Nascita, gioventù ed adolescenza di Beethoven
Johann van Beethoven, padre di Ludwig, cantore nella cappella di Bonn, non aveva ereditato alcuna delle qualità familiari. Aveva poco profittato delle lezioni di suo padre [Ludwig 1712-1773, nonno del nostro Maestro, Kappelmeister alla Cappella di Corte del Principe Elettore di Bonn] e dell’istruzione data agli allievi della cappella. Le lettere di suo pugno fanno risaltare, ad ogni riga la grossolanità della sua intelligenza. Aveva imparato ben presto ad alzare il gomito. Il peggio era che aveva l’ebbrezza malvagia. Come artista non era meglio. Fu lui comunque che si incaricò di insegnare al figlio Ludwig i rudimenti della sua arte, e molte testimonianze ci attestano che schiaffi e scapaccioni piovevano sul povero bambino alla minima nota falsa. A quattro anni suo padre lo costringeva per lunghe ore al cembalo per un lavoro al di sopra delle sue forze. Il signor Baden, di Bonn, che fu compagno di infanzia di Beethoven e che fece con lui le scuole primarie, ci riferisce che fu usando la violenza che il padre giunse a far cominciare a Ludwig lo studio della musica e che non vi era giorno in cui non lo percuotesse per obbligarlo a sedere al piano.
Comunque sia i progressi di Ludwig furono così rapidi che Johann van Beethoven rinunciò al suo ruolo di insegnante e mise il ragazzo nelle mani di Tobias Pfeiffer, tenore in una troupe ambulante venuta nel 1779 a dare delle rappresentazioni per l’Elettore. Pfeiffer, che alloggiava presso i Beethoven, era un eccellente musicista e un ottimo clavicembalista. Ma come il suo ospite amava sacrificare a Bacco. I due si recavano assieme alla taverna ove bevevano fino a notte inoltrata. Rientrati a casa, Pfeiffer si ricordava di non avere dato la sua lezione giornaliera a Ludwig, che veniva allora tirato giù dal letto e messo, tremante e addormentato al clavicembalo, ove restava fino al mattino. Beethoven fu lasciato alla scuola primaria giusto il tempo necessario per imparare a leggere, a scrivere e a far di conto. Non aveva ancora 13 anni che suo padre dichiarò che la sua educazione letteraria era terminata. Ci si sente presi da una profonda malinconia quando si vede quest’uomo illustre scrivere con l’ortografia di un cuoco. Wilder
Johann van Beethoven contava sul genio del figlio. Il suo sogno era di fare di Ludwig un fenomeno, una curiosità che, per denaro, avrebbe portato in giro per l’Europa. Alle lezioni di Pfeiffer, che rimase poco tempo a Bonn, seguì l’insegnamento regolare e metodico di Van der Eeden, vecchio artista fiammingo, a servizio dell’Elettore da oltre 50 anni, considerato il miglior clavicembalista del principato. Questi insegnò a Ludwig l’organo. Ma per l’età dovette ben presto a rinunciare al suo compito.
Il giovane Beethoven passa quindi nelle mani di Andrea Luchesi e Christian Gottlob Neefe. Neefe, giunto a Bonn nell’ottobre 1779, si incarica volentieri dell’educazione di un ragazzo così dotato sui cui progressi abbiamo la testimonianza dello stesso Neefe [che, nel 1783, scrisse sul Cramer’s Magazin der Musik le profetiche parole: “Egli diventerà sicuramente un secondo Mozart se continuerà così come ha cominciato”.]
Beethoven stesso, qualche anno più tardi lasciando Bonn, aveva scritto al suo vecchio maestro [fine ottobre 1793, E.7]: “Io vi sono grandemente obbligato per i buoni consigli che voi mi avete dato; sono loro che mi hanno fatto progredire nell’arte divina che io coltivo. Se mai un giorno diverrò un grand’uomo voi vi avete certamente contribuito“. Il 20 giugno 1782 Neefe partì per Münster, una delle residenze dell’Elettore Massimiliano Federico. Neefe, che aveva l’incarico di organista aveva ottenuto il permesso di farsi rimpiazzare durante la sua assenza da Ludwig, che aveva undici anni. Il giovane Beethoven fu poi promosso maestro al cembalo.
Fu incaricato di fare le ripetizioni teatrali e di sedere al clavicembalo durante le rappresentazioni. Negli anni 1781-1783 il giovane Beethoven ebbe l’opportunità di sentire le seguenti opere liriche: Robert e Calliste di P.A.Guglielmi (1728-1804); L’amant jaloux, L’amì de la maison, L’amitié à l’éprouve, Les evénements imprévues, Zemire et Azor, Lucile, Les mariages samnites, tutte di A.E.M.Grétry (1741-1813); Romeo et Juliette di J.A.Benda (1722-1795); La Schiava e La buona figliuola di N.Piccinni (1728-1800); L’italiana in Londra di D.Cimarosa (1749-1801); L’Olimpiade di A.Sacchini (1730-1786); Le gelose villane di G.Sarti (1792-1802); Felix di P.A.Monsigny (1729-1817); Il ratto dal serraglio di W.A.Mozart (1756-1791); Les pelerins de la Mecque di C.W. Gluck (1714-1787). Wilder
Le tensioni e i conflitti all’interno del gruppo familiare (dovuti all’alcolismo del padre) ebbero cruciale importanza nei primi anni della sua vita. In una famiglia in cui la figura paterna era stata sbalzata dal suo piedistallo, l’esaltazione di quella del nonno assunse proporzioni eroiche. L’atteggiamento del padre nei confronti del figlio maggiore ebbe quindi notevoli conseguenza sul suo sviluppo.
[L’ammirazione di Beethoven per il nonno rasentava la venerazione.] Come ha scritto Wegeler il piccolo Louis si legò profondamente al nonno … E se anche lo perse presto conservò di lui la prima vivida impressione. Con gli amici di gioventù lo ricordava volentieri; e sua madre … si vide più volte costretta a narrargli del nonno. Il ritratto del nonno, eseguito dal pittore di corte Radoux, fu l’unico oggetto che si fece inviare da Bonn a Vienna [e fu proprio Wegeler a inviarglielo nel 1801, come risulta da una lettera] e rimase motivo di gioia tutta la vita. [Ancora nel 1823 si trovava nell’appartamento del compositore]. Wegeler
Una mattina Ludwig stava affacciato alla finestra della sua camera, che dava sul cortile, con aria seria e la testa fra le mani. Cecilia Fischer attraversò il cortile e gli chiese: “Cosa ti capita?”, ma senza ottenere alcuna risposta. Più tardi, quando gli chiese cosa significasse quel fatto, poiché anche nessuna risposta poteva essere una risposta, egli disse: “O no, quello non vuol dir niente, perdonami, ero immerso in un pensiero tanto bello e profondo che non potevo lasciarmi disturbare”. (Nei suoi primi anni di studio, egli stava spesso ad una finestra verso il cortile, con le due mani messe attorno al capo, lo sguardo fisso in un punto, probabilmente pensando alla musica).
Ley (da Fischer) [I resoconti che abbiamo sui primi anni di Ludwig sono molto scarsi. Ma le fonti di cui disponiamo ci dicono che quando Beethoven raggiunse l’età di quattro anni e fu in grado di iniziare lo studio della musica, il padre Johann sperò di poterne fare un fanciullo prodigio e per ottenere questo lo sottopose ad una severa educazione musicale basata molto sulla prepotenza. Molti, e fra questi anche il borgomastro di Bonn, hanno raccontato di avere visto il piccolo Louis van Beethoven in piedi davanti al cembalo in lagrime. E la giovane amica Cecilia Fischer lo ricorda come “un bimbetto minuto, in piedi, su uno sgabello davanti al cembalo al quale la severità del padre lo costringeva a studiare”]. Guardando indietro, [riferisce sempre Cecilia Fischer], non si può dire che Ludwig tenesse molto agli amici o alla compagnia; per lui le ore più felici erano quelle in cui era libero da ogni compagnia, quando i suoi erano fuori e si trovava da solo. Thayer
[Beethoven non ha quasi mai parlato dei suoi primi dieci anni di vita. Come ha scritto Schindler: “Beethoven di solito non parlava mai della sua prima giovinezza, e quando lo faceva sembrava incerto e confuso“. Secondo Solomon questo era un modo di proteggersi dai ricordi dei traumi infantili, cercando protezione nel ricordo dell’amore che la madre gli aveva dato e per la quale ebbe sempre espressioni di amore e di rispetto. Una delle prime lettere di Beethoven, datata 15 settembre 1787 [E.3], indirizzata a Joseph Wilhelm von Schaden, consigliere civico di Augusta, che lo aveva incontrato e certo aiutato durante il suo primo viaggio a Vienna nel 1787, esprime questi sentimenti di amore filiale verso la madre, morta il 17 luglio: “Era una madre così buona e amorevole, la mia migliore amica. Chi più felice di me, nel momento in cui potei ancora pronunciare il dolce nome mamma ed essere udito? E a chi lo potrò ora dire? Ai muti ritratti di lei che riesco a ricomporre con l’immaginazione?“
Per quanto riguarda il padre, le notizie esatte sui rapporti di Beethoven con lui sono scarse ma tutte ci fanno sottintendere uno stato conflittuale. Certo non vi è mai un ricordo affettuoso o un segno di riconoscenza, e secondo Solomon le notizie che abbiamo sono “pur sempre sufficienti ad indicare la presenza di una forte tensione affettiva nell’atteggiamento del figlio”. Ries riferisce infatti che Beethoven parlava raramente e con riluttanza di suo padre, anche se “ogni accenno sgradevole da parte di altri lo faceva andare in collera“. Fra i racconti che ci sono pervenuti alcuni fotografano una situazione familiare difficile e il rapporto faticoso col padre. Si racconta che i tre figli di Johann andassero spesso a cercarlo nelle osterie, ubriaco, per convincerlo a ritornarsene a casa con loro; e Stephan von Breuning vide Beethoven intervenire “disperatamente“ per impedire alla polizia di arrestare suo padre.] [Alcuni racconti ben illustrano una certa tendenza del giovane Ludwig all’isolamento e alla ribellione alle comuni convenzioni del vivere quotidiano. Secondo Gottfried Fischer, “le ore più felici di Beethoven erano quelle in cui era libero dalla compagnia dei genitori, il che avveniva raramente. Ed egli rimaneva solo con se stesso“. “Era timido e parlava a monosillabi – scrive W.C.Müller – perchè si curava poco di comunicare con gli altri“. Anche altri hanno descritto questa tendenza di Beethoven decenne, ad isolarsi e a chiudersi in se stesso. “Al di fuori della musica non aveva nessuna cognizione dei rapporti sociali. Era di carattere ombroso e non sapeva conversare. Egli restava indifferente ad ogni lode, chiuso in sé e suonava meglio quando era solo, cioè quando il padre non era in casa. Si chiudeva in sé stesso tanto da essere considerato un misantropo“ (Maurer).
Un compagno delle scuole pubbliche degli anni 1780, Würzer, lo ha descritto nelle sue memorie sempre sporco e disordinato, tanto da fargli pensare che “Sua madre dovesse essere già morta”.] Tra coloro che furono suoi compagni di scuola nessuno ne parla come di un compagno di giochi, nessuno riferisce aneddoti relativi a giochi comuni, a gite in collina, o avventure sul Reno o sulle sue sponde cui egli abbia mai preso parte. Thayer
[Come ha scritto Wegeler Beethoven imparò a leggere e a scrivere, un po’ di aritmetica e di latino in una scuola pubblica. Come si capisce facilmente guardando alcuni suoi calcoli relativi alle spese di casa che si trovano sui Quaderni di Conversazione o su certi appunti su calendari e libretti, egli non fu mai in grado di fare una moltiplicazione: i suoi calcoli erano basati solo sull’addizione. Funck, un altro suo compagno di classe, ha scritto chiaramente che Louis a scuola non imparava assolutamente nulla. Il discorso è evidentemente diverso per la musica nella quale, anche se da principio costretto ad esercitarsi quasi con brutalità dal padre, fece dei progressi tali da essere in grado di sostituire i suoi maestri all’organo e di essere assunto alla Cappella Reale. All’allievo Carl Czerny ha riferito di essersi esercitato, in gioventù “pazzescamente“, suonando il cembalo fino nelle ore notturne. Il mondo della musica fu il suo unico mondo almeno nella parte iniziale della vita.] Cristian Gottlieb Neefe (1748-1798), giunto a Bonn nell’ottobre 1779, fu maestro di Beethoven attorno al 1780 o 1781. Era uomo di cultura, teorico e musicista istruito, compositore, organista e direttore d’orchestra. Scrisse un articolo di memorie, “Musikal Nachrichten aus Bonn”, [Notizie musicali da Bonn] che fu pubblicato su Berlinische Musikalische Zeitung nell’ottobre 1793.
Vediamo come descrive Beethoven tredicenne, in un articolo da lui scritto, ma pubblicato anonimo sul “Magazin der Musik“ di Cramer, il 2 marzo 1783: “Louis van Beethoven [era scritto “Betthoven”, sic] suona il pianoforte con talento notevole; sa leggere molto bene a prima vista; suona correntemente il Wohltemperierte Klavier di Johann Sebastian Bach. Neefe lo ha anche avviato allo studio del contrappunto. Ora gli insegna composizione, e per meglio incitarlo, gli ha fatto stampare a Mannheim nove variazioni per pianoforte su una marcia di Ernst Christoph Dressler. Questo piccolo genio meriterebbe di essere spinto a viaggiare. Certo se continua come ha cominciato, diventerà un secondo Wolfgang Amadeus Mozart”. Herriot
[Dalle notizie in nostro possesso possiamo dire che poco dopo i dieci anni Beethoven era ormai avviato alla carriera di musicista. Non fu certo un prodigio come Mozart, ma era già considerato un abile giovane pianista ed organista ad una età ancora decisamente infantile. Aveva sviluppato a tal punto il proprio talento da essere nominato, assistente organista di corte (senza stipendio), nel 1782, e “maestro al cembalo“ nel 1783, il che significava che il ragazzino aveva la responsabilità di dirigere l’orchestra mentre sedeva al cembalo. Nel 1785, come riferisce Wegeler, fu assunto ufficialmente quale organista della Cappella di Corte, da prima “organista aggiunto”, con lo stipendio di 150 fiorini. Ed in effetti, come scrive Wegeler poco dopo, “Neefe e Beethoven furono contemporaneamente organisti di corte. … Il compito di organista di corte, prosegue Wegeler, era molto leggero; inoltre l’organo era di piccole dimensioni se paragonato alla grandezza della Cappella, e si trovava in posizione nascosta al pubblico; non era quindi richiesta neppure una grande abilità. Anzi in considerazione delle sue limitate possibilità poteva essere usato di rado. Neefe per di più godeva di buona salute e non aveva ulteriori impegni che gli impedissero di attendere al proprio servizio. Era evidente che la assunzione di Beethoven avesse l’unico scopo di assicurargli un sostentamento, elargitogli con grande tatto”. Anche se Wegeler scrive che “Neefe … influì scarsamente nella educazione musicale di Ludwig” altre notizie indicano chiaramente che fu C.G.Neefe che riconobbe e incoraggiò subito la genialità di Beethoven e lo aiutò nei primi passi della sua carriera lasciandogli poi progressivamente i suoi incarichi. Basta ricordare un articolo pubblicato, anonimo, ma da lui scritto su “Magazin der Musik“ di Cramer, il 2 marzo 1783, in cui pronosticava che Ludwig sarebbe divenuto un nuovo Mozart. I Fischer nei loro scritti quasi certamente alludono a questa epoca quando narrano che “Beethoven era convinto di avere ora raggiunto, nel campo della musica, lo stesso livello del padre“ e ce lo descrivono quando appariva in pubblico come organista con l’abito di musicista di corte: “Finanziera verde mare, calzoni verdi fino al ginocchio con fermagli, calze di seta bianca o nera, scarpe con fiocco nero, giacca ricamata, trattenuta da un cordone d’oro, capelli arricciati e col codino, gibus sotto il braccio destro, spada al fianco sinistro con cinturone d’argento“.] Il codice morale di Neefe che, come risulta dalla sua autobiografia, aveva avuto dei conflitti giovanili col padre, era caratterizzato dalla tendenza alla perfezione etica e alla repressione della sensualità attraverso un’attività che la sublimasse. Beethoven aveva chiaramente trovato uno spirito affine ed una guida morale in Neefe, i cui atteggiamenti puritani e gli imperativi etici controbilanciavano perfettamente il comportamento ed il carattere di Johann van Beethoven. Solomon
[Nella vita quotidiana, negli anni di Bonn, Beethoven quando si ritrovò ad essere, a causa della ubriachezza del padre, il capo della famiglia, tenne un comportamento a dir poco esemplare. Oltre ad ottemperare agli incarichi di corte, dava lezioni di pianoforte, reprimendo, come dice Wegeler, la sua “straordinaria avversione all‘insegnamento”, onde arrotondare le entrate e contribuire così al dovere di aiutare la famiglia. A tenere questo comportamento e a crearsi per così dire questa struttura morale – qualcosa che non lo abbandonerà mai più nella vita, anche se sarà causa di eccessi, come nella storia per la tutela del nipote – era stato aiutato dalla vedova Helene von Breuning che lo aveva accolto nella sua casa considerandolo come un figlio. Essa aveva la capacità, come scrive Thayer, di “costringerlo a fare il proprio dovere“. Beethoven stesso, negli anni della maturità ha riconosciuto tutto questo quando ricollega proprio all’infanzia l’origine della sua propensione alla virtù. Scrisse infatti: “Sin dall’infanzia, il mio zelo nel servire in qualsiasi modo la nostra povera umanità sofferente attraverso la mia arte non è mai sceso a compromessi con alcuna motivazione meno nobile“. Ed anche: “Sin da bambino provavo la gioia e il piacere più grandi nel poter fare qualcosa per gli altri“. E infine: “Non mi troverete mai, mai disonorevole. Fin dall’infanzia ho imparato ad amare la virtù – e tutto ciò che è bello e buono“.]
[Sappiamo per certo che Beethoven fu praticamente un autodidatta: non frequentò scuole superiori e neppure, sebbene pare che almeno una volta vi si sia iscritto, corsi universitari durante i quali assisté solo occasionalmente ad alcune lezioni. Amava tuttavia leggere molto e da adulto lesse le edizioni divulgative delle opere dei maggiori pensatori, opere di poesia e del teatro. Amava molto conversare con gente d’ingegno: qualunque posto andava bene per lui, un salotto o una taverna, un palazzo o un caffé. E di queste sue animate conversazioni ci è stato tramandato, dai molti che lo visitarono a Vienna, il ricordo. Il 2 novembre 1809 scriveva all’editore musicale Breitkopf e Härtel, a Lipsia [K.209]: “Ancora una cosa. Non esiste forse alcun trattato che sia troppo dotto per me; anche senza la minima pretesa di farmi una vera erudizione sin dall’infanzia tuttavia mi sono sforzato di comprendere il pensiero dei migliori e illuminati di ogni epoca”.] Ludwig, ormai grandicello, era spesso sporco e trasandato, tanto che Cecilia Fischer gli disse: “Come sei sporco; guarda di più alla tua pulizia”. Al che lui rispose: ”Che importanza può avere? Quando sarò diventato un signore nessuno se ne accorgerà più”. Thayer
L’educazione di Beethoven non fu né oltremodo trascurata né particolarmente approfondita. Imparò a leggere e a scrivere, e un po’ di aritmetica e di latino in una scuola pubblica. In casa sua apprese la musica sollecitato, con insistenza e severità, dal padre. La famiglia non godeva di alcun sostentamento al di fuori dello stipendio paterno, e conduceva perciò una vita di ristrettezze. Da ciò la rigidezza del padre – il quale, né dal punto di vista intellettuale né da quello morale rivelava particolari qualità – al fine di ottenere presto dal figlio maggiore un aiuto per il sostentamento della famiglia.
Ludwig fece le sue prime conoscenze con la letteratura tedesca, in particolar modo con la poesia, nella casa dei von Breuning. Wegeler
In età molto precoce il padre gli diede lezioni di violino e all’età di otto anni lo mandò a lezione dal vecchio organista di corte van den Eeden. Sembra anche che [Beethoven] abbia preso lezioni di pianoforte da un certo Tobias Pfeiffer ed abbia avuto una istruzione generica da alcuni organisti locali. Un parente, Franz Rovantini, impartì al fanciullo lezioni di violino e viola. Ma la sua istruzione generale non andò oltre la scuola elementare. La relativa brevità dell’educazione regolare ricevuta da Beethoven spiega alcune delle lacune del suo bagaglio culturale, quali la cecità per l’ortografia e la punteggiatura e l’incapacità di portare a termine la più semplice delle moltiplicazioni. Kerman e Tyson
Gli anni trascorsi a Bonn sono una versione povera della fanciullezza di Mozart: anche Beethoven ha un padre musicista, ma è solo tenore nella cappella dell’elettore Maximilian Franz, con più inclinazione al bere che all’educare. Pestelli