Christus am Ölberge Opus 85: Il Cristo sul monte degli Ulivi – Le prime esecuzioni ed edizioni in Italia

Articolo inedito di Luigi Bellofatto, riguardo alle prime edizioni e alle prime rappresentazioni dell’oratorio beethoveniano “Christus am Ölberge” (Cristo sul monte degli Ulivi, Opus 85) avvenute in Italia durante la vita del compositore e negli anni immediatamente successivi la sua morte, nonché alle primissime edizioni a stampa della musica e del libretto e le sue traduzioni nella nostra lingua.

Christus am Ölberge (in italiano, Cristo sul Monte degli Ulivi), op. 85, è un oratorio di Ludwig van Beethoven in cui viene rappresentato il tumulto emotivo di Gesù nel giardino del Getsemani prima della sua crocifissione. Fu iniziato nell’autunno del 1802 – come indicato nel quaderno di abbozzi Wielhorsky – e terminato in un periodo molto breve: in una lettera a Breitkopf & Härtel scritta poco dopo il completamento dell’oratorio, Beethoven disse di averlo finito in “poche settimane”, anche se ha in seguito affermato che il completamento del pezzo non ha richiesto più di 14 giorni. Il libretto è stato scritto in tedesco dal poeta Franz Xaver Huber, direttore del Wiener Zeitung, con cui Beethoven lavorò a stretto contatto. Il testo è liberamente preso dai Vangeli e tratta del momento in cui Gesù prega nell’orto degli Ulivi e  della sua passione.

Il Cristo sul Monte degli Ulivi è stato generalmente considerato come un lavoro minore, soprattutto a causa della debolezza del libretto di Franz Xaber Huber; pur essendo – si potrebbe dire – la sola composizione drammatica di Beethoven, non è mai stato considerato tra i suoi capolavori. Lo stesso compositore nel 1811, prima della pubblicazione, revisionò l’opera, senza però risolverne i problemi. Come si leggerà e come scrive la Prof.ssa Biancamaria Brumana, però, l’opera ebbe molta fortuna in Italia negli anni a seguire.

La composizione del Cristo fu particolarmente influenzata dalla frequentazione dell’accademia viennese ed anche la sua committenza si può ricondurre all’ambiente massonico al quale appartenevano sia il barone van Switen che Emanuel Schikaneder direttore del Theater an der Wien. Il Cristo fu eseguito per la prima volta il giovedì santo 5 Aprile 1803 al Theater an der Wien; il programma del concerto, tutto Beethoveniano, comprendeva anche le esecuzioni della seconda sinfonia e del terzo concerto del pianoforte e orchestra oltre ad una ripresa della prima sinfonia. Il concerto fu un successo economico anche se la stampa diede giudizi contrastanti. La Allgemeine Musikalische Zeitung prima disse che fu un grande successo, ma dopo alcuni mesi scrisse che la serata di Beethoven non era piaciuta. Un’altra rivista Zeitung fuer die Elegante Welt diede un buon giudizio sull’opera.

Per quando riguarda le rappresentazioni, il Cristo venne eseguito spesso anche durante la vita di Beethoven. Sono ricordate circa 33 esecuzioni negli anni 1803-1830 in paesi in lingua tedesca, Olanda, Scandinavia e Russia. Sir George Smart lo introdusse a Londra nel 1814. Nel 1830 è stato fatto un coraggioso tentativo di superare le carenze dell’oratorio, con l’obiettivo di rendere il lavoro adatto all’ambiente inglese. Il libretto originale venne sostituito con uno completamente nuovo – che non è una traduzione e non ha nulla in comune con il libretto originale – ed è invece basato sulla storia del Vecchio Testamento, Libro di Samuele della persecuzione di Davide da parte di Saul. L’oratorio trasformato, dal titolo Engedi; or David in the Wilderness, è stato pubblicato e probabilmente commissionato da J. Alfred Novello.

Articolo sulla prima esecuzione dell’Oratorio a Vienna, da Allgemeine musikalische Zeitung, vol. 5 (1802/1803), Nr. 29, del 13.4., p. 489

Annuncio della prima edizione dell’Oratorio in partitura, da Allgemeine musikalische Zeitung , vol. 14 (1812), Nr. 1, del 1.1., p. 3-7; Nr. 2, del 8.1., p. [17]-25

Il libretto di Engedi è del musicologo dilettante irlandese Henry Hudson. Il risultato è uno dei pochi adattamenti di un’opera drammatico-musicale in cui un testo radicalmente diverso si sovrappone alla musica originale. Engedi è stato pubblicato, forse per la prima volta, nel 1857 e vi è anche una edizione più tarda del 1894. Un aspetto particolare della pubblicazione di Engedi è che manifesta gli obiettivi della Novello Publishing nel periodo 1837-1890. La prefazione all’edizione del 1854 pone Engedi nel contesto degli sforzi per affermare Novello come l’editore più innovativo e con fini educativi in quello che era un mercato molto competitivo e non regolamentato.

In Italia, invece, si ebbe la prima edizione estera dell’oratorio ed il Cristo fu una delle prime opere di Beethoven ad essere pubblicata. La partitura venne avviata all’incisione da Giovanni Ricordi nel settembre 1824 e pubblicata nell’Aprile 1825 con la traduzione del testo in lingua italiana ad opera di Franz Sales Kandler e del compositore Nicola Vaccaj. Il Kinsky nel suo catalogo del 1955 cita questa edizione, sbagliando però la data e riportando quella del 1828.

Il frontespizio riporta:

Cristo sull’ oliveto Oratorio posto in musica da Luigi van Beethoven, prima versione italiana umiliata  a sua Maestà Federica Guglielmina Carolina Regina di Baviera da Francesco Sal Kandler, membro di varie accademie letterarie, e filarmoniche d’Italia, e di Germania.

Troviamo l’annuncio nella Gazzetta di Milano del 13 Aprile: “Dai torchi di Gio. Ricordi in Milano uscirà in breve l’oratorio di Beethoven, intitolato: Cristo sul Monte Oliveto, in piena partitura al prezzo di fr. 20 in carta comune, e fr. 30 in carta velina. Quest’opera, scritta a Vienna nell’idioma tedesco, si distingue fra le classiche di quell’egregio compositore per la grandiosità dello stile, e pel mirabile accoppiamento d’idee variate e sublimi, e co’ tratti i più luminosi di una vivace ed inesauribile fantasia. Le gradevoli cantilene, la ricchezza istromentale e l’impronta del genio che in ogni nota traluce, indussero gli intelligenti a riguardare quest’oratorio come un capo-lavoro, e determinarono l’editore Gio. Ricordi ad offrirlo alla conoscenza ed ammirazione degli amatori e professori, in questa versione ed alle cure dell’edizione istessa, dall’emerito sig. Francesco Kandler, membro di varie accademie letterarie e filarmoniche d’Italia e Germania. Quest’oratorio, tradotto in poesia italiana con tata esattezza, che ben si può dire traduzione del tutto corrispondente all’originale, vedrà la luce dedicato ad altissimo Personaggio, a cui le belle arti vanno debitrici della più efficace protezione e del favore il più distinto”.

Interessante notare che gli editori A. Ferrence e M. Schlesinger di Parigi pubblicarono, qualche anno dopo, la partitura di questo oratorio non con il testo tedesco originale né francese, bensì con la traduzione italiana di Kandler-Vaccaj. Anche quest’ultima edizione francese è sconosciuta al Kinsky.

La conoscenza di Beethoven (o meglio le prime stampe di opere di Beethoven) in Italia iniziò con le musiche pianistiche e poi le cameristiche e sinfoniche. Uno dei primi divulgatori (se non il primo) fu l’editore Giuseppe Lorenzi a Firenze che iniziò a pubblicare diversi pezzi (completi) pianistici di Beethoven nel 1817 anche se la stampa di “pezzi Beethoveniani” in Italia iniziò prima, nel 1813, a Milano con la pubblicazione della prima musica beethoveniana da parte di Ricordi nella Raccolta di varj e migliori pezzi di musica per Forte Piano del Ballo Prometeo Inventato e portato sulle scene del R° Teatro alla Scala dal Signor Salvatore Viganò.

Le ricerche a Modena e a Parma hanno dato esito negativo. Probabilmente il Cristo fu rappresentato a Firenze, dove Adelmo Damerini, ha rinvenuto un esemplare del programma. Ulteriori documenti, per ora, egli non ha trovato, neppure consultando la Gazzetta di Firenze e l’Antologia del Vieusseux.

Comunque, a favore di Firenze c’è un altro indizio: il protagonista. F. Ceccherini (nato e morto a Firenze 1792-1858) viveva proprio in quegli anni a Firenze e sebbene possedesse, come racconta lo Schmidl, “una fenomenale voce di tenore” e fosse “primo tenore della Corte di Toscana”, non volle percorrere la carriera teatrale e si dedicò al canto ecclesiastico e all’istruzione. Fu anche compositore di molto merito, specie di musica sacra.

Dato il suo prestigio professionale, l’indole religiosa e la qualità di eccezionale cantante, è ragionevole supporre che si debba proprio a lui l’iniziativa di eseguire l’oratorio Beethoveniano a Firenze e, per riflesso, a Perugia. Salvo che nuovi documenti suggeriscano altra soluzione, resta il fatto singolare di una simultanea esecuzione dell’oratorio Beethoveniano in due città italiane alla distanza di dodici giorni dalla morte del grande Autore.

Per quanto riguarda la prima rappresentazione del Cristo documentata, è lo stesso Pietro Lichtenthal che, nell’Allgemeine Musikalische Zeitung del 26 Giugno 1824, oltre a precisare che il testo del Cristo è stato tradotto da Franz Sales Kandler e dal compositore Nicola Vaccaj, riporta di un’esecuzione affidata a dilettanti tra i quali Kandler stesso e la pianista Costanza Casella (figlia del padrone di casa e allieva di Karl Mozart, il maggiore dei figli di W.A. Mozart) che dirigeva seduta al pianoforte. Quindi la prima esecuzione avvenne a Milano, il venerdì santo 16 Aprile 1824 a casa del colonnello imperiale Giovanni Casella facente parte di una delle accademie settimanali; questo ancor prima della pubblicazione da parte di Giovanni Ricordi della partitura. Esiste un libretto scritto a firma di Lichtenthal di questa esecuzione, prima ancora che Ricordi dette alle stampe questo Oratorio.

Successivamente, nel 1826, a Bergamo il Cristo venne riproposto dall’Unione Filarmonica di Bergamo sotto la direzione di Giovanni Simone Mayr; il conservatorio di Bergamo conserva tuttora le parti autografe (13 vocali e 23 strumentali, in molti casi autografe di Mayr, con l’indicazione, su ognuna di esse, di “Unione Filarmonica”). A proposito di questa esecuzione ne fa cenno un articolo sul Giornale d’Indizj Giudiziarj della provincia di Bergamo del 5 Ottobre 1826: “Imprevedute combinazioni interrompono alcuna volta il corso prefinito delle statutarie discipline agli applauditi lavori della nostra Unione Filarmonica; ma non per questo è da temersi possa venir meno l’ardore che, tutti d’ accordo verso li stesso scopo, guida gli egregi Socj di questo esimio musicale istituto. Chè anzi le interruzioni sono sempre compensate dalle frequenti occasioni nelle quali il pubblico ammira l’ognora crescente fervore della Società, e gode o in gustare grandiose classiche composizioni (come f in quest’ anno tra le altre l’Oratorio di Beethoven) o in udire professori e dilettami anche stranieri di merito preclaro.”

Per questa rappresentazione fu stampato a Bergamo da Luigi Sonzogni un libretto ed è l’unico libretto pubblicato con Beethoven ancora in vita.

L’anno dopo il Cristo fu eseguito a Perugia, presso la casa del marchese Nicola Antinori, precisamente il 7 Aprile 1827 (il sabato prima della domenica delle palme), a soli 12 giorni dalla morte di Beethoven, in occasione di una riunione letteraria di professori dell’Università di Perugia che recarono il loro contributo con scritti in prosa o poetici e il cui libretto riporta: Cristo sull’Oliveto (Oratorio, Op. 85). Foglietto programma (cm. 31×21) in 4 pp. Pag. 1: Nel dì 7 aprile 1827, in casa del Marchese Niccola Antinori, eseguendosi da alcuni dilettanti di canto e di suono, l’Oratorio intitolato Cristo sul l’Oliveto posto in musica da chiarissimo Signor Beethoven, alcuni Professori della Università di Perugia si uniscono in letteraria radunanza coll’ordine seguente. Pag. 2: Programma della serata (Prolusione e 10 componimenti poetici). Pagg. 3-4: Testo italiano dell’Oratorio. In fine: Perugia 1827 per Giulio Garbinesi e Vincenzo Santicci, Tipografia Camerali, con approvazione.

Il nome dell’Antinori compare sempre nei frontespizi di libretti di opere eseguite a Perugia: è lui il proprietario della casa al quale si deve onore, rispetto e gratitudine per l’ospitalità. L’elemento che accomuna questi spettacoli è l’essere essi affidati per le parti vocali a dilettanti. Dilettanti comunque nel senso ottocentesco del termine, di persone cioè appartenuti per lo più alla classe nobiliare che, pur dotate di buona preparazione, si dedicavano alla musica disinteressatamente e non calcavano le scene dei teatri pubblici. Dilettanti di fatto erano anche gli strumentisti, ma in questo non si differenziavano dai collaboratori abituali delle stagioni operistiche, dediti contemporaneamente ad altre occupazioni lavorative. I membri della famiglia Antinori che risultano coinvolti nella musica sono: Adelaide, Alemena, Teresa e Girolamo. Mariotto scrive le prose di apertura per le due accademie beethoveniane.

Esiste, poi, un altro programma del Cristo che solleva un problema, come riporta il Bruers: la pagina 1 consiste in un occhiello tipografico con la dicitura “Accademia di Corte per la sera del 7 aprile 1827”. Seguono le altre pagine. Pag. 3. “Parte Prima (vocale e strumentale)”. Pag. 5-16 “Parte Seconda: Cristo sull’Oliveto, oratorio posto in musica da L.V. Beethoven”. Nessuna indicazione della città ed il testo è quello della versione Kandler. Da notare che l’esecuzione avveniva nella stessa sera di quella di Perugia, sopra menzionata. È possibile che si tratti di due diversi programmi della stessa esecuzione perugina? Non sembra. Innanzitutto a Perugia non esisteva un’Accademia di Corte; secondariamente nel programma umbro gli interpreti sono definiti dilettanti, mentre quelli dell’altro programma non erano tali, come risulta dai loro nomi che sono scritti, a matita, sull’esemplare della Collezione Rolandi: Cristo: Ferdinando Ceccherini; Serafino: Amalia Bonini; Pietro: Ferdinando Grillo. Se la città del programma sine loco non fu Perugia, allora in quale altra città fu eseguito il Cristo “la sera del 7 aprile 1827”? Firenze, Modena, Parma?

Annuncio della prima esecuzione a Milano dell’Oratorio, da Allgemeine musikalische Zeitung, vol 26 (1824), Nr. 31, del 29.7, p. 512

Annuncio dell’edizione italiana Ricordi in Caecilia: eine Zeitschrift für die musikalische Welt. vol. 3 (1825), Nr. 10, p. 124

Alcuni studiosi pensano che la seconda esecuzione sia stata effettuata a Napoli, dove in anni successivi (nel 1842) venne eseguito il Cristo sotto la direzione di Mercadante e molte altre esecuzioni come lo dimostrano le numerose partiture e libretti manoscritti conservati presso il Conservatorio di Napoli. Si può già escludere l’ipotesi che le due esecuzioni siano state effettuate in memoria della morte di Beethoven in quanto non c’erano i tempi materiali tra l’arrivo delle informazioni e la programmazione dell’evento. Infatti è interessante notare che la morte di Beethoven venne annunciata a Trieste e Venezia il 3 aprile, a Milano il 5, a Torino e Firenze il 10, a Genova il 14, a Bologna il 19 e a Perugia solo il 24 aprile.

Inoltre la presentazione di un oratorio nel periodo quaresimale rientrava nelle usanze musicali del genere. Certo stupisce la scelta dell’Oratorio beethoveniano nello stesso giorno in due città diverse.

Il giornale Caecilia di Magonza riporta che a Milano venne eseguito una seconda volta; anche se non lo cita è quasi sicuro che si riferisca a quella al Conservatorio dagli allievi, come dimostrato dalle parti solistiche, corali e orchestrali manoscritte conservate presso la Biblioteca del Conservatorio di Milano. Infatti uno spartito reca sul frontespizio questa dicitura “D’ogni intorno onore e gloria, ridotto coll’accompagnamento di Piano Forte da Frascesco Schira, allievo pensionista nell’I.R. Conservatorio di musica in Milano” con la data 1827.

Il 16 Aprile 1829 la Gazzetta Piemontese riporta una recensione di un concerto avvenuto due giorni prima a Torino alla Accademia Filarmonica “L’Oratorio, Cristo al Monte Oliveto, ammiranda fattura dell’immortale Beethoven, è stato cantato la prima volta in questa Città martedì sera più per esperimento che per saggio de’ progressi degli Allievi e delle Allieve della Scuola di musica istituita sotto gli auspici di SUA MAESTA’ dell’Accademia Filarmonica. Senza parlare della parte istrumentale che, a malgrado delle gravi difficoltà di sui ribocca, venne dagli Accademici eseguita con una precisione ed un accordo superiori ad ogni elogio, è giunto di dire ad onore resi dei Cantanti, come de’ Professori – Maestri della Scuola, che la parte vocale, in cui brillarono franca intonazione, tredici voci di soprani, contralti, tenori e bassi, non ostante una quali invincibile timidità, non ha lasciato un non nulla da desiderare.”

Un’altra esecuzione nel 1830 proposta da Giovanni Battista Polledro (tornato in Italia dopo che essere stato maestro di cappella di corte a Dresda) sempre all’Accademia Filarmonica in Torino è citata da Giorgio Pestelli nel suo saggio del 1982 Beethoven a Torino e in Piemonte nell’Ottocento “l’Accademia allestì quello che pare essere il primo confronto beethoveniano di un certo richiamo per i subalpini, l’Oratorio op. 85 Cristo sul monte degli ulivi esecuzione in lingua italiana che mentre attesta in favore della serietà degli studii a cui si informava la Scuola (che contribuì con 13 voci), fu a buon diritto celebrata allora come un titolo d’onore per l’Accademia”.  Ritengo che Pestelli volesse riferirsi all’anno 1829 in quanto non ho riscontrato alcun riferimento al Cristo nella Gazzetta Piemontese del 1830. Le parti separate manoscritte utilizzate per questa esecuzione sono conservate presso la Biblioteca dell’Accademia Filarmonica di Torino.

Nel 1830 un libretto stampato a Roma da Giunchi con il titolo “Gesù all’Oliveto” dimostra un’ulteriore esecuzione solo pochi anni dalla morte di Beethoven.

Nel 1834 l’oratorio venne ripetuto sempre a casa del marchese Antinori a Perugia e viene stampato un libretto come segue:

Nella sera del dì 15 marzo 1834 alcuni dilettanti di canto e di suono eseguiscono in casa del marchese Niccola Antinori l’oratorio CRISTO AL MONTE OLIVETO coll’ordine seguente, Perugia, V. Santucci, 1834. Personaggi: Cristo, Domenico Furlani; Serafini, marchese Adelaide Antinori, contessa Almena Salvatori, contessa Teresa Cesarei; Pietro, Giovanni Zannoni; coro di discepoli e coro di guerrieri. Eugenio Tancioni (direttore della musica); Rinaldo Barbi (I violino e direttore di orchestra).

Anche a Napoli il Cristo fu eseguito molte volte sin dal 1830, come dimostrato dai numerosi libretti e partiture manoscritte presenti al Conservatorio di Napoli; il coro dei guerrieri fece parte di un concerto inaugurale della Società Filarmonica del 12 Aprile 1835.

Nel Febbraio 1842 il Cristo sull’Oliveto venne eseguito nella Chiesa di San Giovannino presso le Scuole Pie di Firenze come confermato dalla Gazzetta di Firenze del 12 Febbraio: “Nella Chiesa di S. Giovannino de’ CC. RR. delle scuole Pie di Firenze, i giorni 6, 7 e 8 del corrente colla solita pompa ebbe luogo a forma di Quarantore l’Esposizione   dell’AUGUSTISSIMO SACRAMENTO. Questa Festa solenne è dovuta alla pia Congregazione di Maria SS. ADDOLORATA & S. GIUSEPPE CALASANZIO, la quale sotto gli auspici di S. A. I. e R. l’amatissimo nostro Sovrano Leopoldo II e presieduta dall’ accettissimo e benemerito sig. cav. Andrea de ‘ Principi Corsini, Duca di Casigliano, cerca in modo non dubbio di mostrare il suo zelo. Ed in quest’anno ha perciò procurato che nella prima e nell’ultima sera degli indicati giorni venissero eseguiti due musicali famosi lavori in stile alemanno, tanto pregiato dagli esperti negli arcani dell’armonia Il primo fu il lugubre e profondamente patetico ed ispirato Oratorio del Summo L. Van Beethoven, il Cristo all’Oliveto; l’altro una scelta de ‘ più bei pezzi del severamente religioso spartito, il S. Paolo del celebratissimo Felice Mendelssohn Bartholdy”.

La Gazzetta Musicale di Milano del 27 marzo 1842 in un lungo articolo di Giacinto Battaglia dove riporta un’esecuzione al Conservatorio di Milano avvenuta una settimana prima, che riportiamo integralmente e fedelmente:

“Non sappiamo indurci a sottoscrivere pienamente alla sentenza del sig. Fétis, al quale la partizione di Beethoven, Il Cristo oli Oliveto sembra sparsa di una tinta fredda e monotona ch’ei dice essere effetto di una soverchia elaborazione scientifica. Certo è che noi pure non vi abbiamo trovata quella ridondanza di frasi cantabili, quella ricca vena di vocali locuzioni che noi italiani amiamo a buon dritto riscontrare in ogni componimento musicale; ma chi voglia farsi ragione della natura del soggetto intorno al quale prese Beethoven a spendere le sue fantasie, di leggeri troverà a scusarlo della povertà di periodi a ritmi melodici e quadrettati (per servirci di una parola dell’uso) che se con effetto gradevole si sporgono nel pezzi scenici destinati a colpire i sensi della moltitudine radunata ne’ teatri, troppo arrischiano di imprimere un carattere di impropria volgarità alle composizioni che denno supporsi dedicate ad uditori più raccolti e desiderosi di severe emozioni anziché di sensazioni piacevoli e di molli velicament. Trattavasi di pennelleggiare coi mirabili colori della musica il gran quadro del divino sagrificio; il figlio di Dio in atto di offrire i suoi patimenti al supremo volere che il destinava all’umano riscatto. Per una sì grande e solenne pittura era mestieri che il compositore si valesse di tutte le più ardite e vigorose risorse della sua arte. La melodia col prestigio de’ suoi vezzi, colle dolcezze de’ suoi aggraziati sviluppi poteva ben riguardarsi come uno de’ migliori mezzi di effetto, ma non come il solo, e meno poi come il principale. Un maestro dotato di vena melodica più di quanta ne possegga Beethoven, ma non forte della maschia e veramente poetica sua intelligenza, avrebbe con poca difficoltà ornate le parti cantanti di Cristo e del Serafino di cantabili soavi, di gentili sortite vocali: i cori degli angioli, trattati alla foggia usitata da molti moderni compositori da teatro, sarebbersi svolti con più rotondi e simetrici giri di frasi; i ritornelli, i passi di carattere e fors’anco le cabalette non avrebbero mancato di gettare qua e là quei cari sprazzi di melodia che tanto allettano nel centoni accademici e riescono sì belli anche ridotti per ghitarra o aggiustati sugli organi che girano per le strade; ma poi che sarebbe stato del severo carattere proprio al grandioso tema del componimento? in quale modo il più solenne fatto che ricordino le sacre carte sarebbe stato interpretato dall’artista, cui è principale obbligo di subordinare nelle sue creazioni gli slanci dell’invenzione ai dettami della filosofia se pur vuole che rimangano a monumento del suo genio e non si confondano colle opere che la moda oggi corona di entusiasmo, dimani dimentica o sprezza?

Però, sebbene Beethoven in questo suo Oratorio non isfoggi esuberanza di cantilene soavi e di ben contornati e simetrici periodi, non manca di vive, colorite ed effettive modulazioni le quali sviluppandosi con perspicua finezza, e le une alle altre succedendosi e tra esse intrecciandosi con bene mascherate soture e con peregrini inganni e transizioni armoniche, imprimono al linguaggio degli affetti quell’aria di ineffabile serenità e grandezza che sola conviensi alla divina natura de’ personaggi della breve azione drammatica. E a nostro credere è poi suprema l’arte del compositore in questo che i modi del fraseggiare applicati all’uno, all’altro e all’altro di essi personaggi, il Cristo, il Serafino, il San Pietro, recano una impronta sì speciale che facile riesce l’indovinare da essa sola quale diverso modo d’azione essi abbiano nella sacra rappresentazione. Si osservi, a cagion d’esempio, con quale gastigata e affettuosa serenità si manifesti, nell’indole grave e a un tempo patetica delle modulazioni, il carattere del divino Redentore, tutto sublime rassegnazione e mistica tristezza; e per contrapposto con quale effusione celestiale esprima il Serafino i suoi sentimenti di adorazione verso la suprema virtù del figlio di Dio; con quanta aggiustatezza e sobrietà di accenti si dipinga il contrasto degli affetti da cui è commosso il coro degli angioli nell’aspettazione dell’inenarrabile sagrifizio! Né si dica che il nostro soverchio entusiasmo pel genio pittoresco di Beethoven scuota il nostro spirito al punto di farci sentire più di quanto il compositore o volle o seppe manifestare. Noi siamo certi che non potrà non essere del nostro avviso ogni uditore dotato di non volgare animo il quale si faccia ad ascoltare il sacro componimento con una indipendenza di giudizio che escluda ogni veleità di pedantesco confronto o di approssimazione con altre musiche della giornata, e si concentri a debitamente comprenderne le ispirazioni sublimi. Per l’altra specie di uditori la musica di Beethoven è parola morta. Ma finora non abbiamo tenuto discorso che della parte melodica di questa partitura, ossia di ciò che più propriamente serve alla espressione degli affetti diversi onde sono compresi i pochi personaggi della succinta ma solenne azione. Ne rimane da osservare con quale magistero sovrano il sommo compositore, mercé il sapiente uso dell’orchestra, avvalorato dai più eletti tesori dell’armonia, ottenesse di far compiuta la svariata pittura in tutte le sue manifestazioni non psicologiche, in quelle cioè, che sono meglio destinate a colpire la fantasia anziché a toccare il cuore. – E in questa parte, per quanto culto noi italiani siam tratti a dedicare ai nostri sommi compositori, Beethoven va messo al dissopra di tutti.

Ben s’appose quell’arguto critico tedesco il quale, raffigurando a foggia di una piramide la scienza stromentale, disse esserne Haydn il piedestallo; somigliò Mozart al corpo della piramide stessa, ed il grande autore del Fidelio Beethoven, al culmine; e aggiunse che, guai a chi voglia spingersi più alto! ei corre pericolo di precipitare e fiaccarsi. E per vero, la potente dottrina di ritrarre colle risorse dell’orchestra i possibili fenomeni fisici e morali, ossia di eccitare in modo lo spirito dell’uditore che abbiano a svegliarsi in esso le emozioni poco men che medesime, ove di que’ fenomeni fosse o spettatore o partecipe, nessuno più in là di Beethoven potè vantare finora. E questo noi affermiamo non tanto fondati sul giudizio de’ più dotti scrittori di cose musicali, ma ed anche pel profondo commovimento che di fresco provammo al sentire l’Oratorio di cui teniam discorso. In esso, ogni idea di artifizio scentifico o di ingegnosa collocazione e intreccio di parti è in certo modo assorbita da un misto di impressioni, le quali le une alle altre avvicendandosi o tra esse compenetrandosi, servono a far compiuta un’illusione poco men che perfetta; e, mirabil cosa! senza sussidio di apparato o finzione teatrale. costringono quasi gli occhi della nostra mente a raffigurarci dipinta dinanzi la scena, e per poco non ci forzano a credercene reali spettatori. Acciocché non si dica che noi esageriamo, ne sia lecito ricordare, per solo esempio tra molti, il magnifico pezzo stromentale che con mirabile insieme si annesta al coro de’ guerrieri giudei accorrenti in cerca del Nazareno nei mesti silenzi del monte, e bramosi di farlo prigione e trascinarlo in catene agli insulti, ai patimenti e alla morte.

Un non so che di truce e di selvaggio ci ritrae quel breve componimento; e ad un tempo, mercè i misurati ed or lenti, ora incalzanti rintocchi dei timpani, e il reboato delle trombe e il rombar sordo degli stromenti d’arco e de’ bassi, sembravi quasi udir suonare i pesanti lor passi pei tortuosi sentieri, e distinguere il mal represso fremito della loro ferocia soldatesca; indi il coro dei discepoli di Cristo si intreccia a queste pittoresche e vibrate armonie, e i lamentosi accenti di que’ miseri, e il terrore ond’ei sono compresi alla minaccia della paventata catastrofe, emergono dal contesto stromentale con si profonda sapienza di effetto e con si giusta imitazione artistica che ogni parola vien meno all’alto soggetto. Ma la sacrilega mano dei satelliti di Caifa già si impose sulle divine membra; l’infame oltraggio è consumato. Le patetiche e a un tempo serene modulazioni colle quali il Cristo esulta, nel suo dolore, del trionfo da lui ottenuto sullo spirito del male rivelano la sovrana filosofia del compositore che seppe spargere di eletta soavità i suoi canti senza d’un punto dimenticare il carattere della sacra composizione, nè ricorrere a volgari e profane melodie. Preparata con poche battute di maestoso, nelle quali spiccano mirabilmente alcune note risentite delle trombe e dei corni, irrompe subito dopo sull’ultima stroffa, con improviso scoppio stromentale, la fuga, nella quale il coro degli angioli si effonde a manifestare il giubilo delle divine schiere per la vittoria riportata dal cielo sull’inferno. E’ stupenda in questo Osanna la ricchezza delle modulazioni e delle peregrine armonie che tutte collimano a trasportare lo spirito dell’uditore in una nuova e più pura regione di emozioni e con somma potenza di effetto chiudono il sacro poema musicale. Troppo rade volte si offrono tra noi le occasioni di udire simili capolavori perchè non sia nostro dovere il commendare a nome dei buoni cultori della musica lo zelo dei valenti professori ed allievi che nella gran sala dell’I. R. Conservatorio eseguirono la mattina della scorsa domenica questo magnifico Oratorio Beethoveniano.

Nella parte stromentale l’esecuzione fu qual poteva desiderarsi da un’orchestra poco men che perfetta e intelligente; nella vocale si distinsero i giovani alunni cui furono affidate le parti principali: di Cristo, Manzocchi Luigi; del Serafino, Cella Giuseppina; di san Pietro, Bartolommeo Gandini. – I cori non mancarono di beninsieme. Lo slancio, la giusta alternativa de’ piani e dei forti, la precisione di colorito e di accordo di tutte le voci, sono pregi che di rado ponno vantarsi dalle più provette masse corali dei grandi teatri; e nondimeno nella mattinata musicale di cui parliamo furono più volte lodati con vera compiacenza. A raffronto del grande favore che gode in Italia la musica teatrale, e della facilità colla quale alla buona, alla cattiva e alla mediocre accordasi il medesimo entusiasmo, è troppo poco l’amore che si ha per le classiche composizioni de’ grandi maestri che nel vasto campo dell’arte si innalzano come fari di luce ad additare la giusta via a chi vuol mirare alla vera gloria e non si cura degli ingannevoli clamorosi applausi della turba. Non potrà pertanto encomiarsi abbastanza il senno e il buon volere di coloro che presiedono all’insegnamento del nostro Conservatorio, se non punto allucinati dalle capricciose esigenze della moda, si propongono di ripetere più spesso che non per lo innanzi gli esempli di un culto sincero ed effettivo ai più perfetti e severi modelli. B.”

Il 21 Agosto 1842 a Firenze venne eseguito il Cristo nel corso della “Quinta Accademia Vocale e Strumentale – Conversazioni Musicali” sotto la direzione del Prof. Ferdinando Ceccherini in una delle sale dell’Accademia delle Belle Arti. La Gazzetta Musicale di Milano pubblicata da Ricordi del 18 Settembre riporta che “eseguivasi circa centoventi parti fra dilettanti e professori il rinomato Oratorio Cristo sull’Oliveto di Beethoven, il quale né cori di questa sua composizione trafuse le meraviglie della sua immaginazione e della sua dottrina. Nell’esecuzione in pieno soddisfacente si distinse il tenore sig. Olimpio Mariotti”.

Un’altra esecuzione si ebbe a Verona il 16 Aprile 1847 come annunciato sempre nel Foglio di Verona di quel giorno; una replica avvenne il 14 Maggio 1847 insieme alla “Gran Sinfonia in do minore”, sempre nell’ambito di un concerto in favore delle istituzioni di don Nicola Mazza, fondatore di un importante istituto scolastico a Verona.

Ancora a Firenze il 28 aprile 1850 dalla Società Filarmonica; nella sua recensione nella Gazzetta Musicale del 5 maggio Casamorata sottolinea “quale utilità per l’istruzione degli artisti, per la formazione del gusto dei dilettanti, nel produrre bene eseguita tanta bella musica del genere dell’Oratorio, del genere ecclesiastico, del genere da accademia, di cui, per nostra vergogna s’ignora in Italia quasi pur l’esistenza!”. Il Coro finale venne ancora eseguito a Firenze nell’agosto del 1851 presso l’Istituto di Musica di Santa Caterina.

Il Cristo fu eseguito poi a Roma nel 1853 dove la Tipografia de’ Fratelli Pallotta ne pubblicò il libretto, ma non si hanno informazioni su questo concerto.

Fu ascoltato anche a Torino l’11 Aprile 1854 dalla Accademia Filarmonica nella seconda parte di un concerto diretto da Luigi Fabbrica “un pezzo veramente sublime e degno in tutto del suo celebrato nome del suo autore”, come riporta la recensione da L’Italia Musicale del 19 aprile 1854.

Ancora a Roma nel 1860 presso l’Accademia Filarmonica Romana e successivamente nel 1863 e ne dà notizia il giornale Boccherini del 31 dicembre “E’ stato eseguito il Cristo di Beethoven. Eccellente esecuzione, gran successo. Sarà ripetuto in quaresima. Lode ai direttori M. Orsini e Viviani”.

Un anno prima, a Firenze, precisamente il 12 aprile 1862, il Cristo fu eseguito nell’ambito di un programma dedicato solo a Beethoven a beneficio della Reale Società di Mutuo Soccorso fra gli esercenti l’arte Musicale in Firenze; la direzione del concerto fu affidata al Geremia Sbolci, direttore della Società per la Musica Classica. Le trecento persone, la maggior parte stranieri, presenti a tale concerto ascoltarono anche la Sinfonia n. 5. Il concerto venne ripetuto una settimana dopo, il 19 aprile. La Gazzetta del Popolo del 11 aprile annuncia questo “Grandioso Concerto” presso la “Sala detta del Buonumore, gentilmente concessa della R. Accademia della Belle Arti”; anche se “all’ingresso della Sala sarà gratuitamente distribuito il Programma insieme colle parole dell’Oratorio” non sono emerse copie. Il medesimo giornale del 15 aprile ne recensisce la serata: “Il Cristo sull’Oliveto di Beethoven è un lavoro di tal perfezione che rapisce e spaventa, esalta ed umilia; tutto un poema, tutta una scienza; l’intelletto e l’anima umana in tutto il loro potere; l’epopea del dolore rassegnato, della mestizia calma e confidente, della sublime rassegnazione. […] una esecuzione degna dell’opera e del maestro: e un sincero tributo di lode meritano gli artisti che con tanto amore interpretarono questo sì difficile Oratorio, e in particolar modo il valente direttore signor Geremia Sbolci, uno dei pochissimi sapienti cultori in Italia della musica classica.”

Ancora a Firenze abbiamo traccia del Cristo di un’esecuzione il 12 Marzo 1883 parte di una serie di concerti della Società Orchestrale, preceduto dalla IV sinfonia. Lo riporta il giornale Arte e Storia del 1° Aprile 1883 che aggiunge “Cristo sull’Oliveto è, può dirsi, la sintesi di tutto il cristianesimo, e perciò è un soggetto tutto affatto spirituale che non si presta ad esser tradotto in note musicali affidate a voci umane unite agli strumenti”.

Nell’ambito delle “Grandi Esecuzioni di Concerti Orchestrali” diretti da Giuseppe Martucci nel Salone della Musica all’Esposizione di Bologna, il Cristo venne ascoltato il 22 giugno 1888 nella prima parte del “Primo Concerto Religioso”, insieme ad altri pezzi di Bach, Palestrina, Stradella e Marcello

Un’ulteriore esecuzione diretta da Vincenzo Lombardi, avvenne il 17 Marzo 1890 in un concerto dove vennero eseguite anche musiche di Massenet, Donizzetti e Haydn; un libretto venne stampato dalla Tipografia Cardone di Napoli.

Il medesimo giorno (17 Marzo 1890) venne eseguito il Coro finale del Cristo in un concerto tutto tedesco presso la Chiesa Evangelica di Confessione Augustana di Trieste a cura dello Singverein. Di Beethoven venne anche suonato dal Quartetto Heller l’adagio dall’Op. 132, mentre gli altri pezzi erano di Bach, Handel, Schubert, Brahms, Ritter. Importante sottolineare che grande promotore di questo concerto fu Alexander Wheelock Thayer, elvetico e biografo di Beethoven che a quell’epoca viveva a Trieste e che era presidente nonché tenore dello Sing-verein, società corale dello Schiller-verein. Dagli atti si legge che “Con una circolare del 12 marzo 1888, i soci e gli amici della musica sono invitati alla fondazione di una propria Singverein (associazione corale). L’Associazione Schiller mette a disposizione il maestro di coro, il locale e l’illuminazione per poter curare mediate prove settimanali il coro misto e assicurare in tal modo un fattore indispensabile per grandi concerti”; la presidenza del coro fu data appunto a Thayer ed “egli teneva risolutamente a che si osservassero forme parlamentari ed esigeva regolari verbali di tutte le sedute”.

Sempre a Firenze due libretti pubblicati dalla Tipografia Calasanziana confermano altre esecuzioni sempre presso le Scuole Pie, nel 1897 e 1899.  La prima nelle “ultime tre sere di Carnevale” insieme allo Stabat Mater di Rossini mentre la seconda il 12, 13 e 14 Febbraio 1899 come prima parte di concerto che vedeva anche lo Stabat Mater del lucchese Carlo Angeloni.

Tra le moltissime esecuzioni fuori dall’Italia di questo Oratorio che in tutto il XIX secolo si diffuse in molte nazioni, vogliamo segnalare una particolare: quella del 1832 a Londra. Si tratta di una performance del Cristo sull’Oliveto in lingua italiana al King’s Theatre a cura delle “United Companies of the Italian French and German Artists” accompagnati dalle “Bands of the Opera, Ancient Music and Philharmonic Concerts”.  Un’altra opera che venne eseguita diverse volte in Italiano al Covent Garden dalla Royal Italian Opera è stato il Fidelio come è dimostrato dai numerosi libretti in doppia lingua (italiano e inglese) stampati a Londra.

Per le edizioni italiane oltre alla prima edizione già menzionata del 1825, Tito Ricordi ne pubblica una nel 1857 basandosi su quella precedente, che può definirsi quasi una ristampa.

Concludiamo, infine, con le parole di Johann Simon (Giovanni Simone) Mayr, compositore tedesco molto attivo in Italia, che diresse il Cristo a Bergamo nel 1826: Beethoven: un uomo la cui fama per le più straordinarie creazioni nella più bella e sublime arte è giunta non solo a tutte le nazioni civilizzate dell’Europa, ma persino nelle più remote parti del mondo; il di cui nome viene pronunciato nel primo, allorquando trattarsi di voli più arditi e sublimi della fantasia, allorché si parla d’un fiume immenso di invenzione artistica, e soprattutto se guardasi alla perfezione della musica come arte autonoma.

Riduzione per pianoforte (prima edizione) pubblicata sempre nel medesimo anno della prima edizione della partitura (1811) da Breitkopf & Härtel; singolare copia con traduzione manoscritta del testo in inglese, probabilmente per una delle rare esecuzioni in lingua inglese con la traduzione fedele del testo prima che venisse totalmente cambiato.

Segnaliamo che, ad un interessante arrangiamento del Coro dell’Alleluja (per arpa e pianoforte), di John Freckleton Burrowes,  è dedicata un’altra pagina di approfondimento sul nostro sito.

Il Cristo sul Monte degli Ulivi – Frontespizi ed articoli dell’ epoca

”Nuova” edizione del 1840 per pianoforte, Leipzig, Breitkopf und Härtel

Edizione per pianoforte a 4 mani, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1840

Un estratto dalla Biblioteca Italiana o sia Giornale delle scienze e delle arti, tomo XXXIX, luglio, Agosto e Settembre 1825, con la notizia della pubblicazione del Cristo sull’ Oliveto di Beethoven (1° pagina)

Un estratto dalla Biblioteca Italiana o sia Giornale delle scienze e delle arti, tomo XXXIX, luglio, Agosto e Settembre 1825, con la notizia della pubblicazione del Cristo sull’ Oliveto di Beethoven (2° pagina)

Libretto in tedesco del Cristo pubblicato a Stoccarda (1830 circa)

Libretto del Cristo pubblicato a Monaco nel 1840

Libretto del Cristo pubblicato a Vienna (1840-1850 circa)

Libretto manoscritto del Cristo (1840 circa) 

Cristo sull’Oliveto pubblicato a Parigi da Maurice Schlesinger, con testo solo in Italiano, 1836 circa

Partitura del Cristo pubblicata a Londra nel 1858 con il titolo “Engedi, or David in the Wilderness, a Sacred Drama

Partitura del Coro Finale manoscritta (181 circa) a firma di Charles Haacke (1755-1819)

Partitura del Cristo ridotta per pianoforte a due mani da Carl Czerny , pubblicata da Breitkopf & Härtel nel 1844

Libretto dell’oratorio pubblicato a Roma nel 1830 con il titolo “Gesù all’Oliveto” anzichè il solito “Cristo sull’Oliveto”

Partitura (prima edizione) dell’Oratorio pubblicata a Leipzig da Breitkopf & Härtel, 1811

Riduzione per piano a cura di C. Geissler e F. Liszt, 1857

Riduzione per piano e testo a cura di Carl Reinecke, Leipzig,Breitkopf und Härtel, 1893

Partitura dalla Serie 19 della Gesamtausgabe, Leipzig, Breitkopf & Härtel,1863

Cristo sull’ oliveto Oratorio posto in musica da Luigi van Beethoven, prima versione italiana “umiliata” a sua Maestà Federica Guglielmina Carolina Regina di Baviera da Francesco Sal Kandler, membro di varie accademie letterarie, e filarmoniche d’Italia, e di Germania; Milano / Firenze, Ricordi, 1825.
Prima edizione italiana e prima edizione estera di quest’opera

Cristo all’Oliveto. Oratorio per soprano, tenore, basso e coro con orchestra.
Milano, Tito di Gio. Ricordi, 1858

Un’edizione in lingua inglese pubblicata a Boston da P. Reed, 1853 con il titolo Engedi

Edizione del 1821 per pianoforte Leipzig, Breitkopf und Härtel con firma del tenore Joseph Tichatschek (1807-1886)

Cristo sull’ oliveto Oratorio. Prima edizione francese ma con testo solo in italiano. Parigi, A. Farrenc, Carli, Frey, Janet, Cotelle, 1827; particolare copia con firma di A. Farrenc e sua traduzione manoscritta in francese.

Cristo sull’ oliveto Oratorio. Prima edizione francese ma con testo solo in italiano. Parigi, A. Farrenc, Carli, Frey, Janet, Cotelle, 1827; particolare copia con firma di A. Farrenc e sua traduzione manoscritta in francese.

Le Christ au mont de oliviers : oratorio musique du célèbre L. v. Beethoven. Dédié à sa Majesté Fréderica Guillelmine Caroline Reine de Bavière. Op. 85. Accompagnement de piano ou orgue par M.r Tadolini. Paroles italiennes de F. S. Kandler. Traduction française de C. de Charlemagne. Paris, M.me V.ve Launer, 1841. Testo in italiano e francese. Giovanni Tadolini fu un compositore attivo a Bologna e Parigi.

Le Christ au mont de oliviers : oratorio musique du célèbre L. v. Beethoven. Dédié à sa Majesté Fréderica Guillelmine Caroline Reine de Bavière. Op. 85. Accompagnement de piano ou orgue par M.r Tadolini. Paroles italiennes de F. S. Kandler. Traduction française de C. de Charlemagne. Paris, M.me V.ve Launer, 1841. Testo in italiano e francese. Giovanni Tadolini fu un compositore attivo a Bologna e Parigi.

Libretto del Cristo rappresentato il 7 Aprile 1827 presso un’Accademia di Corte (presumibilmente a Firenze)

Libretto del Cristo rappresentato il 7 Aprile 1827 presso un’Accademia di Corte (presumibilmente a Firenze)

Libretto del Cristo rappresentato a Perugia presso la abitazione del marchese Antinori  il 7 Aprile 1827 

Libretto del Cristo rappresentato a Perugia presso la abitazione del marchese Antinori il 15 Marzo 1834

Libretto del Cristo rappresentato a Roma nel 1853

Libretto del Cristo rappresentato a Firenze presso le Scuole Pier nel 1899

Libretto del Cristo rappresentato a Firenze nel 1899

Libretto di concerto tenutosi in Germania, 5 febbraio 1831, per l’ anno concertistico 1830 – 1831.

Un’esecuzione avvenuta a Bruxelles il 9 Aprile 1816, da notare il nome di Beethoven trasformato in un fiammingo “L. Vanbeethoven”

Seconda edizione stamapata da Breitkpof & Haertel a Lipsia nel 1811

Jesus vid oljoberget : oratorium af Beethoven. Libretto pubblicato a Stoccolma nel 1814

Un libretto senza data con il testo del Cristo nella versione del 1811

Den sidste time paa Oliebjerget : Oratorium til Musik af Beethoven. Libretto pubblicato a Copenaghen nel 1822

Libretto di un’esecuzione del Cristo ad Altona nel 1838

Libretto del Cristo pubblicato in Svezia nel 1841

Libretto pubblicato a Vienna nel 1861

Primo libretto del Cristo pubblicato in Italia nel 1826 per l’esecuzione a Bergamo dall’Unione Filarmonica a cura di Mayr

Testo del Cristo pubblicato a Firenze nel 1842 

Libretto pubblicato a Napoli nel 1845

Libretto del Cristo rappresentato a Firenze presso le Scuole Pier nel 1897

Libretto a stampa del Cristo pubblicato a Napoli nel 1890

Pagina dal Catalogo Ricordi del 1828 con la menzione del Cristo sull’Oliveto. Spesso in Italia Beethoven veniva scritto come Beethowen, e questo ne è un esempio

Libretto del “Mount of Olives” eseguito a Londra nel 1815 da George Smart

Annuncio del 1814 dell’Oratorio a Londra per la prima esecuzione a cura di George Smart

Sopra: Nel 1827, a commemorazione della scomparsa di Beethoven, nel conservatoriio di Milano furono eseguiti brani dell’oratorio . Nella Biblioteca dell’Istituto è conservato il manoscritto del coro “D’ogni intorno onore e gloria”. Si legge “Coro / Del Sig.r M.o Beethoven / Ridotto coll’accompagnamento di Piano Forte / da / Francesco Schira / Allievo Pensionista dell’ I.R. Conservatorio di musica in Milano – 1827”. I nomi degli esecutori scritte sulla partitura sono di alunni del Conservatorio di Milano presenti nell’anno 1827.

Il Cristo sul Monte degli Ulivi – Un’ interessantissima scoperta

Questo “Cristo sull’Oliveto” fu rappresentato a Milano il venerdì santo (16 Aprile)  1824 a casa del colonnello imperiale Giovanni Casella, a circa 20 anni dalla prima viennese.  Peter Lichtenthal precisa nell’Allgemeine Musikalische Zeitung del 26 Giugno (vol. XXVI, pag 512) che il testo è stato tradotto da Franz Sales Kandler e dal compositore Nicola Vaccaj e che “l’esecuzione era affidata per la maggior parte a dilettanti, tra i quali la moglie del colonnello e il Kandler stesso e, dirigeva, sedendo al pianoforte, l’eccellente pianista Costanza Casella figlia dei padrone di casa e allieva di Karl Mozart, il maggiore dei figli di W.A. Mozart”.
Il ritrovamento di questo importantissimo libretto, però, mentre conferma la presenza di circa una ventina di musicisti dilettanti, aggiunge informazioni più ampie rispetto a quelle riportate da Lichtenthal; ossia che al violoncello vi era  un certo “Conte Burry” (forse un parente del musicista Bernard de Bury) e, cosa importante, come direttore il “Sr. Mozart”.

Quindi sembra che questa prima rappresentazione del Cristo venne affidata alla direzione di Carl Thomas Mozart (Vienna, 21 settembre 1784 – Milano, 31 ottobre 1858),  secondo figlio del grande Mozart, che arrivò a Milano nel 1805 con una lettera di presentazione di Haydn che lo raccomandava a Bonifazio Asioli (Correggio, 30 agosto 1769 – Correggio, 18 maggio 1832).

Nel 1810 abbandonò gli studi musicali per diventare un funzionario al servizio del viceré di Napoli a Milano. Divenuto impiegato all’Archivio imperiale austriaco di Milano, l’ottima presentazione musicale ricevuta a Praga e a Milano gli consentì di presiedere alle attività musicali della città che egli considerò come seconda patria. Partecipò frequentemente alle rappresentazioni dell’opera del padre fino alla morte, nel 1858. La sua scomparsa segnò la fine della stirpe dei Mozart.
Ritornando alla pagina del libretto qui riportata, a piè della pagina, a destra, si può notare la firma autografa di Kandler. Infatti questa traduzione che troviamo nel libretto in due lingue fu affidata a Franz Sales Kandler e Nicola Vaccaj e fu usata da Ricordi per l’edizione che fu pubblicata verso i primi di Settembre 1824.

Fr. S. Kandler (1792-1831) funzionario dell’impero austro-ungarico e pioniere degli studi storico-musicali gettò le basi della musicologia europea.
Nicola Vaccaj (1790-1848) soggiornò a Venezia, Trieste e Vienna e arrivò a Milano nel 1823 con la speranza di essere nominato insegnante al Conservatorio del quale fu nominato censore nel 1838. Collaborò probabilmente alla traduzione ritmica dell’oratorio beethoveniano e successivamente alla traduzione del Fidelio nel 1841 sempre a Milano.

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