta meramente ‘formalista’ di pari passo con certe revisioni del pensiero di Eduard Hanslick. Infine, o forse prima di tutto, un’analisi condotta tramite la entwickelnde Variation come strumento per una simile collocazione storico-culturale si rende utile perché quel concetto analitico è stato coniato da Arnold Schönberg senza ricorrere a spiegazioni davvero esaurienti. In qualità di teorico e insegnante, nonché nelle intersezioni con il suo profilo di compositore d’avanguardia, egli per primo aveva parlato di entwickelnde Variation come del più alto procedimento della costruzione musicale a partire dalle forme classiche viennesi, analizzando a titolo di esempio l’inizio della Quinta di Beethoven e alcune opere proprio di Brahms, autore da lui prediletto.
Queste brevi analisi tuttavia restituiscono definizioni alquanto generiche invocando ogni volta ulteriori esempi e tentativi di interpretazione – che infatti non sono mancati nel panorama musicologico internazionale.[2] Nel volume Fundamentals of Musical Composition che sistematizza le concezioni schönbergiane delle forme classiche, la Developing Variation viene riferita alle segmentazioni fraseologiche di base successive al motivo di due battute: «nelle successione delle varie forme-motivo ottenute variando il motivo originario, c’è qualcosa che può essere paragonato allo sviluppo, alla crescita di un organismo».[3] Definizione che però viene corredata tanto da temi principali dei classici viennesi quanto da certe re-interpretazioni brahmsiane di fine Ottocento (Sonata per violoncello op. 38, quarta Sinfonia) con l’effetto di sottacere la distinzione fra la variazione-sviluppo di questi passaggi e i modelli precedenti.
Era stato più esplicativo qualche anno prima il saggio Brahms the Progressive,[4] nel quale Schönberg evidenzia, fra gli aspetti da lui ritenuti innovativi della forma brahmsiana, le irregolarità nell’elaborazione del motivo iniziale di alcuni Lieder, dei Sestetti per archi op. 18 n. 1 e op. 36 n. 2, e dell’Andante del Quartetto op. 51 n. 2. Esempio quest’ultimo in cui Schönberg maggiormente si dilunga evidenziando slittamenti metrici di motivi che scaturiscono dai medesimi intervalli e che quindi egli riconduce tacitamente al principio di variazione-sviluppo.[5] Ciò che però non viene esplicitato è l’inaudito grado di intensità cui Brahms porta l’elaborazione motivica a livello di forma complessiva, qui come in altre opere, anche di brevi dimensioni. Schönberg cita solo brevi frasi tematiche. Oppure certi espedienti armonici che, per quanto individuati correttamente, non costituiscono il principale contributo di Brahms ai linguaggi di quel periodo
Non è chiaro se in Brahms the Progressive Schönberg abbia tralasciato di indicare proprio la entwickelnde Variation come aspetto precipuo solo per banali ragioni di spazio o, più probabilmente, perché essa, giudicata fondamento della composizione classica, sotto la mano di Brahms determina un progresso interno a macro-forme apparentemente tradizionali e tonalità sostanzialmente stabili. L’ammirazione di Schönberg per Brahms sconfinava nell’identificazione personale, al punto da avvertirlo infine come un proprio predecessore, similmente a quanto era avvenuto in precedenza con Wagner.[6] Nel vedere in Brahms un precursore di sé stesso e del Novecento, Schönberg avvertiva la necessità di ritrovarvi procedimenti che non sembrassero meno avveniristici appunto rispetto a quelli wagneriani, finendo col perseguire criticabili analogie fra i due quando non sorprendenti inversioni di ruoli. Ad esempio, la strategia leitmotivica delle opere di Wagner viene definita «preveggenza organizzativa» onde sottrarre Brahms alle critiche di accademismo e formalismo rivoltegli dai sostenitori wagneriani.[7] E gli esempi a suffragio di un Brahms innovatore dell’armonia tanto quanto Wagner, se non adeguatamente contestualizzati, distolgono tanto dalle innegabili strutture tonali del primo, quanto dalle sperimentazioni del secondo.[8]
Paradossalmente, la chiave per comprendere l’importanza di Brahms nel Romanticismo più avanzato è proprio la variazione-sviluppo che Schönberg non tratta in Brahms the Progressive. All’epoca di quella conferenza radiofonica, nel 1933, egli aveva raggiunto un apice da oltre dieci anni nel trattamento consequenziale degli elementi posti all’inizio della composizione, con l’invenzione del metodo dodecafonico. In seguito, invocando i modelli brahmsiani come legittimazioni del proprio atto creativo, in Fundamentals accosterà addirittura l’inizio del secondo movimento del Quartetto op. 51 all’inizio del suo op. 7.[9]
Il problema è che nel corso dell’Ottocento la variazione-sviluppo, intesa come principio ‘organico’, secondo una metafora allora assai diffusa, si iscrive in una generale tendenza alla ripetizione progressivamente trasformata da parte di compositori come appunto Wagner che trascendono assai più di Brahms le forme e i linguaggi classici sfruttando non tanto l’elaborazione delle forme-motivo bensì armonia, strumentazione e timbro (fino agli estremi raggiunti di lì a poco da Debussy e Skrjabin con certe forme sciolte massimamente ‘in divenire’, convergenze fra i parametri della scrittura e alchimie del suono che per altri versi si ritrovano nelle opere e nelle riflessioni di Busoni). La differenza risiede nel grado di intensità a cui vengono portati ogni volta i rispettivi procedimenti di trasformazione e nella tipologia-quantità di parametri coinvolti in queste nuove declinazioni della forma. Al tempo del Romanticismo musicale ormai decadente, esiste certo uno Zeitgeist che accomuna Brahms a Wagner, ma che leggendo Schönberg si può cogliere in quanto principio di graduale sviluppo formale proprio se si considera che le sue analisi astraggono dalla struttura complessiva dell’opera
Es. 1
Ad esempio, nel saggio Criteria for the Evaluation of Music la variazione-sviluppo brahmsiana viene contrapposta a procedimenti wagneriani detti «sequenza o semi-sequenza» ossia mere ripetizioni identiche solo leggermente variate o trasposte.[10]
L’idea surrettizia di un Wagner meno progressivo di Brahms viene esacerbata dal «minor merito» che Schönberg ascrive a questo procedimento (quantunque «fortemente invocato dall’arte della composizione»).[11] Senonché, per corroborare il suo giudizio, egli si limita a riportare poche battute del Tristano (es. 1). L’accostamento fra il motivo di due battute Befehlen liess dem Eigenholde cantato dal soprano all’inizio del I atto (4/4) e le sette battute con cui esordisce il Preludio orchestrale (6/8) non può bastare ovviamente per descrivere i procedimenti di lunga trasformazione tipici dei Leitmotiv wagneriani. Anche solo nei Preludi, il trattamento armonico scongiura cesure cadenzali, veicolando ripetizioni e variazioni motiviche invero minime, eppure rese appunto progressive, anche dal graduale ispessimento della texture orchestrale (nel Preludio dell’Oro del Reno il principio di stratificazione precorre quanto mai il Novecento), e infine dirette a un punto culminante che suggella una continua espansione (la ‘melodia infinita’).
Nell’analizzare parimenti in Brahms esempi astratti dalla struttura generale, Schönberg non evidenzia i reali punti di contatto fra certi superamenti delle segmentazioni classiche per come si verificano nella melodia infinita wagneriana e quelli di una forma brahmsiana che confonde sempre più l’ossatura classica, eredita soprattutto da Beethoven nelle sue strutture di contrasto, con la ripetizione trasformata da un’elaborazione motivica che quasi non trova pari fra i contemporanei. Già l’ammirato stupore di Wagner al cospetto delle Händel-Variationen op. 24 pubblicate da Brahms all’inizio degli anni 1860 («è dunque possibile scrivere ancora nelle forme antiche, se c’è chi le sa trattare»),[12] testimoniava i due corni del fenomeno. Il riconoscimento di un modello formale del passato, pure avvertito come irripetibile, non poteva misconoscere la coerenza con cui l’Aria händeliana viene sollevata dall’originale matrice settecentesca e proiettata in un reticolo motivico più articolato e circolare, per quanto breve, specie laddove le variazioni sfruttano un’armonia coloristica fra cambi di modo e affinità di terza.[13]
Es. 2a
Circa trent’anni dopo le Händel-Variationen, una pagina come Intermezzo op. 117 n. 2 dimostra che il principio della variazione, senza essere esplicitato, agisce in modo costante e allo stesso tempo più profondo sotto le spoglie della breve forma-sonata indicata dallo schema a p. 7. È qui che la categoria di entwickelnde Variation risulta esplicativa di tutta la struttura. Osservando l’elaborazione costante a cui Brahms sottopone il motivo iniziale, si coglie la continuità fra due aree tematiche apparentemente differenti (A e B) e la susseguente sezione (C) dove la categoria di sviluppo intesa classicamente come Durchführung non fa altro che portare all’estremo gli espedienti variativi già presenti nelle prime battute del brano. Ciò che la variazione ‘in divenire’ modifica è prima di tutto è il modello dei temi principali delle forme classiche. Modello fraseologico a cui lo stesso Schönberg ha dedicato pagine di spiegazioni in Fundamentals of Musical Composition. Proprio quelle definizioni, per certi versi ancora di riferimento nell’odierna teoria delle forme, costituiscono il presupposto per comprendere la strategia brahmsiana.
Es. 2b
Già dalla prima frase di otto battute (es. 2a-2b) si coglie la differenza rispetto alla forma di sentence 4+4 che Schönberg definisce nelle sue analisi delle forme classiche, ma allo stesso tempo una libertà costruttiva che porta all’estremo il principio di variazione rilevato da Schönberg nel medesimo modello. Nel descrivere la «frase» in quanto tipologia classica ideale – detta «forma pratica» – egli riconosce un carattere di variazione improntato alla continuità che la rende una forma di costruzione più ‘alta’ rispetto all’unità di uguale estensione denominata period.
Il «periodo» ha un carattere alquanto stabile, affermativo e conchiuso nel risolvere un contrasto interno sia a livello di aree armoniche, fra dominante e tonica, sia nelle corrispondenze metriche fra due unità di quattro battute.
Come nella «frase» le due unità possono essere genericamente indicate Vordersatz e Nachsatz, ma che danno origine a un ‘prima’ (‘avanti’) inteso come «antecedente» (o domanda) un ‘dopo’ come «conseguente» (o risposta). Tuttavia, nonostante alcune controversie fra i principali teorici tedeschi,[14] nella sentence la prima unità di quattro battute Vordersatz corrisponde a un ‘prima’ inteso come «presentazione», più che come antecedente o addirittura domanda, e il ‘dopo’ del Nachsatz come «prosecuzione», più che come conseguente o risposta. Schönberg nota pertanto che, a differenza del period, la sentence non solo afferma un’idea, ma dà subito inizio a una specie di sviluppo «che costituisce la forza motrice della costruzione musicale, e incominciando subito, indica un’intenzione deliberata».[15]
La frase brahmsiana nell’Intermezzo op. 117 n. 2 si caratterizza sia per uno spiccato carattere di variazione iniziale ma anche nello sfumare la distinzione fra le due unità di quattro battute. Riguardo al primo aspetto, la variazione riguarda la doppia diade che si può rilevare all’acuto degli arpeggi come evidenziato dall’es. 2b (e che richiama l’inizio della IV sinfonia). Le ragioni di questa ‘scrematura’ si possono ritrovare proprio nella definizione di Schönberg ha dato di entwickelnde Variation esplicata successivamente da Carl Dahlhaus. In un saggio su Bach ormai del 1950 Schönberg offre un’ulteriore definizione di entwickelnde Variation come procedimento nel quale
la variazione degli elementi costitutivi di un’unità fondamentale determina tutte le formulazioni tematiche che forniscono da un lato scorrevolezza, contrasto, varietà, logica e unità e, dall’altro, ogni differenziazione necessaria, quindi l’elaborazione del pensiero [sottolineatura nel testo] di un brano.[16]
Dahlhaus ha cercato di specificare tale definizione non solo in merito al concetto di variazione ma anche a quello di «unità fondamentale» (tema, piuttosto che Grundgestalt), nonché di «pensiero», non a caso sottolineata da Schönberg (idea, piuttosto che Gedanke indicante la totalità del brano che il compositore intende presentare).[17] Notando in primis che la categoria di pensiero si sottrae a una definizione rigorosa per via di una scissione interna alla cosa stessa, Dahlhaus giunge alla conclusione che il rapporto fra pensiero e rappresentazione, tema e variazione in sviluppo, Grundgestalt e ricchezza di Gestalten, «è dialettico nel senso stretto del termine». Ne consegue una molteplice possibilità di connettere tema e totalità formale. Ma in che cosa consista la correlazione tra tema e totalità formale a seconda della particolarità dell’opera si può dimostrare, ancora una volta, «affrontando il problema di quale grado di astrazione sia adeguato nel determinare la ‘unità fondamentale’ di un’opera».[18]
Se cioè si tratta di individuare gli aspetti compositivi elementari che il compositore sottopone a variazione, Dahlhaus nota che in questo caso l’astrazione attraverso la quale Schönberg operava sul piano analitico «consiste generalmente nel fatto che l’autentica sostanza della musica è ricondotta a intervalli o gruppi di intervalli» mentre i restanti parametri di ritmo, funzione armonica e delimitazione dei motivi vengono relegati a un livello esterno – di «rappresentazione» e non di «pensiero».[19] La variazione di cui parla Schönberg pare dunque riferirsi agli espedienti di trasformazione di un nucleo intervallare sempre riconoscibile nelle varie declinazioni ritmiche, armoniche e formali. Del resto, oltre agli esempi brahmsiani cui abbiamo accennato, si appunta sulle strutture intervallari una delle definizioni di entwickelnde Variation più tecnicamente circostanziate date da Schönberg, quella relativa al trattamento del primo motivo della quinta Sinfonia di Beethoven (infra es. 22-23).
Nella prima frase dell’Intermezzo di Brahms sono varie le ragioni per isolare fra gli arpeggi un nucleo di quattro note come nell’es. 2b in quanto doppio intervallo inizialmente discendente reb–do/do–sib. Unito all’accompagnamento, questo nucleo forma un tipico motivo-base di due battute che alcuni teorici come Caplin definiscono idea,[20] e che Schönberg definisce «proposizione» (phrase) in quanto minima unità compiuta, a guisa di interpunzione, che però non coincide con le suddivisioni metriche «non riempie esattamente le battute, e nei brani molto lenti può occuparne anche solo mezza».[21]
Inoltre, essendo secondo Schönberg la proposizione «vicina a ciò che si può cantare prendendo il fiato una volta sola»,[22] l’operazione analitica risulta quanto mai appropriata perché sappiamo che gli Intermezzi op. 117 sono di fatto Romanze senza parole, avendoli Brahms concepiti come Wiegenlieder meiner Schmerzen («ninne-nanne dei miei dolori»).[23] La partitura assegna valori più lunghi solo ad alcune note della mano destra per esigenze di accentuazione ritmica e intersezione armonica.
La variazione di questo nucleo intervallare determina una tipologia di frase che non rispetta la suddivisione della «forma pratica». Schönberg aveva rilevato procedimenti analoghi non solo in Brahms the Progressive, ma anche in Fundamentals (la Sonata per violoncello e pianoforte op. 38 e quella per violino e pianoforte op. 78). Quantunque estrapolati dalla struttura generale, questi passaggi testimoniano che la sua ammirazione scaturiva tanto da una continua variazione delle proposizioni che sfrutta intervalli ricorrenti, quanto da segmentazioni interne che egli vede come una liberazione dalle restrizioni del modello classico. Le peculiari posizioni che talvolta le proposizioni brahmsiane assumono per via di slittamenti metrici quasi impercettibili sono definite «bellezze sottocutanee» nell’inizio dell’Adagio del Quartetto op. 51 n. 2. D’altronde, sempre in quell’inizio, egli nota che l’unità generale di otto battute «viene preservata in quanto principio estetico nonostante la grande libertà costruttiva».[24]
Anche la prima frase dell’Intermezzo preserva l’unità generale di otto battute ma allo stesso tempo evita ripetizioni e non lascia distinguere una Vordersatz–Nachsatz presentazione-prosecuzione. Beninteso, qualora la forma «pratica» di frase venisse considerata 2×2+4, cioè un modello di due battute ripetuto e seguito da uno sviluppo di quattro battute,[25] la costruzione brahmsiana sembrerebbe quasi attenersi a quella forma. Quantunque il modello di due battute venga subito variato e non ripetuto, infatti, persiste un segmento iniziale di quattro battute suddiviso simmetricamente cui seguono quattro battute (5-8) formate da una successione di motivi leggermente ampliati che suggeriscono un nuovo sviluppo figurale. E tuttavia, la continua elaborazione non solo scongiura ripetizioni ma anche cadenze interne fra tonica e dominante:
ulteriore caratteristica precipua del modello di sentence (e anche del period seppure con le citate differenze).[26] La dominante viene raggiunta solo alla fine della frase, come preparazione alla ripresa. Inoltre, una forte salienza percettiva del motivo n. 3 conferisce maggior risalto alla prima parte, più che alla seconda. Secondo il modello ideale invece, alla stabilità del Vordersatz dovrebbe seguire nel Nachsatz un aumento della tensione, in corrispondenza di un breve sviluppo-liquidazione.
L’importanza del motivo 3 è confermata dalla sua progressione-elaborazione. I motivi nn. 5-6 suonano quasi già come una liquidazione che chiude un primo percorso ad arco, più che sancire l’inizio di uno sviluppo. La maggiore tensione nel Nachsatz ‘ideale’ scaturisce da ampliamenti e contrazioni delle figurazioni unite a un incremento del ritmo armonico: ma talvolta invece da una stasi del secondo al cospetto del proliferare delle figurazioni motiviche. Ad esempio, la prima frase dell’Appassionata di Beethoven termina su una dominante prolungata a sostegno della ridda di motivi ‘del destino’. E anche in Brahms la dominante raggiunta a b. 6 viene prolungata tramite un salto di ottava al basso deprivato della ‘direzionalità’ che caratterizza i bassi precedenti. Il motivo n. 7 ‘rilancia’ lo sviluppo sfociando in una cadenza dominantica a bb. 8-9 che costituisce la cesura principale della sezione A. Segue la ripresa del motivo 1 e di tutta la frase. Se tale strategia può richiamare quella del primo tema dell’Appassionata, la frase si dimostra originale appunto nell’elaborazione priva di cadenze interne I-V e nel climax-progressione del motivo 3. Brahms aveva strutturato in modo molto simile l’incipit della quarta Sinfonia (es. 3) che Schönberg riporta nei Fundamentals come esempio di forma-motivo più ampia rispetto alla phrase,[27] anche se non accenna alle ragioni armoniche – le successioni per terze – che lo hanno indotto a includere quel passaggio in Brahms the Progressive.
Es. 3
Il peculiare trattamento motivico nella sezione A dell’Intermezzo è evidenziato dagli es. 2b e 4b sull’onda della Formenlehre di cui Schönberg, come teorico, proseguiva la tradizione. Allo stesso tempo, tuttavia, la scrematura della notazione richiama un principio riduzionistico di impronta schenkeriana – quantunque qui non ortodosso. In tal modo, i grafici intendono anche evidenziare e sfruttare i punti di contatto fra due teorie che notoriamente si differenziano nel considerare la forma rispettivamente come successione di sezioni con l’eventuale relativa funzione (Schönberg) e come sovrapposizione di strati (Schenker) ma sono accomunate altresì da una concezione organica dell’opera, nonché dal principio secondo cui l’analisi musicale, in generale, consiste nel ridurre la notazione a elementi più semplici.[29]
Es. 4a
Es. 4a cont.
Es. 4b
Dagli arpeggi non viene solo scremata la doppia diade, con le sue ripetizioni variate, ma anche la sistematica imitazione dell’intervallo iniziale alla mano sinistra. Viene mantenuto il basso, mentre le armonie sono indicate tramite gradi e cifratura. Dai due grafici risulta evidente non solo la continua elaborazione del nucleo iniziale, ma anche come la seconda frase costituisca una variazione-sviluppo della prima con caratteristiche che rinnovano la tipologia classica di ripetizione variata. La maggiore lunghezza scaturisce da un arricchimento della tavolozza armonica e un ampliamento delle variazioni figurali che determina un allargamento della texture. Ulteriore diversificazione degli intervalli melodici e delle armonie che si intreccia infine con una ripetizione trasposta della ‘prosecuzione’ (da bb. 15-16). Complessivamente, la frase più che una ripetizione variata è una graduale espansione, che inizia dal motivo n. 3. Esso risulta ancora più ‘saliente’ non solo tramite un ulteriore allargamento registrico che porta al sib², ma anche tramite un’armonia di settima secondaria costruita su do (che comporta quindi una tonicizzazione verso fa, per via del mi♮). La susseguente progressione di settime corrisponde a quella della prima frase con la differenza che si tratta appunto di dominanti secondarie. L’ampliamento figurale, che nella prima frase portava all’armonia di dominante, nei motivi nn. 5-6 della seconda frase viene sostenuto da un’armonia più cromatica: una sesta tedesca in secondo rivolto che risolve ‘regolarmente’ sulla tonica in quarta-sesta e poi dominante del motivo n. 6. Il motivo n. 7 trasforma il corrispondente della prima frase tramite un V del V. Espediente che serve per un’ulteriore proposizione del motivo (n. 8) e quindi una ripetizione variata delle ultime quattro battute e della cadenza finale.
Un approccio riduzionistico sostenuto da un’analisi armonica molto dettagliata risulta efficace non solo per comprendere la funzione strutturale del motivo iniziale ma anche del principio di ‘appoggiatura’ in senso lato che genera le diadi – inteso come successione fra due note con un marcato grado di direzionalità, dalla prima verso la seconda, che altresì oscilla continuamente con i rispettivi ruoli armonici. Tale principio si evince da alcuni grafici dello stesso Schenker ripresi criticamente da Allen Cadwallader,[30] e la cui struttura fondamentale è stata riportata da Peter H. Smith (infra es. 21).[31] Schenker antepone al primo reb un ipotetico segmento discendente (fa–mib–reb) su un basso altrettanto ipotetico (fa) proprio per evidenziare l’ambiguità di questa prima nota (es. 5). Risuonando isolato, il reb si appoggia al do sottendendo diversi ruoli. Nell’ipotizzare la sua funzione di nota estranea su un’armonia di dominante (fa) Schenker indica il ruolo che il reb assumerà nella ripresa del primo nucleo a bb. 8-9 (appoggiatura / ritardo armonico) e nella macro-ripresa A’ a bb 59-60. (nota di passaggio [infra es. 18]).
Es. 5 [riprodotto per gentile concessione © Oxford University Press]
Es. 6 [riprodotto per gentile concessione © OUP]
Cadwallader suggerisce che il reb potrebbe essere avvertito come terza dell’accordo di tonica (es. 6). Anche in tal modo, esso anticipa i rapporti che si stabiliscono fra le note del nucleo e l’armonia nel corso della sezione A. La prima nota della diade infatti è sovente una nota appartenente all’armonia sottostante. Una riduzione del nucleo che elimini la nota ribattuta può chiarire rapporti motivico-armonici e l’alternanza fra note appartenenti ed estranee. Il seguente schema condensa a parti strette la struttura armonico-melodica delle prime tre proposizioni indicando anche il rapporto con l’imitazione della mano sinistra.
Es. 7
Nei profili dei motivi nn. 5-6-7 le note ribattute cedono il passo a movimenti per grado congiunto. Pertanto, in una eventuale riduzione, le quattro note motiviche dovrebbero essere mantenute. In ogni caso, ciò che cambia ogni volta è il rapporto fra le note di appoggiatura e quelle di risoluzione (a seconda che si tratti di semitoni cromatici, rapporti di terza o V-I) insieme con le rispettive armonie e diadi al basso che concorrono ogni volta ai differenti gradi di dissonanza vs. consonanza. Il profilo del motivo n. 1 viene dapprima invertito e ampliato per formare il n. 2 sulla medesima base armonica. In entrambi i casi, il mib al basso è la terza di un II grado in primo rivolto e si ‘appoggia’ al basso reb che costituisce a sua volta il basso di una tonica in primo rivolto. Il motivo n. 3 viene invece formato su un movimento di quarta ascendente al basso (sib– mib) che rende il mib tonica del IV grado. Ne scaturisce una progressione discendente di settime (motivi nn. 3-4-5) dove l’appoggiatura melodica discendente (la seconda diade del motivo) è una nota appartenente all’armonia ma dissonante (appunto la settima).
Ipotizzando un reb iniziale come terza dell’accordo di sib minore (es. 6) Cadwallader suggerisce anche come il medesimo accordo che poi compare in primo rivolto non sia propriamente ‘di risoluzione’. In mancanza di una tonica in stato fondamentale, che verrà affermata solo nell’ultimo accordo del brano (infra, es. 21) il reb ‘trasferito’ al basso provoca mancanza di stabilità, per quanto preceduto da un mib in levare (anacrusi) che vi si appoggia come una nota di volta superiore.[32] Cosa che a sua volta contribuisce invece alla salienza percettiva del motivo 3 (bb. 2-3) poiché il mib al basso viene tonicizzato tramite un movimento sib-mib (V-I). Questo cue auratico, o extraction d’indice all’ascolto, come direbbe Irène Deliége,[33] si unisce a una estremità registrica nella variazione del nucleo determinando la peculiare tensione fraseologica cui abbiamo accennato, precoce rispetto alla forma di sentence classica.
Che questa trasformazione del nucleo costituisca un apice formale è testimoniato anche dal grafico Schenker-Cadwallader, seppure in modo indiretto. A livello melodico Cadwallader individua un motivo ‘strutturale’ che non coincide esattamente con quello che abbiamo indicato come motivo 3 ma è delimitato dai medesimi intervalli e medesime battute. Il grafico desume una Urlinie discendente che inizia dal fa di b. 3 (es. 5).[34] La nota viene scritta come semibreve con stanghetta e pertanto considerata un 5 strutturale di tutto il brano. Segue una doppia successione discendente mi-re-do fra bb. 5-6 che però viene scritta con note nere (un 4-3-2 meno strutturale). Segue Unterbrechung, con la linea che riprende il tragitto discendente dall’ultima nota di b. 6 (sol). Sulla base di questa gerarchizzazione, la successione fa²–lab²–sol²–fa² viene considerata da Cadwallader il basic motiv ‘nascosto’, distinto dal motivo «di superficie» iniziale, che presiederebbe alla struttura di tutto il brano tramite ripetizioni a distanza, anche internamente fra le proprie note (es. 8).[35]
Es. 8 [riprodotto per gentile concessione © Oxford University Press]
Concetto che egli evidenzia ulteriormente tramite le note cerchiate dell’es. 9.[36]
Es. 9 [riprodotto per gentile concessione © OUP]
L’aderenza al grado 5 come principale fattore di rilievo (The basic motive is that part of the upper voice which decorates the primary tone F) nonché i collegamenti a distanza fra le note interne hanno però l’effetto di «nascondere» anche il carattere di nucleo fondamentale della proposizione iniziale – ossia quel trattamento che può essere invece illustrato ricorrendo proprio alla categoria di entwickelnde Variation. Così, il meccanismo illustrato dall’es. 7 non risulta dalle ripetizioni, effettive o latenti, del motivo ‘nascosto’ che Schenker e Cadwallader individuano nella prima frase e poi dispongono a largo raggio lungo la riduzione di tutto il brano (con collegamenti a distanza opinabili, specie nella sezione centrale). Eppure, a dispetto di una discutibile sovrapposizione fra livello melodico esterno e strutturale, il basic motiv evidenziato a bb. 2-3 testimonia appunto quella saliente trasformazione del nucleo iniziale motivo n. 3 che scaturisce dal rapporto appoggiatura-risoluzione, continuamente cangiante nella entwickelnde Variation brahmsiana.
Le riduzioni dei nuclei motivici come negli es. 6-7 vanno sempre accostate alla texture superficiale degli arpeggi, che intrecciano ambiguamente melodia e armonia. Si comprende così come il principio di appoggiatura, fra appoggiature effettive, note di passaggio e ritardi armonici, costituisca un fattore di variazione-sviluppo proprio in rapporto alla continua convergenza fra i vari parametri della scrittura – melodico, armonico, contrappuntistico e perfino ritmico-metrico. Risaltano le conseguenze sulla fraseologia locale, a partire dalla struttura interna della sentence, ma anche fra sezioni più grandi: ad esempio, il collegamento fra le due frasi a bb. 8-9 che rivela la caratteristica di appoggiatura latente nel reb iniziale. Quanto mai opportuna una dettagliata analisi di questa cadenza.
Es. 10 [cfr. 2b]
Qui il reb si appoggia al susseguente do in quanto reale appoggiatura/ritardo estranea all’armonia inizialmente su tempo forte. Un’armonia diminuita espansa risolve sulla tonica in primo rivolto. Per quanto difficile da classificare, l’arpeggio discendente che segue la dominante di b. 7 è l’appoggiatura di una settima di sensibile. All’inizio, il reb può risuonare enarmonicamente come quinta di un accordo di fa# minore o terza di solb minore. Però questo apparente spostamento cromatico della triade di dominante è appunto un ‘inganno’ tipico dell’armonia coloristica del tardo Romanticismo. L’aggiunta del mib a b. 9 rivela come di fatto siamo presenza di una settima costruita su la naturale, in cui la terza (do) è assente proprio perché si tratta della nota che viene ritardata dal reb onde comparire nella risoluzione del susseguente motivo. Non tragga in inganno nemmeno il mib che risuona al basso.
La riduzione Schenker-Cadwallader lo riporta con l’indicazione armonica (⁷) rispetto al reb motivico. Ma se fossimo in presenza di una settima costruita su mib, il la♮ di questo arpeggio ampliato dovrebbe essere interpretato come sibb (e così nello spostamento cromatico di b. 8) sovvertendo una logica triadica basata su la♮ in quanto sensibile che risolve sul sib del motivo 1 (linea tratteggiata rossa).
Es. 11 [cfr. 4b]
Rispetto alla prima frase, nella seconda vengono variate anche le appoggiature armoniche e melodiche. In particolare, la cadenza finale a bb. 21-22 (es. 11 [4b]) si trasforma in un’apparente espansione dell’armonia di solb minore con ritardo mibb–reb. Se tuttavia riferita alla incipiente tonalità di reb maggiore, essa può essere interpretata come una triade maggiore in primo rivolto sul secondo grado abbassato. Ossia una sesta napoletana: solb–mibb–sibb. In questo caso risulta congruente anche l’‘inganno’ enarmonico rispetto alla triade di re maggiore, analogo alla cadenza di bb. 8-9. La risoluzione del mibb su reb si verifica solo nella mano destra dando origine a un’armonia interpretabile sia come una triade di solb minore con ritardo, sia come una settima maggiore di IV specie su quella sesta napoletana. La susseguente risoluzione V-I in reb maggiore (bb. 22-23) corrisponde al primo motivo del gruppo tematico B che deriva ancora dal nucleo iniziale del pezzo, seppure in accordi (es. 12-13) e le appoggiature divengono stricto sensu note estranee all’armonia sul tempo forte.
Es. 12
La prima nota della prima diade è parte di un’appoggiatura che risolve appunto sulla dominante, lab maggiore. A sua volta, la prima note della seconda diade è un’appoggiatura che risolve definitivamente su reb maggiore. La nuova tonica della sezione B è dunque relativa maggiore della tonica di impianto, come da tradizione formale. Ciò che rende peculiare la fraseologia brahmsiana è il modo in cui questa tonalità viene raggiunta. L’appoggiatura contenuta nell’espansione armonica di b. 22 mibb/reb (sia che la si voglia considerare effettivo ritardo della triade di solb minore, sia successione IIN⁶ – IV in reb maggiore) giunge dopo una persistenza della nota reb nella ripetizione ampliata della frase.
Es. 11 [cfr. 4b]
Già in precedenza, infatti, il motivo n. 5 della sezione A (bb. 13-14) rendeva il reb basso di una sesta tedesca, ottenuto tramite un movimento lab–reb che potrebbe quasi suggerire un V-I, anche se il reb è una nota instabile che risolve su do. Nei motivi nn. 8-9 (bb. 17-19), il basso reb diviene fondamentale di dominanti secondarie rispetto alle quali il solb oscilla fra armonia di risoluzione o di appoggiatura-ritardo, prima di creare l’espansione di b. 20 a sua volta ambigua. In conclusione: l’espediente dell’appoggiatura-ritardo che Brahms sfrutta nel collegare le prime due frasi a bb. 8-9, rende anche progressivo il passaggio dalla sezione A alla sezione B, assecondando, tramite l’armonia, la continuità melodica la fra il primo motivo di B e i motivi di A.
La sezione B inizia ancora con una frase di otto battute, poi variata e trasposta. Stavolta però si tratta di una frase chiaramente divisa in due segmenti 4+4. La seconda semifrase si differenzia dalla prima tramite un secondo motivo cantabile, nella parte di mezzo, all’unisono fra le due mani (da b.27), che si snoda per quattro battute come evidente variazione-sviluppo del nucleo iniziale del brano con il suo continuum di figurazioni. Allo stesso tempo tuttavia le armonie lasciano intravvedere chiaramente la sovrapposizione del nucleo iniziale. Data la nuova tonica reb, le trasformazioni del motivo B nella prima semifrase (bb. 22-26) portano a una conclusione sul II grado (mib). La seconda semifrase cantabile (legato espressivo e sostenuto 27-30) ruota cromaticamente intorno a sib per concludere sulla relativa dominante, fa. La frase viene ripetuta e, a partire dalla proposizione di b. 23, trasposta di terza, verso solb (l’abbassamento cromatico del do produce una dominante secondaria costruita su reb). Dunque la prima semifrase (bb. 30-34) si arresta su un’armonia di solb, mentre la seconda (bb. 34-38) conclude la frase e tutta la sezione B su reb. Il I e IV grado rispetto a reb già preannunciati alla fine della sezione A.
Nell’ambito di questa costruzione formale complessiva, l’espediente dell’appoggiatura presente nel primo motivo viene sfruttato sistematicamente per iniziare e concludere le semifrasi antecedenti, nonché per concludere quelle conseguenti e quindi l’intera sezione B a b. 38 con corona. Cadenza cui segue, tramite la nota comune reb, una ripresa del nucleo iniziale in ottave. Non ne scaturisce però una ripresa della sezione A, bensì uno sviluppo C fino a b. 50 (es. 14) fondamentale per poter parlare di forma-sonata. Elementi motivici di A e B vengono elaborati portando il principio di variazione-sviluppo verso il secondo termine.
Es. 14
La sezione C ricorre a strategia tipiche di quello sviluppo indicato in tedesco come Durchführung che nelle forme classiche segue l’esposizione. Secondo quella tradizione, lo sviluppo costituisce un’applicazione intensiva di procedimenti di variazione ed elaborazione che eventualmente si possono già ritrovare nell’esposizione in modo più ridotto. Si consideri proprio il principio di elaborazione che in generale Schönberg identifica nel Vordersatz della forma di frase-sentence. Lo sviluppo incipiente nella «continuazione» di frase può già sfruttare progressioni, modifiche intervallari del motivo e anche frammentazioni e contrazioni con relativa accelerazione del ritmo armonico.[37] Nello sviluppo inteso come Durchführung questi processi diventano più marcati, diversificati ed estesi, e se ne possono aggiungere altri prima assenti come l’interpolazione e il contrappunto.
Per diverse ragioni tuttavia lo sviluppo brahmsiano accentua ulteriormente la continuità rispetto alle sezioni di esposizione A e B. La lunghezza equivale a una di quelle sezioni principali, e già in A il nucleo motivico veniva elaborato continuamente tramite modifiche intervallari e progressioni armoniche, sfruttando la forma di doppia diade. Così, la frammentazione della figurazione arpeggiata con cui inizia lo sviluppo C risulta quanto mai una naturale prosecuzione. Soprattutto, C intreccia la frammentazione della figurazione iniziale con una progressivaaccentuazione della sua implicita polifonia imitativa (mano sinistra). Caratteristica che in genere non si ritrova nei temi principali delle forme classiche.
Negli sviluppi di ampie dimensioni, gli episodi contrappuntistici o semi-contrappuntistici vengono raggiunti gradualmente, in quell’area dello sviluppo che Caplin definisce core.[38] Essendo lo sviluppo dell’Intermezzo alquanto breve, vengono ridotti e condensati in tre sezioni: bb. 38-42 / 43-46 / 47-50. La prima si basa sul motivo iniziale presentato dapprima solo in ottave e poi appunto ‘frammentato’, ridotto alla prima diade, di nuovo in arpeggio ma priva del basso armonico. L’arpeggio di trentaduesimi viene quindi assegnato alle due mani che si imitano per inversione, a mo’ di specchio, vieppiù ravvicinate e sovrapposte fino al climax di b. 43 da cui scaturisce la seconda sezione. La continua oscillazione che si verificava nella sezione A fra una texture di tipo melodico accompagnato e latenti polifonie imitative rende questo ‘illusionistico’ contrappunto a due voci, basato ancora sulla morfologia pianistica dell’arpeggio in trentaduesimi, il paradigma della entwickelnde Variation. È proprio l’assenza di un contrappunto effettivo ad accentuare la confluenza rispetto alla texture dell’esposizione.
Il fatto poi che questa sezione richiami quegli sviluppi brahmsiani di Sonate, Concerti o Sinfonie dove compaiono vere e proprie sezioni contrappuntistiche ci consente anche di chiarire certe ambiguità e apparenti contraddizioni nella definizione di entwickelnde Variation data da Schönberg. Egli innanzi tutto non chiarisce la differenza fra lo sviluppo che agisce nelle sezioni tematiche principali e quello successivo all’esposizione che lui stesso chiama Durchführung.[39] Inoltre, la entwickelnde Variation viene identificata con la musica omofonica («la musica con un tema principale accompagnato dall’armonia e basato su di essa») in contrapposizione a quella contrappuntistica che si basa su processi definiti invece di «disaggregazione», per quanto sempre accomunati dal principio della consequenzialità. Secondo il principio di disaggregazione
una configurazione o una combinazione fondamentale, presa isolatamente e riassemblata in un ordine diverso, contiene già tutto quello che in seguito determinerà una sonorità differente da quella della formulazione originaria. Perciò un canone a due o più voci si può scrivere su un sistema solo, ma produce varie sonorità. Se si usano contrappunti multipli, una combinazione di tre voci invertibili all’ottava, alla decima e alla dodicesima, offre così tante combinazioni che se ne possono derivare anche brani piuttosto lunghi.[40]
Qui Schönberg pare indicare procedimenti di estrapolazione, trasposizione e permutazione di soggetti che pure nelle varie sonorità rimangono sostanzialmente invariati. Eppure, la differenza rispetto alla entwickelnde Variation che agisce nella musica omofonica viene in parte smentita dalle sue stesse parole quando osserva che i grandi compositori sono in grado di fondere le due tecniche – per quanto in modo «sorprendente».
Non si può negare che la combinazione di questi due metodi strutturali sia sorprendente […] Nello stile contrappuntistico il tema è praticamente immutabile e tutti i contrasti necessari scaturiscono dall’aggiunta di una o più voci. L’omofonia produce tutti i contrasti tramite la Developing Variation. Ma questi grandi maestri percepivano a tal punto le esigenze etiche ed estetiche della loro arte da rendere trascurabile questo errore, ammesso che sia tale.[41]
Se inoltre è vero che nei procedimenti contrappuntistici il motivo (o ‘soggetto’) tende a mantenersi identico, le inversioni e sovrapposizioni o aggiunte di altro materiale, quando inserite in uno sviluppo, si configurano sempre come arricchimenti e alterazioni rispetto all’esposizione: ma soprattutto possono essere una logica conseguenza degli avvicendamenti motivici più serrati che, insieme con la frammentazione e alla mobilità armonica, rendono lo sviluppo un climax dialettico della forma con le note implicazioni drammatiche, sensazioni di inquietudine e conflitto. Anche in Fundamentals del resto Schönberg nota che le elaborazioni beethoveniane presentano spesso episodi contrappuntistici o semi-contrappuntistici.[42]
Nello sviluppo dell’Intermezzo di Brahms, la entwickelnde Variation in quanto crescita organica si ritrova proprio in quanto fusione tra la musica «omofonica» e «contrappuntistica». Contribuiscono altresì alla medesima funzione gli aspetti armonici. In particolare quelle triadi in primo rivolto che già caratterizzavano la sezione A. Fra bb. 39-42 la progressione delle figurazioni in imitazione sempre più ravvicinate genera ancora triadi in primo rivolto, latenti per via dell’assenza di un basso armonico, ma riconoscibili come settime – mib maggiore a b. 40 e fa minore a b. 41 (es. 15). Il sib costituisce un’appoggiatura fino all’armonia che precede il primo climax. Questa infatti è una triade di sib minore in primo rivolto.
Il climax risulta tale da un punto di vista percettivo anche a causa di una successione armonica di ‘inganno’ che nella medesima figurazione sposta un lab su dob (freccia rossa) rendendo il sib di nuovo appoggiatura sulla settima di dominante [reb] fa–lab–dob (b. 43).
Es. 15
La seconda sezione (43-46) presenta questi arpeggi di settime e triadi diminuite in una successione discendente-ascendente che allarga la texture. La settima [re] fa–lab–dob di bb. 43-44 si configura come settima di dominante di solb. Segue una settima costruita su do (45-46, es. 16). Il sib diviene nota appartenente a un’armonia che nella tonalità del pezzo si configura come dominante della dominante (fa). La sezione conclusiva (47-50) elabora invece un altro principio strutturale contenuto già nel nucleo iniziale: l’appoggiatura. La frammentazione del motivo B giunge a fa come dominante di sib tramite accordi ravvicinati contenenti reali appoggiature che risolvono sulla nota do. Formalmente, sembrano estratti tanto dalla proposizione iniziale di B quanto dalla sua conclusione. In ogni caso, il principio la riduzione dell’ampiezza del motivo. Il primo accordo a cavallo di bb. 46-47 costituisce un secondo climax dopo quello di b. 43 anche in quanto massima escursione della progressione all’acuto e per via dell’arresto cadenzale.
Es. 16
A cavallo di bb. 49-50, un’ultima appoggiatura di sensibile mi-fa al basso genera un ampio arpeggio di nona di dominante su fa (o settima di sensibile su la♮). Esso funge da ri-transizione richiamando quegli arpeggi-cadenza ad arco che fin da bb-8-9 congiungono le varie frasi. Qui però la ripresa A’ viene ottenuta con maggiore gradualità (es. 17).
Es. 17
Da questo arpeggio espanso riemerge infatti il motivo 1, ma, in luogo del primo rivolto che armonizzava l’inizio, i motivi 1 e 2 (bb. 51-52) sono avviluppati in una settima diminuita costruita su re♮. Pertanto il sib melodico non è come all’inizio del brano la fondamentale di un accordo di tonica in primo rivolto, bensì di una settima di dominante secondaria del IV grado (mib) in primo rivolto. In tal modo, il motivo 3 giunge su mib, come nel corrispondente di bb. 2-3, acquistando
una salienza percettiva ancora maggiore. Il vero ritorno al sib minore avviene con la seconda frase, a partire da b. 61.
Es. 18
Si verifica cioè una prima ripresa tematica caratterizzata però da un ritardo armonico a largo raggio che viene risolto solo con la ripresa della frase successiva (bb. 61-71).
Es. 19
In questa ripresa, il principio di variazione-sviluppo che caratterizzava la corrispondente frase della sezione A (bb. 10-22) viene ancora spostato verso il secondo termine – non un Durchführung evidente come in C ma comunque basato su frammentazioni e ulteriori spostamenti armonici. I motivi nn. 4-7 sono una continua trasposizione del motivo n. 2.
Il susseguente apice, anche dinamico, raggiunto fra le bb. 67-71 scaturisce da una trasposizione-variazione della figurazione di quartine discendenti che nella sezione A costituiva il motivo n. 7. Anche la ripresa B’ che inizia a b. 72 simile a una Coda (Più adagio) procede come Durchführung interpolando costantemente il primo motivo della sezione B con un arpeggio alla mano destra derivato dal secondo.
Es. 20
Interviene poi una ridda di appoggiature da b. 77. Oltre a quella del tema in accordi, vi è sistematicamente quella inferiore, ‘di sensibile’, alla mano sinistra, che accompagna il pedale di dominante. Nella cadenza conclusiva, l’accordo di dominante alla mano destra permane per tutta la b. 83 sull’arpeggio di tonica. Un passaggio che ha indotto Walter Piston a collocarlo alla fine del capitolo sul ritardo, nel suo celebre Manuale di armonia, come caso emblematico di più note ritardate che hanno l’effetto di sovrapporre due armonie.[43] Il principio dell’appoggiatura si conferma così strutturale.
Non solo per le ragioni locali e a largo raggio che abbiamo illustrato, ma anche perché lungo tutto il brano non era mai comparsa una triade perfetta di tonica in stato fondamentale. L’armonia di sib minore è presente fin dal motivo 1 iniziale, e quindi nella principale cadenza interna alla sezione A, ma in stato di primo rivolto. Insieme con la tonalità della sezione B, questo impiego strutturale del primo rivolto tipico di Brahms rende il basso reb parte di una Ursatz schenkeriana. La riduzione riportata da Smith sull’onda degli schemi di Schenker e Cadwallader visualizza in modo efficace una logica che a livello profondo rende il reb gravido di risoluzione verso il sib finale (es. 21).[1]
Es. 21 [riprodotto per gentile concessione © Peter H. Smith]
La cadenza conclusiva scaturisce da una necessità di compensazione tonale che fa coincidere con il livello profondo dell’opera anche un raro caso di ascolto strutturale. Uno dei ritardi più evidenti in senso percettivo, l’armonia di dominante, si appoggia a un lungo arpeggio di tonica generato da una fondamentale sib eclatante anche a livello acustico, non solo in quanto basso armonico ma anche in quanto penultima nota grave della tastiera. Il conseguente arpeggio della triade si conclude con un accordo che conferisce ancora una posizione marcata al reb, nella mano sinistra, ma complessivamente la texture dispiega una delle più estese e complete triadi minori di tutta la letteratura pianistica confermando la cadenza perfetta anche tramite le due ottave finali fa-sib all’acuto.
Il principio di appoggiatura si rivela motore di una entwickelnde Variation in grado di generare una forma complessiva proprio in ragione della sua frequente ambiguità di interpretazione. Le oscillazioni fra appoggiatura in senso stretto, ritardo o nota di passaggio, appartenente o estranea all’armonia, sono parte di quella generale convergenza fra i parametri della scrittura che abbiamo citato fin dall’inizio: dal rapporto melodia vs. accompagnamento nella sezione A, con una texture fitta di linee e imitazioni, ai costanti procedimenti di elaborazione motivica che producono ambiguità fraseologiche, pur nel riferimento alle tipologie di sentence e Durchführung. Come evidenzia ancora Dahlhaus, nel corso dell’Ottocento il principio di variazione-sviluppo individuato da Schönberg è fondamentale nel sostituire la forma ‘architettonica’ con una forma ‘logica’ che deduce collegamenti di ampia portata partendo da un materiale assai ristretto, in certi casi addirittura di un solo intervallo.
La forma architettonica si regge sull’equilibrio fra le frasi, i periodi, i gruppi di periodi, cioè sul principio che nei crescenti ordini di grandezza a un antecedente metrico corrisponde un conseguente metrico, ma si regge anche su una disposizione ben delineata e chiara dei raggruppamenti di accordi e delle tonalità. Invece la forma logica consiste in relazioni motiviche che tengono unita una composizione dall’interno, oppure in un processo tematico che fa apparire sempre più ricca una sostanza dapprincipio insignificante, per mezzo delle conseguenze che ne vengono tratte.[45]
L’Intermezzo op. 117 n. 2 conferma come in Brahms si verifichi uno spostamento di accento dal fattore architettonico a quello logico, ma, a differenza di certe opere di Liszt o Wagner, l’ossatura architettonica persiste, se non proprio intatta comunque riconoscibile, dando luogo a «una duplice determinazione della struttura musicale».[46] In tal senso è emblematica proprio la mancata distinzione da parte di Schönberg fra Durchführung e variazione entwickelnde. Rispetto alla forma architettonica classica, infatti, in Brahms l’elaborazione motivica, così come la progressione dei modelli, viene trasferita dallo sviluppo all’esposizione, ma permane una differenza qualitativa e di intensità come quella che abbiamo illustrato nell’Intermezzo, nonché in questo caso, anche un generale quadratura fraseologica.
In quanto concepito come Lied, l’Intermezzo è emblematicamente uno di quei pezzi lirici strumentali che Dahlhaus assimila appunto ai Lieder di Brahms e ai suoi vari brani da camera che indeboliscono la forma architettonica tramite una mediazione tra variazione-sviluppo e
contrappunto motivico, aumentando le fila interne e la complessità di quell’ossatura, dove le strutture ritmiche, infine, assumono più il significato di una ‘prosa musicale’. Le analisi brahmsiane di Schönberg vanno integrate e criticamente sorvegliate in base ai criteri che abbiamo indicato nel corso di questo saggio onde rendere giustizia di questa duplice determinazione della struttura. Per comprendere come Wagner e Brahms ricercassero risposte al medesimo problema, di una forma architettonica che andava inevitabilmente trasformandosi, Schönberg tende a trascurare quanto le risposte siano state differenti, per certi aspetti, e, al contrario, come vi siano punti di contatto nei principi di ripetizione trasformata.
Nell’Intermezzo op. 117 n. 2 la forma architettonica permane trasfigurata da una variazione-sviluppo in quanto elaborazione motivica al confine con il contrappunto attenuando i contrasti e gli equilibri che erano giunti a una forte accezione dialettica e teleologicamente orientata soprattutto con Beethoven. Risultano così declinante in modo specifico certe istanze di quel tardo romanticismo che, a cento anni dallo Sturm und Drang, si erano fatte decadenti. La forma beethoveniana veicolava l’immagine del compositore-uomo che in ragione del proprio dolore lottava con la società e col mondo. In quella brahmsiana, il sentimento del dolore tende a ripiegarsi su sé stesso. Brahms stesso affermò di aver preso inizialmente le mosse dalla scrittura di Beethoven commentando l’inizio della sua Sonata op. 1 (derivato con evidenza quello dell’op. 106 di Beethoven). Come il successivo salto di qualità dato dallo sfruttamento della variazione-sviluppo costituisca uno spostamento di accento più che una negazione della forma architettonica, lo si può notare ricorrendo proprio alla variazione-sviluppo che Schönberg intravvede già nell’inizio della quinta Sinfonia di Beethoven (es. 22).
Es. 22
Dopo aver accennato ai processi di espansione, chiarificazione, conclusione, consequenzialità etc., contrapposti ai quelli più rigidi implicati dalle melodie popolari, Schönberg ricorre a uno schema che mette in relazione l’iniziale motivo ‘del destino’, il motivo della transizione e il secondo tema, tramite tre righi da lui indicati rispettivamente Ex. 1, 2 e 3. Da principio, egli osserva come senza l’armonia «chiarificatrice» di bb. 5-8 (il do dei violoncelli, es. 23) il motivo contrassegnato come a possa essere interpretato in mib e come la prosecuzione melodica – a’ –trasponga l’intervallo di terza (sol–mib) per completare la triade di do minore.[47]
Es. 23
Example 2 shows how the motive of the transition is derived from a reinterpretation of the two main notes E flat and F (marked by ⁎) as tonic and dominant of E flat major surrounded by B flats. Example 3 shows how the subordinate theme is related to that and to the first statement of the motive (Example 1a). This is what I call the method of developing variation.[48]
D’altronde, anche in questo caso, l’esempio non chiarisce il concetto in merito alla procedura formale complessiva del movimento. Lascia solo accennati i procedimenti di «espansione, chiarificazione, conclusione, consequenzialità» e soprattutto, proprio in merito al rapporto fra il primo e il secondo tema, non rileva come le identità intervallari siano parte di quella «derivazione per contrasto» (kontrastierrende Ableitung) già indicata in Beethoven da Arnold Schmitz. [49]
Ciò che inoltre mantiene la forma architettonica molto più salda di quanto avverrà in Brahms sono l’equilibrio e le corrispondenze ritmico-metriche e la saldezza delle cadenze armoniche che soddisfano certe necessità dialettiche di antecedenza e conseguenza fraseologica – pur nelle differenze tra sentence e period.
In questa Sinfonia il senso del dolore è quello di un destino che viene afferrato alla gola. Nell’Intermezzo di Brahms, il dolore posto all’inizio dell’op. 117 (mi addolora tanto vederti piangere…) si mantiene in uno stato di sospensione per via di una variazione-sviluppo che persegue crescenti ordini di grandezza sostituendo quella dialettica regolata da simmetrie e corrispondenze – al di là delle relazioni intervallari – con una prosa musicale che arricchisce continuamente l’idea iniziale delegando l’implicita risoluzione del suo significato all’ultima armonia. Così, al pari degli altri due Intermezzi op. 117, il secondo dimostra quanto l’idea di una struttura in quanto esclusivo gioco di forme, concezione per molto tempo ascritta a Eduard Hanslick, renda poca giustizia della poetica brahmsiana, sia in ragione di un’idea di musica assoluta, che agisce nel sottofondo dello stesso pensiero di Hanslick pur rimanendo inespressa,[50] sia in merito a espliciti referenti extra-musicali o programmai nascosti.[51]
Recenti studi di estetica hanno mostrato che tanto la contrapposizione fra wagneriani e brahmsiani risulta grossolana, nel descrivere il panorama musicale del tempo, quanto è difficile dividere nettamente le questioni in causa i.e. la contrapposizione fra progressisti e tradizionalisti e quella fra contenutisti e formalisti.[52] Hanslick respingeva l’idea di un contenuto espressivo della musica nel senso che essa in quanto arte a-concettuale non può esprimere sentimenti umani nella loro determinatezza. Tuttavia, Per quanto possono essere a loro volta criticabili certi contributi come quello di Nicole Grimes su un Hanslick che rileva allusioni nell’opera brahmsiana,[53] egli non rinnegava il suo carattere emozionale né a livello di ascolto ed esecuzione né, tantomeno,
nel ruolo che la dinamica del sentimento può avere sulla genesi di specifiche forme e sonorità. Le quali si fanno pertanto simbolo di tale dinamica.
In generale, sull’onda della seminale analogia di Adorno secondo cui «anche se la musica non vuole davvero raccontare qualcosa, è il compositore a voler far musica nel modo in cui altri racconterebbero»,[54] la trasformazione costante e progressiva di una ‘prosa’ musicale che reinterpreta o addirittura trasgredisce una forma architettonica classica comunque riconoscibile nella sua ossatura è tra le caratteristiche (come i ritorni a distanza, specie in quanto deviazioni o smentite dell’attesa) che più hanno stimolato interpretazioni narrative delle forme strumentali romantiche. Nell’Intermezzo di Brahms, le svariate forme assunte dall’appoggiatura iniziale possono essere ricondotte a una successione di fatti umani tanto più considerando l’accennata ispirazione di questi tre Wiegenlieder. Se cioè anche il secondo è un canto del dolore in quanto ninna-nanna (dormi lieve bimbo mio…) e le diversificate forme del nucleo motivico iniziale vanno intese come le sue svariate manifestazioni, va ancora ricercato nel cangiante carattere di appoggiatura un significato ‘cullante’ di persistente sollievo da quello stato emotivo che trova una vera risoluzione solo alla fine, in quell’armonia fondamentale che risuona così suggestiva.
Le implicazioni narrative di una tonica parzialmente occultata e rivelata solo alla fine erano già state individuate in Brahms da Edward Cone in particolare ancora in un Intermezzo – l’op. 118 n. 1.[55] In quel saggio, la prospettiva narratologica scaturiva da un’analogia con l’esperienza di una Detective Story letteraria ripartita fra una prima lettura, all’oscuro della soluzione, una seconda, in quanto analisi dell’intreccio con i vari aspetti ed episodi (lettura sinottica ‘spaziale’), e una terza alla stregua di una prima volta simulata, che consentirebbe di godere appieno degli espedienti narrativi dello scrittore grazie a una sorta di «amnesia intenzionale».[56] Al di là di certi limiti nell’assimilare una simile lettura multipla all’esperienza musicale, causati soprattutto da una non chiara distinzione fra lettura-analisi della partitura, ascolto ed esecuzione, Cone aveva ritrovato punti di contatto fra una strategia compositiva tipicamente brahmsiana e il pensiero complessivo – come lo definirebbe ancora Schönberg – della forma.
Gli Intermezzi op. 118 n. 1 e 76 n. 4 dimostrano che Brahms poteva occultare la tonica nel corso di un brano relativamente breve ancor più di quanto avvenga nell’op. 117 n. 2, e altrettanto condurre a un estremo la costante variazione del materiale di partenza. Se, seguendo Dahlhaus, lo sviluppo corrisponde più a un principio estetico che a un dato tangibile della tecnica compositiva, nell’op. 117 n. 2 la tonica si pone come correlativo di un dolore musicale costantemente lenito nascondendosi nelle varie forme del nucleo iniziale ma anche nella dialettica profonda fra la sospensione del basso re be un sib che solo infine, sprofondando al limite grave del pianoforte, diviene fondamentale per affermare quel pensiero nella sua unità. Assume così un pregnante ruolo anche la pausa di semicroma alla mano sinistra (b. 82) che precede l’armonia conclusiva – «bellezza sottocutanea» come direbbe Schönberg – proprio perché inserita con l’evidente intento di conferire ancor più significato alla tonica fin lì occultata.
La mancanza di un referente extra-musicale esplicito, come un testo cantato, ma allo stesso tempo il riferimento latente a un testo letterario fanno di questo Intermezzo un exemplum della poetica brahmsiana anche in relazione alle riflessioni di Hanslick nel dibattito tra formalismo e contenutismo poiché indica che quella dialettica non va considerata un contrasto tra estremi assoluti, bensì un confronto tra posizioni che privilegiano un aspetto piuttosto che un altro. Senza asserzioni o negazioni totali. La domanda che la musicologia deve porsi oggi, anche nell’osservare quel dibattito fin de siécle, non è se la musica sia forma o contenuto, ma piuttosto se nella musica conti più la prima o il secondo. Oppure, ancor più, se nella musica le due cose possano essere davvero separate.
Abstract. L’Intermezzo op. 117 n. 2 di Brahms scaturisce da quella ‘variazione-sviluppo’ (entwickelnde Variation) che Arnold Schönberg ha eletto ad alto procedimento della costruzione musicale. Intrecciando le categorie formali esposte dal compositore e teorico austriaco in Fundamentals of Musical Composition con un’analisi di impronta schenkeriana, l’articolo spiega come un’apparente forma-sonata elabori costantemente un motivo iniziale di quattro note (a sua volta una doppia diade che implica un generico principio di appoggiatura) coinvolgendo tutti i parametri della scrittura – armonico, melodico, contrappuntistico e ritmico-metrico. Nel chiarire un concetto di entwickelnde Variation che dagli scritti di Schönberg risulta comunque vago, l’autore ne discute le implicazioni estetiche rispetto al tardo Romanticismo di cui Brahms fu protagonista. La stringente prosa musicale dell’Intermezzo trasfigura l’ossatura formale classica anche in base a istanze poetico-letterarie. Le trasformazioni del motivo e il trasferimento di un principio di appoggiatura a livello di Ursatz che demanda alle tre battute finali la tonica in stato fondamentale sono strumenti della narratologia musicale. L’articolo indica aggiornate riflessioni sul rapporto fra il linguaggio brahmsiano il discusso formalismo di Eduard Hanslick.
Brahms’ Intermezzo op. 117/2 is a striking case of entwickelnde Variation (developing variation) which A. Schoenberg identified as a high means of construction in music. This article blends Schoenberg’s Fundamentals of Musical Composition with a Schenker-like analysis to show how the developing variation of a four-note cell (a double dyad itself unfolding a broad sense of appoggiatura) is working behind a seemingly sonata-form throughout the realm of harmony, melody, counterpoint and rhythm. The author clarifies the concept of entwickelnde Variation actually ambiguous in Schoenberg’s writings to shed light on Brahms’ aesthetic stances during the late Romantic period. The Intermezzo also stems from poetic and literary sources. The four-note cell transformations and the structural exploitation of 6/3 motivic chords which conceals the tonic-root harmony until the last three beats have to do with the branch of musical narratology. An updated perspective is given on the relationship between Brahms’ once-supposed formalism and E. Hanslick’s very thought.
L’ Intermezzo op. 117 n. 2 di Johannes Brahms fa parte del progetto “La ricerca diventa Arte”
Un’ esplorazione artistica a cura della pianista professoressa Antonietta Cappelli
Note
[1] Hanno contribuito alla versione definitiva di questo saggio Antonio Giacometti, Paolo Martinelli, Augusto Mazzoni, il direttore della rivista «Analitica online» (Egidio Pozzi) e gli esperti anonimi dell’Associazione «Il saggiatore musicale».
[2] M. Musgrave, Schoenberg’s Brahms, in Brahms Studies: Analytical and Historical Perspectives, a cura di G. S. Bozarth, Clarendon Press, Oxford, 1990, pp. 123-138; C. Dahlhaus, Che cosa significa «variazione in sviluppo»?, in Schönberg, a cura di G. Borio, Bologna, Il Mulino, 1999, pp.129-135; C. M. Schmidt, Schönberg und Brahms, in Autorschaft als historische Konstruktion: Arnold Schönberg – Vorgänger, Zeitgenossen, Nachfolger und Interpreten Schönberg, a cura di A. Meyer e U. Scheiderer, Verlag J.B. Metzler, Stuttgart, 2001, pp. 91–116; B. Sirman, Developing Variations. An Analytcal and Historical Perspective, Institutionen för musikvetenskap Uppsala universitet, (2006)
http://www.diva-portal.org/smash/get/diva2:310395/FULLTEXT01.pdf
[3] A. Schönberg, Elementi di composizione musicale, Milano, Suvini Zerboni, 1969 (ed. originale, Fundamentals of Musical Composition, Faber & Faber, London 1967), p. 8.
[4] Id., Brahms the Progressive, saggio pubblicato nel 1947 che deriva a sua volta da analisi lette in una conferenza radiofonica nel 1933, centenario della nascita del compositore amburghese. Cfr. T. McGeary, Schoenberg’s Brahms Lecture of 1933, «Journal of the Arnold Schoenberg Institute», 15/2, 1992, pp. 5-21 (trad., 22-43 [Vortrag zu halten in Frankfurt am Main am 12.II.1933 – Lecture to be Delivered in Frankfurt am Main, February 12, 1933)]. Anche in Style and Idea. By Arnold Schoenberg, New York, Philosophical Library, 1950, pp. 52-101 (trad. it., Brahms il progressivo [1947], in A. Schönberg. Stile e pensiero, Scritti su musica e società, a cura di A.M. Morazzoni, Milano, Il Saggiatore, pp. 219-268).
[5] Id., Brahms il progressivo, cit., p. 254.
[6] Si veda la traccia approntata da Schönberg nel 1944 per una futura autobiografia (mai realizzata) dove stila il seguente ordine di identità spirituali e musicali: Come diventai musicista / cristiano / di nuovo ebreo / wagneriano / brahmsiano [sottolineature nel testo] (Arnold Schönberg Center, Vienna, documento 42.03, in A.M. Morazzoni, Introduzione in A. Schönberg. Stile e pensiero, cit., pp. XV-XXXVII: XXIII).
[7] «The ‘Leitmotiv’ technique represents the grandiose intention of unification of the thematic material of an entire opera, and even of an entire tetralogy. An organization as far-reaching as this deserves an aesthetic rating of the highest order. But if foresight in organization is called formalistic in the case of Brahms, then this organization is also formalistic, because it stems from the same state of mind, from one which conceives an entire work in one single creative moment and acts correspondingly» (A. Schönberg, Brahms the Progressive, in Style and idea, cit., p. 61).
[8] Ivi, pp. 57-61.
[9] Id., Fundamentals of Musical Composition, cit., p. 140.
[10] «While preceding composers and even his contemporary, Johannes Brahms, repeated phrases, motives and other structural ingredients of themes only in varied forms, if possible in the form of what I call developing variation, Wagner, in order to make his themes suitable for memorability, had to use sequences and semi-sequences, that is, unvaried or slightly varied repetitions differing in nothing essential from first appearances, except that they are exactly transposed to other degrees» (A. Schönberg, Criteria for the Evaluation of Music, in Style and Idea, cit., pp. 180-195: 185).
[11] «Why there is a lesser merit in such procedure than in variation is obvious, because variation requires a new and special effort. But the damage of this inferior method of construction to the art of composing was considerable» (Ibid.)
[12] Citato in J.A. Ménétrier, Johanne Brahms, in Guida all’ascolto della musica per pianoforte e clavicembalo, Milano, Rusconi, 1995 (ed. originale, Guide de la musique de piano et de clavecin, a cura di F.R. Tranchefort, Paris, Fayard, 1987), vol. I, pp. 218-249: 229.
[13] In particolare a partire dalla quinta Variazione in sib minore. Cfr. S. Perotti, Johannes Brahms. Variazioni e fuga su un tema di Händel op. 24. Analisi e orchestrazione, Milano, Diastema, 1996, pp. 53-55; C. Bianchi, Logiche del tonalismo. Storia di un linguaggio fra analisi e armonia, Lucca, LIM, pp. 71-72.
[14] C. Dahlhaus, Satz und Periode: zur Theorie der musikalischen Syntax, «Zeitschrift für Musiktheorie», 9/2, 1978, pp. 16-26 (tr. it., [A. Verri] Frase e periodo: per una terminologia della forma musicale, «Musica/Realtà», 109, 2016).
[15] A. Schönberg, Elementi di composizione musicale, cit., p. 60. Va sempre rilevato che nell’edizione italiana la traduzione di Giacomo Manzoni può generare confusione a causa della nota e deprecata inversione proprio fra il termine sentence (tradotto con «periodo») e period (tradotto con «frase»). Riguardo alla terminologia tedesca, per una disamina accessibile online sull’utilizzo dei termini Vordersatz e Nachsatz sia nella «frase» (Satz) sia nel «periodo» (Periode) ma con accezioni differenti, cfr. i contributi di Ulrich Kaiser @ Musiknalyse.net https://musikanalyse.net/downloadfiles/periode-satz.pdf
[16] Id., Bach, in Stile e pensiero, cit., pp. 264-268: 268.
[17] C. Dahlhaus, Che cosa significa «variazione in sviluppo»?, cit., p. 134.
[18] Ivi, p. 135.
[19] Ivi., p. 132.
[20] W.E. Caplin, Classical Form. A Theory of Formal Functions for the Instrumental Music of Haydn, Mozart, and Beethoven, Oxford UP, 1998, p. 9.
[21] A. Schönberg, Elementi di composizione musicale, cit., p.4.
[22] Ibid.
[23] Preceduti dai versi Schlaf sanft mein Kind, schlaf sanft und schön! / Mich dauert’s sehr, dich weinen sehn… («dormi lieve bimbo mio, dormi lieve e sereno! Mi addolora tanto vederti piangere…») da una raccolta di canti popolari di Johann Gottfried Herder. Si veda il IV volume della pionieristica monografia di M. Kalbeck, Johannes Brahms, 1833-1897, Deutsche Brahms Gesellschaft, Berlin, 1921 [Tutzing, 1976, p. 12], e l’epistolario di Brahms pubblicato nel 1919 citato da D. Parmer, Brahms, Song Quotation, and Secret Programs, «19th-Century Music», 19/2, 1995, pp. 161-190: 162.
[24] Id. Brahms il progressivo, cit., p. 254
[25] Interpretazione funzionale di Erwin Ratz ulteriormente articolata da W.E. Caplin, Classical Form, cit., pp. 35-48, e da J. Hepokoski – W. Darcy, Elements of Sonata Theory. Norms Types, and Deformations in Late-Eighteen Century Sonata, Oxford UP, 2006, pp. 69-71.
[26] Riguardo alle cadenze delle singole proposizioni, nella presentazione della sentence, Schönberg per primo individua forme alla tonica e alla dominante (A. Schönberg, Fundamentals of Musical Composition, cit., p. 21-22).
[27] Ivi, p. 11.
[28] Id., Brahms the Progressive, cit., p. 62.
[29] Per una comparazione fra le teorie di Schönberg e di Schenker con uno sguardo critico anche al concetto di organico, G. Borio, Schenker versus Schoenberg versus Schenker: The Difficulties of a Reconciliation, «Journal of the Royal Musical Association», 126, 2001, pp. 250-274. Riguardo invece al rapporto fra le teorie di Schenker e la teoria delle forme classiche, cfr. Schenker’s Formenlehre, «Rivista di Analisi e Teoria Musicale», a cura di A. Cecchi, 21/2, 2015.
[30] A. Cadwallader, Schenker’s Unpublished Graphic Analysis of Brahms’s Intermezzo Op. 117, No. 2: Tonal Structure and Concealed Motivic Repetition, «Music Theory Spectrum», 6, 1984, pp. 1-13.
[31] P.H. Smith, Brahms and Motivic 6/3 Chords, «Music Analysis», 16/2, 1997, pp. 175-217.
[32] «In the anacrusis, Eb in the bass functions locally as an upper neighbor to Db, which supports tonic six-three harmony. Indeed, one of the many charms of this section is the continuous, restless quality that results in part from the substitution of first-inversion for root-position tonic harmony».
[33] I. Deliége, L’organisation psychologique de l’écoute de la musique. Des marques des sédimentation – indice et empreinte – dans la représentation mentale de l’oeuvre, Phd. Diss., Universitè de Liége, 1990/91, pp. 135-160. Cfr. anche Prototype Effects in Music Listening: An Empirical Approach to the Notion of Imprint, «Music Perception», 18, 2001, pp. 371-407.
[34] A. Cadwallader, Schenker’s Unpublished Graphic Analysis of Brahms’s Intermezzo Op. 117, No. 2, cit., p. 3.
[35] «This motive […] is what I term the basic motive of the piece, and it is the melodic construct upon which most of the middleground harmonic and formal structure is based» [Ivi, p. 2].
[36] Ivi, p. 3.
[37] W.E. Caplin, Classical Form, cit., pp. 10-11 e 41-43.
[38] Ivi, pp. 142-147.
[39] A Schönberg, Fundamentals of Musical Composition, cit., p. 206.
[40] Id., Bach, cit., p. 268.
[41] «One cannot deny that the combination of these two structural methods is surprising; because they are contradictory. In contrapuntal style the theme is practically unchangeable and all the necessary contrasts are produced by the addition of one or more voices. Homophony produces all its contrasts by developing variation. But these great masters possessed such an eminent sense of the ethical and aesthetical requirements of their art that the problem whether this is wrong can simply be disregarded» [Id., On Revient Toujours, in Style and Idea, cit., pp. 211-213: 212].
[42] Nel capitolo sull’accompagnamento, Schönberg definisce il semi-contrappunto «basato non sulle combinazioni come il contrappunto multiplo, vale a dire su imitazioni canoniche etc., ma solo su un libero movimento melodico di una o più voci» (Id., Elementi di composizione musicale, cit., p. 87).
[43] W. Piston, Manuale di armonia, Torino, EDT, 1989 (ed. originale, Harmony, Norton, New York, 1948), p. 123.
[44] P.H. Smith, Brahms and Motivic 6/3 Chords, cit., p. 209.
[45] C. Dahlhaus, La musica dell’Ottocento, Firenze, La Nuova Italia, 1990 (ed. originale, Die Musik des 19.Jahrhunderts, Wiesbaden, Akademische Verlagsgesellschaft Athenaion), pp. 272.
[46] Ivi, p. 273.
[47] «Example 1a can be understood as E flat without the clarifying harmony in measures 5-ff, and a melodic continuation by which the third in a is transposed in a’ to complete the C minor triad» [Id., Folklorist Symphonies, in Style and Idea, cit., pp. 196-203: 200].
[48] Ibid.
[49] Contrasto mediato frequente nei rapporti fra il primo e il secondo tema di una forma-sonata beethoveniana. Sempre secondo le definizioni di Schmitz, in Beethoven esso si alterna a un altro tipo di contrasto «originario» (ursprünglischer Kontrast). Cfr. K. Kropfinger, Beethoven, Milano, Ricordi-LIM, 2006 (ed. originale, Ludwig van Beethoven, Stuttgart, Bärenreiter Verlag, Karl Vötterle GmbH & Co. KG und J.B. Metzlersche Verlagsbuchhandlung und Carl Ernst Poeschel Verlag GmbH, 2001), pp. 241-254.
[50] C. Dahlhaus, L’idea di musica assoluta, Firenze, La Nuova Italia, 1988 (ed. originale, Die Idee der absoluten Musik, Kassel, Bärenreiter, 1978), p. 35.
[51] D. Parmer, Brahms, Song Quotation, and Secret Programs, cit.
[52] A. Mazzoni, Il gioco delle forme sonore. Studi su Kant, Hanslick, Nietzsche e Stravinskij, Milano, Mimesis, 2011, pp. 61-62.
[53] N. Grimes, Brahms’s Poetic Allusions through Hanslick’s Critical Lens, «American Brahms Society Newsletter» 29/2, 2011, pp. 5–9. L’articolo pare basato sulla ricezione americana di Hanslick, o da parte della filosofia analitica, con tutto il dibattito che è tuttora in atto. Dal punto di vista dell’estetica continentale molti argomenti risultano discutibili (spiccano le conclusioni che chiamano in causa la guerra fredda). In Europa occidentale non vi è stato alcun ostracismo delle estetiche contenutistiche. Semmai, il contrario. Se si legge troppo rigidamente il trattato di Hanslick, come accade in certa tradizione analitica anglo-americana, diviene inevitabile trovare contraddizioni che si possono risolvere solo individuando evoluzioni di pensiero che forse non sono mai avvenute. Anche internamente all’ambito analitico non sono mancate posizioni opposte (N. Zangwill, Against Emotions. Hanslick was Rigth about Music, «British Journal of Aesthetics», 44/1, 2004, pp. 29-43).
[54] T. W. Adorno, Mahler. Una fisiognomica musicale, a cura di E. Napolitano, Torino, Einaudi, 2005 (ed. originale, Mahler, Eine musikalische Physiognomik, Frankfurt, Suhrkamp, 1960), p. 73.
[55] E.T. Cone, Three Ways of Reading a Detective Story or a Brahms Intermezzo, «The Georgia Review», 31/3, 1977, pp. 554-574 (tr. it., I tre livelli di lettura applicabili ad un racconto poliziesco o ad un Intermezzo di Brahms, in La narratologia musicale. Applicazioni e prospettive, a cura di A. Carone, Torino, Trauben, 2007, pp. 39-61).
[56] Id., I tre livelli di lettura, cit., p. 43.
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