Viganò conobbe La Vestale di Spontini, un’opera in tre atti in stile francese, che fu presentato per la prima volta a Parigi nel 1807, prima di essere portato a Napoli (l’unico Centro italiano per apprezzare l’opera in stile francese all’inizio del diciannovesimo secolo). Parte della musica di Spontini è incorporata nella partitura di Vigano. A differenza dell’opera di Spontini, La Vestale di Vigano è una tragedia. Emilia (Giulia in L’opera di Spontini) non viene salvata da un benevolo Vesta; invece è sepolta viva in una tomba sotterranea in una scena terrificante descritta dettagliatamente da osservatori del periodo.
Salvatore Viganò, nato a Napoli il 25 Marzo 1769 fu ballerino e in seguito coreografo. Era figlio d’arte, infatti suo padre Onorato fu maestro di ballo e coreografo; la mamma, Maria Teresa Boccherini, anch’ essa ballerina, era la sorella del celebre Luigi Boccherini e Salvatore studiò con lo zio composizione.
L’esordio come ballerino, in un ruolo femminile, avvenne a Roma. Poco dopo Viganò si recò in Spagna, scritturato per gli spettacoli in onore di Carlo IV a Madrid (1788), dove conobbe e sposò la danzatrice spagnola Maria Medina.
Successivamente, la coppia si recò in Inghilterra con il famoso coreografo J. Dauberval, dal quale Viganò apprese le teorie noverriane e l’arte della coreografia. Per breve tempo si esibì all’Opera di Parigi (1789) poi a Bordeaux e a Venezia (1790) dove il pubblico si entusiasmò soprattutto per le esibizioni della moglie che indossava costumi molto trasparenti e provocanti. Questo causò una prima frattura nella coppia che continuò ad esibirsi insieme dal 1795 al 1799 a Praga, Dresda, Berlino e Amburgo. Nel 1799, però, avvenne la definitiva rottura per cui Viganò rientrò a Vienna e divenne maître de ballet del teatro sino al 1803.
A Vienna creò la coreografia di molti celebri balletti per l’Hoftheater , su tutti quello che fu definito il suo capolavoro ovvero “Le creature di Prometeo” ,rappresentato per la prima volta al Burgtheater il 28 Marzo 1801. Mentre Beethoven compose le musiche, Viganò preparò tutta la coreografia e ballò perfino alla prima. Nonostante Beethoven non fosse molto soddisfatto del suo contributo, lo spettacolo fu replicato ben 14 volte nel 1801 e 13 volte l’anno dopo.
Viganò ritornò in Italia nel 1804; gli spettacoli successivi a Milano, Venezia, Roma e Padova segnarono un progresso dell’autore nel dramma danzato, basato sull’espressività correlata al ritmo musicale. Si stabilì definitivamente a Milano nel 1812, quando abbandonò la danza per dedicarsi totalmente alla coreografia.
Fino alla sua morte, avvenuta a Milano il 10 agosto 1821, assunse il ruolo di maître presso il Teatro alla Scala mettendo in scena con successo molti suoi lavori.
Ideatore del cosiddetto coreodramma (dramma danzato, una fusione di danza e recitazione drammatica, nel quale viene dato ampio spazio alla esibizione del corpo di ballo e meno agli assoli o ai pas de deux), fu il primo a intuire le potenzialità drammatiche dell’arte coreutica.