Il Ludwig van Beethoven’s Studien im Generalbasse, Contrapuncte und in der Compositions-Lehre aus dessen handschriftlichem Nachlasse gesammelt und hrsg. von Ignaz von Seyfried – Diverse edizioni sino alla Neue Ausgabe di Louis Köhler – Una Cronistoria
Nel novembre del 1827, a meno di un anno dalla morte di Beethoven, vennero messi all’asta sia i suoi lasciti musicali che i suoi effetti personali. L’editore Viennese Tobias Haslinger, amico del compositore di Bonn, entrò in possesso di un taccuino composto da diversi studi di carattere contrappuntistico risalente all’epoca in cui il compositore prese lezioni da Johann G. Albrechtsberger, da Salieri e da Haydn.
Haslinger sottopose lo scritto all’attenzione del suo amico musicista e critico musicale, Ignaz Ritter von Seyfried. Questi, fidandosi della autenticità del saggio, ne ricavò uno studio analitico, estrapolandone le teorie della composizione, del contrappunto del canone e della fuga, considerando questi lavori come una bozza originale beethoveniana per un’opera di teoria musicale.
Il saggio che ne derivò si intitola “Ludwig van Beethoven’s Studien im Generlabasse , Contrapuncte und der Compositions – Lehre”, un lungo trattato riguardante le teorie sul basso continuo, sul contrappunto e sulla composizione in generale; Seyfried aggiunse poi al lavoro una lunga appendice memorialistica.
Più che come una biografia in senso stretto, il volume di Seyfried si presenta come una sintetica disamina di alcuni aspetti della vita artistica e mondana di Beethoven, con inserimento, decisamente di grande interesse, di tutta una serie di episodi significativi. L’opera assume tanto più interesse, dal momento che Seyfried visse a stretto contatto con Beethoven per almeno sei anni, condividendo lo stesso appartamento posto all’interno del Theater An der Wien.
L’opera di Seyfried rientra nel novero dei contributi memorialistici redatti da chi conobbe e frequentò a lungo Beethoven. Rispetto agli scritti coevi, il volume di Seyfried presenta subito una differenza: mentre l’appendice degli Studien si inserisce a buon diritto nel numero di contributi biografici sulla figura del compositore di Bonn, implicando importanti valutazioni di Seyfried sulla vicenda Beethoveniana, la prima parte dell’opera vuole essere un trattato di composizione; la dubbia attribuzione, tuttavia, rende il volume nella sua totalità, un contributo di minor valore. L’appendice, al contrario, pur inserendosi in un lavoro non propriamente convincente e condotto con scarso rigore filologico, presenta tutta una serie di valutazioni e considerazioni di valore memorialistico di un tale interesse da autorizzare un giudizio complessivamente positivo sull’opera di Seyfried.
Dalle pagine degli Studien emerge l’aspetto umano, quotidiano, di Beethoven. Nel volume moralistico di Seyfried, Beethoven è un uomo che come tanti altri si preoccupa dell’educazione di suo nipote, che deve fronteggiare i problemi economici e di salute, che vive la sua vita come una persona comune.
Allo stesso tempo è anche un compositore di un talento sublime, un musicista acclamato da tutto il mondo artistico tedesco ed europeo, il prototipo dell’Eroe Romantico, del Sacerdote dell’Arte che vive in simbiosi con le sue creazioni musicale e di esse si nutre.
Per tutti questi aspetti, il lavoro condotto da Seyfried ha molteplici pregi: la dimensione umana del compositore, così ben delineata e descritta da Seyfried in stile asciutto e immediato, aiuta, forse meglio di un saggio analitico – estetico, a cogliere nella sua dimensione reale il valore dell’uomo Beethoven anche in relazione alle opere scritte.
Ignaz Xavier Ritter von Seyfried nacque il 15 agosto 1776 a Vienna, dove morì, nel 1841, all’età di 65 anni. Fu molto apprezzato come direttore d’orchestra e si distinse anche come discreto compositore, soprattutto nel genere drammatico. Nel 1792, per volere del padre, si recò a Praga per studiare filosofia, dove però rimase solo un anno, fino al Novembre del 1793. Al rientro a Vienna decise di dedicarsi completamente alla musica. Nel 1795 fu assunto come Kepellmeister e direttore musicale al Theater auf der Wien, a quel tempo diretto da Schikaneder, per poi trasferirsi, con identici incarichi, al Theater an der Wien nel 1801. Dal 1797 al 1827, anno in cui rassegnò le dimissioni dalla carica di Kapellmeister dal suddetto teatro, compose Opere in gran numero (la sua prima Opera fu Der Friede, del 1797) e si stima che le rappresentazioni delle sue composizioni drammatiche di quegli anni, al solo Theater an der Wien, arrivarono all’impressionante numero di 1700.
Rimasto senza lavoro per la chiusura del teatro avvenuta nel 1827, deluso nella speranza di ottenere il posto di vicedirettore della Cappella Imperiale, che von Eybler, promosso alla carica di Kapellmeister al posto di Salieri, aveva lasciato vacante nel 1825 e costretto per motivi di famiglia a rifiutare offerte di lavoro a Amburgo e Dresda, dovette dedicarsi all’insegnamento privato, affiancando queste attività con lavori occasionali presso altri teatri.
Sebbene non conoscesse rivali grazie alla sua grande versatilità e alla capacità di interessare sempre il pubblico con le sue Opere, benchè il favore della critica contemporanea non gli mancasse assolutamente, Seyfried non ebbe mai un’originalità ed una genialità tali da permettergli di emergere dalla mediocrità, per raggiungere la grandezza di altri grandi maestri viennesi come Haydn, Salieri, Mozart o Beethoven.
In tutti i casi c’è da dire che quattro della sue Opere entrarono nel novero delle dodici Opere rappresentate con maggior frequenza al Freihaus-Theater, e numerosi Singspiele furono messi in scena al Theater an der Wien e questo ancor prima che lo stesso Seyfried ne divenisse Kapellmeister. Furono apprezzati anche i suoi Oratori scritti su soggetti biblici, tra cui Saul (1810), Abrahm (1817), Dei Makabar (1818) e Neah (1819).
Scrisse inoltre musiche di scena su testi di Schiller e Grillparzer. Fu autore di balletti, cantate, sinfonie, Lieder, concerti per strumenti solisti e musica da camera, e sonate per pianoforte. Dopo le sue dimissioni dalla carica di Kapellmeister al Theater an der Wien, Seyfried si dedicò con grande passione alla musica da camera e alle composizioni di Musica Sacra: oltre a numerosi arrangiamenti di Messe, Mottetti e Oratori di maestri del periodo Barocco e del periodo Classico, compose una ventina di Messe per soli, coro e orchestra.
Svolse inoltre una grande attività didattica, tra i suoi allievi più illustri spiccano Karl Binder e Franz Supppé. All’attività pedagogica di Seyfried sono connesse le pubblicazioni degli scritti di Albrechtsberger, la Wiener Tonschule di Prendl (1827), nonché i Beethoven’s Studien del 1832. Svolse un’intensa attività di critico musicale sulle pagine della Neue Zeitschrift fur Musik, su Caecilia e sulla Allgemeine Musikalische Zeitung. Collaborò anche con Schilling nella redazione della Encyclopadie.
Lo stretto legame d’amicizia che lo legò a Beethoven ebbe origine nel 1801, quando il compositore di Bonn dimorò nello stesso alloggio presso il teatro An der Wien in cui abitava Seyfried. Quegli anni vissuti a stretto contatto con l’ illustre compositore gli lasciarono un’impronta indelebile, un’emozione che lo accompagnerà per tutta la vita, come gli stessi “Beethoven’s Studien” testimoniano.
Quell’amicizia ebbe anche risvolti artistici non irrilevanti, dal momento che Beethoven affidava spesso volentieri le proprie opere all’orchestra diretta dall’amico e collega, confidando nelle sue doti musicali e nella sua fine sensibilità artistica. Il 20 novembre 1805, Beethoven mise in scena per la prima volta presso il teatro An der Wien il suo Fidelio; volle assicurarsi che alla direzione dell’opera ci fosse Seyfried, esattamente come avvenne in occasione della rappresentazione del maggio 1806, quando il Fidelio, col titolo mutato in Leonora, ridotto in due atti e revisionato, affrontava il giudizio del pubblico nella sua nuova veste.
Nel 1822, in occasione della terza rappresentazione del Fidelio, fu lo stesso Beethoven a scrivere a Seyfried, richiedendone esplicitamente la collaborazione nella direzione dell’opera, e aggiungendo, in conclusione “Questi maestri come lei prendono parte delle nostre vicende, le ali non si paralizzano mai” .
La stima che Seyfried aveva per Beethoven era dunque certamente ricambiata. Sulle pagine della Neue Zeitschrift fur Musik, della Allgemeine Musikalische Zeitung , su Cecilia e su altre riviste ancora, Seyfried conduceva con successo l’attività di critico musicale, recensendo con fini intuizioni e rigore scientifico anche le diverse opere beethoveniane.
Prestando fede ad alcune autorevoli testimonianze, sembra che Beethoven abbia apprezzato molto le recensioni del collega pubblicate sulle pagine di questi periodici. Meritoria di particolare attenzione per la sottigliezza dell’indagine e la raffinatezza dei conclusioni, la recensione sulla Missa Solemnis, apparsa sulla AMZ per l’anno 1824 a pagina 120. In questa si riporta un interessante articolo apparso su Caecilia (No. 9, pag, 218, anno 1828) dove Seyfried, autore dell’articolo e narratore in prima persona, traccia una breve sintesi delle proprie impressioni ricavate in quegli anni, così significativi per la propria esistenza, vissuti a stretto contatto con Beethoven:
“Quel rapporto di amicizia così stretta che mi legò a Beethoven, non cessò mai di essere tale per lungo periodo di anni e non fu mai in alcun modo allentato, mai turbato dal benché minimo di dissidio o fraintendimento, come fossimo in ogni momento stati della medesima opinione su ogni cosa, come se avessimo sempre avuto le stesse idee: ognuno di noi, infatti, si esprimeva liberamente, senza nascondimenti, così come accade solo quando si è veramente consapevoli della propria lealtà reciproca, e si ritiene un tale stato di cose effettivo e indissolubile, sempre lontani da qualsiasi egoismo colpevole di voler imporre la propria volontà sull’altro, portando avanti ciecamente le proprie opinioni o credenze, sostenendole sempre come fossero infallibili.
Beethoven, in particolare modo, era fin troppo schietto, aperto e tollerante per offendere chicchessia, disapprovandolo o contraddicendolo; se qualcuno non gli andava a genio, se ne prendeva gioco cordialmente, e sempre senza voler offendere, lo scherniva. Con fiducia credo di poter affermare che, perlomeno consapevolmente, mai in vita sua ebbe alcun nemico, e solo chi si sentiva estraneo alle sue particolarità poteva non sentirsi completamente a suo agio nei rapporti con lui (parlo solo del periodo in cui non era affatto afflitto dalla sordità).
Quando, al contrario, Beethoven soprattutto con qualche protettore che diveniva davvero troppo insistente, “gettava via l’acqua col bambino” con la sua spontaneità un po’ rude, la causa risedeva semplicemente nel fatto che l’onesto tedesco porta sempre il cuore in punta di lingua, e non si lascia umiliare fino a divenire lo zimbello di vacui umori dei suoi mecenati, tronfi del nome e dell’arte del loro amato maestro.
Quando Beethoven compose il Fidelio, l’oratorio Cristo sul Monte degli Ulivi, le sinfonie in mi bemolle, do minore, in fa maggiore, i concerti pianoforte in do minore, sol maggiore e il concerto per violino in re maggiore, vivevamo nella stessa casa e, dal momento che conducevano una vita da scapoli, frequentavamo il medesimo ristorante, trascorrevamo chiacchierando qualche indimenticabile oretta con spirito cameratesco e familiare.
A quel punto Beethoven era sereno, ben disposto verso ogni innocente burla, gaio, felice della vita, spiritoso e, non di rado, anche acutamente ironico, non ancora affitto dal alcuna malattia fisica; la perdita dell’udito, così indispensabile soprattutto per un musicista, non turbava i suoi giorni. Come conseguenza di una maligna epidemia di vaiolo sofferta della prima fanciullezza, aveva la vista indebolita, e questa sua deficienza, fin dalla primissima adolescenza, lo costrinse a portare occhiali con lenti molto spesse. Le opere sopra citate, riconosciute come capolavori da tutto il mondo musicale, mi venivano sottoposte eseguite dello stesso Beethoven a pianoforte, e immediatamente, senza nemmeno lasciarmi sufficiente tempo per riflettere, mi veniva richiesto di esprimere un mio giudizio su di essi.
Tale parere potevo esprimerlo schiettamente, con franchezza, senza dover temere di offendere quel sentimento di orgoglio proprio di ogni artista, che però in Beethoven non era assolutamente radicato ed anzi, del tutto assente.
Le sinfonie i concerti che portò in scena la prima volta in beneficenza, presso il teatro An der Wien, così come l’opera e l’oratorio, le studiai io stesso, secondo le sue direttive, con la compagnia operistica mia propria, partecipando ad ogni prova in teatro e dirigendo l’orchestra.
Se l’odioso detto che dice ‘Propria laus sordet’ non mi risuonasse nelle orecchie, confesserei che Beethoven andava d’accordo davvero di buon grado con me, e che compose addirittura qualche opera espressamente per la mia persona”.
Il contributo Seyfried si è rilevato di grande interesse e raramente sono state riscontrate incongruenze tra la sua versione dei fatti e quella degli altri biografi; il più delle volte anzi l’autore degli “Studien” ci ha riportato informazioni su avvenimenti ormai universalmente accettati e nuove interessanti sfumature che non solo non contraddicono, ma che aggiungono una visione particolare alla memorialistica beethoveniana.
Il Ludwig van Beethoven’s Studien im Generlabasse , Contrapuncte und der Compositions – Lehre
– Le pubblicazioni –
Il volume di Seyfried venne pubblicato una seconda volta da Mensfelt Edgar Person, nel 1853 (1852) dietro richiesta dalla Philarmonic Society di Londra. In questa edizione i Beethoven’s Studien non subirono alcuna revisione, eccezion fatta per due brevi contributi memorialistici che vennero aggiunti al libro, pur non essendone Seyfried l’autore.
Gli autori dei due brevi testi, Georg August Griesinger a Alfred Julius Becher, integrano il saggio di Seyfried per quanto concerne due argomenti trattati dall’autore stesso: il primo riguarda la considerazione che Beethoven nutriva nei confronti dell’opera tedesca, il secondo riferisce delle considerazioni del compositore sul mondo musicale inglese.
La seconda edizione fu annunciata nel 1851 dall’editore musicale Schubert & Co. di Amburgo, mentre Seyfried riporta che l’edizione francese del 1833 fruttò all’editore 3000 franchi.
L’opera di Seyfried è un lungo trattato teorico diviso in tre sezioni più una (costituita da frammenti) e corredato da un appendice; l’intero trattato sarebbe stato redatto, secondo le parole dell’autore, in base ad appunti beethoveniani. L’indice degli Studien che compare all’inizio del terzo capitolo, subito dopo il frontespizio originale, fornisce una chiara visione del lavoro di Seyfried: si tratta di un lavoro di 337 pagine, diviso in tre sezioni e provvisto di un’appendice. La prima sezione riguarda le teorie sul basso continuo, ed è articolata in 10 capitoli. La seconda, di 15 capitoli, riguarda le teorie sulla composizione, mentre la terza, composta da studi di contrappunto nell’arte della fuga, è di 12 capitoli. Tutto preceduto da un elenco di ben 1293 sottoscrittori, con alcuni nomi illustri come Ignaz Castelli, Friedrich Chopin, Carl Czerny, Carl Holz, Robert Schumann e Richard Wagner.
Firma autografa di Karl Ignaz Ritter von Seyfried (autografo proprietà degli autori)
La bibliografia italiana di quest’opera è complicata. Cominciamo dunque dal rilevare, come detto, che l’edizione originale è in lingua tedesca e fu pubblicata nel 1832 dall’Haslinger. A questa edizione tedesca seguì quella francese del 1833 in due volumi, curata da Maurice Schlesinger con una tavola col fac-simile delle firme dei sottoscrittori. A distanza di 23 anni dalla prima edizione francese apparve quella italiana. Questo trattato in lingua italiana non fu scevro di vicende. Schimdl nel suo “Dizionario universale dei musicisti” ci fa sapere che l’editore Giovanni Canti, dopo essere stato incisore di musica presso Ricordi, aprì, verso il 1840, una propria azienda, pubblicando, tra l’altro nel 1855 proprio il Trattato di Beethoven. Alla sua morte l’azienda passò alla vedova, poi al figlio Carlo poi, dopo la morte di Carlo (avvenuta nel 1876) fu assorbita dalla casa Lucca e questa a sua volta dalla Casa Ricordi nel 1888.
Il trattato subì le traversie di queste trapassi; esistono difatti un’edizione “Lucca” e due edizioni “Ricordi” non datate. La prima edizione probabilmente oscillante tra il 1876 e il 1884, la seconda deve essere posteriore al 1888 e la terza circa del 1905. La tipografia è rifatta o rimanipolata, mentre la parte litografica rimane identica.
Tuttavia credo opportuno segnalare nella sopracitata prima edizione francese la magnifica tavola in facsimile delle firme dei sottoscrittori, non solo plebiscitaria ammirazione per Beethoven, ma anche perché tra quelle firme figurano quelle di grandi musicisti: Cherubini, Berlioz, Meyerbeer, Chopin, Rossini, Auber, Paganini, Paer, Halévy, ecc.
Nel 1880 uscì un supplemento/revisione a detta opera, a cura del prof. Louis Kohler. Il titolo esatto e completo è
Beethoven Studien im Generalbass, Contrapunkt und der Composition – Neue Ausgabe von Louis Kohler
Mentre nell’edizione italiana tra i sottoscrittori compare Verdi Giuseppe, “Cavaliere della Legion d’Onore – Busseto” e non come musicista o compositore, a differenza di altri nomi presenti.
Il Ludwig van Beethoven’s Studien im Generlabasse , Contrapuncte und der Compositions – Lehre
Galleria iconografica di tutte le edizioni, con frontespizi ed inserti (volumi di proprietà degli autori)
I testi e i documenti di questa pagina sono curati da Luigi Bellofatto. Chi volesse consultare o richiedere dette risorse, può contattare l’ autore tramite il nostro modulo di contatto.