WoO 59 Bagatella in la minore
Poco moto
WoO 59 – Bagatella in la minore: Per Elisa, 27 aprile 1810, pubblicata da L. Nohl, Neue Briefe Beethovens, numero 33, 1867. G.A. numero 298 (serie 25/35) – Bruers 173 – Kinsky-Halm (WoO 59) – Biamonti 515.
Il manoscritto originale è oggi disperso; sembra che fosse stato donato dallo stesso Beethoven a Teresa Malfatti per la quale in quel periodo nutriva un tenero sentimento (si vuole che la dedica sia stata in realtà “Für Therese”, e poi il nome sia stato forse cambiato a causa di una erronea lettura). Una piccola gentile pagina, universalmente nota, che ricorda un po’ il tema del Finale della sonata per pianoforte Opus 31 numero 2.
„Professor Nohl in München hat neuerlich eine bisher völlig unbekannte kleine Beethoven’sche Klavierkomposition (in A-moll 3/8 mit zwei Zwischensätzchen) mit der Aufschrift: „Für Elise, 27. April“ im Originalmanuskript aufgefunden und steht mit Breitkopf und Härtel in Leipzig wegen Einreihung derselben in die Gesammtausgabe in Unterhandlung.“ Ovvero: “Il professor Nohl di Monaco ha recentemente trovato una composizione beethoveniana per pianoforte sino ad oggi totalmente sconosciuta, in La minore, in 3/8 con due intermezzi e che reca la scritta “Für Elise, 27 aprile” sul manoscritto originale ed è in trattativa con Breitkopf e Härtel di Lipsia per la sua inclusione nella Gesammtausgabe delle opere di Beethoven”. Questo rapporto della rivista viennese “Recensionen” del 5 agosto 1865 è la prima informazione che abbiamo su un brano per pianoforte che è oggi una delle composizioni più famose di Beethoven. Le trattative di Ludwig Nohl con l’editore musicale Breitkopf & Härtel non andarono a buon fine: il pezzo non fu incluso nell’edizione completa (24 volumi, 1862-1865), dal momento che non poterono essere acclarate le prove circa la sua autenticità. Di conseguenza, Nohl stesso lo pubblicò due anni dopo, come numero 33 nel suo libro “Neue Beethovens Briefe” all’interno di un carteggio con Ignaz von Gleichenstein.
Nel catalogo ragionato di Georg Kinsky e Hans Halm viene giustamente collocato tra le WoO (Werke ohne Opuszall) (WoO 59).
Ed ecco la descrizione originale di Nohl: Zur Herkunft des Stückes gibt Nohl an: „Das nachstehende bisher unbekannte, zwar nicht eben bedeutende aber recht anmuthige Klavierstückchen stammt […] aus dem Nachlaß der Frau Therese von Droßdick geb. Malfatti, die es der Frl. Bredl in München geschenkt hat. Es ist zwar nicht für Therese geschrieben, sondern enthält von Beethovens Hand die Aufschrift: „Für Elise am 27 April zur Erinnerung von L.v. Bthvn,“ — welcher Elise sich Freifrau von Gleichenstein nicht erinnert. Es möge aber hier gleichsam als Zugabe zu dem anmuthigen Verhältniß des Meisters zu der schönen braunlockigen Therese auch eine Stelle finden.“
“Il seguente pezzo per pianoforte, finora sconosciuto, sebbene non molto significativo, ma piuttosto grazioso, proviene […] dalla collezione della signora Therese von Droßdick nata Malfatti, che lo diede a Miss Bredl di Monaco. Non fu scritto per Therese, ma contiene una dedica autografa di Beethoven: “Per Elisa 27 aprile in memoria di L.v. Bthvn, ” …. può, tuttavia, trovare un posto (tra queste lettere NdA) per il rapporto gentile del maestro con la bellissima Therese. ” Sfortunatamente il “manoscritto originale”, autografo di Beethoven, scomparve senza lasciare traccia dopo la pubblicazione di Nohl. Questo ci priva della possibilità di verificare la correttezza delle affermazioni dello studioso. Quando la vecchia Gesamtausgabe alla fine decise di includere il brano nel volume dei Supplemente zur GA (volume 25) nel 1888, come fonte era disponibile solo la pubblicazione di Nohl, che certamente era abbastanza acritica.
A questo punto, ci si potrebbe domandare se Nohl fosse stato in grado di interpretare correttamente la calligrafia di Beethoven. Il titolo “Für Elise” dà motivo di dubitarne. Se il pezzo fosse stato dedicato e donato da Beethoven a Therese Droßdick nata Malfatti (1 ° gennaio 1792 – 27 aprile 1851), il titolo avrebbe dovuto essere piuttosto “Fur Therese”, come già sostenuto nel 1923 da un altro studioso, Max Unger? Lo stesso Nohl sembra essersi posto questa domanda a suo tempo, perché chiese informazioni sulla misteriosa Elisa alla sorella minore di Therese, Anna von Gleichenstein nata Malfatti (6 dicembre 1792 – 25 settembre 1869), che aveva visitato nel 1865 a Friburgo e a Oberrotweil am Kaiserstuhl, non trovando, però, riscontri.
Il fatto che questa composizione non fosse originariamente destinata a Therese lo suggerisce un abbozzo tratto da un quaderno di schizzi contenente la Sinfonia Pastorale della primavera del 1808, che, per inciso, Nohl non conosceva. (Esempio 1) La melodia, che si estende per 16 battute a forma di Lied è chiaramente riconoscibile come il nucleo primigenio del Klavierstuck WoO 59. Inserendo una doppia barra dopo il mi a misura 12 e estendendo il finale in analogia alle battute iniziali (misure 1 – 8), il tema potrebbe essere facilmente esteso a quelle 22 battute che sono esattamente congruenti a WoO 59. Nella primavera del 1808 Beethoven non conosceva ancora la famiglia dei Malfatti. Secondo la testimonianza dell’amico Ignaz von Gleichenstein, fu proprio lui che lo presentò loro, nella primavera del 1810, come dobbiamo concludere dalla sua biografia. Il primo si fidanzò con Anna Malfatti mentre Beethoven si invaghì della sorella maggiore. Diede a Therese alcune lezioni di piano e diede alle due ragazze vari esercizi appropriati alle loro capacità. Forse possiamo supporre che in questa occasione il compositore avesse potuto donare a Therese il Klavierstück, oramai vecchio di due anni? E’ acclarato che Beethoven regolarmente accantonasse idee musicali per poi recuperarle in seguito, a volte decine di anni dopo.
Questa ipotesi è supportata da un doppio foglio di schizzi attualmente di proprietà della Beethoven-Haus (BH 116). Contiene alle pagine 1 e 4 una abbozzo molto ampio per il suddetto pezzo per pianoforte, grazie al quale Beethoven avrebbe potuto facilmente scrivere l’autografo mancante. Esaminata la carta (filigrana: Kiesling JJ ) e fissata la datazione alla primavera 1810, si arriva a pagina 2, dove vi è una annotazione che si riferisce alla musica di scena per l’Egmont Op 84 di Goethe „Der Tod könnte ausgedrückt werden durch eine Pause“. Ed ancora un’altra noticella che a pagina 4 potrebbe ancora essere riferita alla medesima opera: „indem der Vorhang aufgezogen wird[,] wird gleich wieder angefangen“ Infine, poco oltre alle pagine 2-4, gli altri schizzi (matita e inchiostro) sono da riferirsi alla marcia militare Fa maggiore WoO 19 completata a pagina 3, il cui autografo è datato “Sommermonath”, vale a dire Giugno 1810. Le correzioni per il nostro WoO 59 sulle pagine 1 e 4 (inchiostro) potrebbero essere state le prime voci scritte sul doppio foglio. La data di Beethoven sull’autografo perduto sarebbe quindi “27 Aprile (1810)”. Questo è il momento più stretto ed intimo che Beethoven ebbe con la famiglia Malfatti. Riassumendo: Beethoven ebbe o no idea di una dedica a Therese?
Ludwig Nohl (Iserlohn, 5 Dicembre 1831- Heidelberg 15 Dicembre 1885)
Quaderno Landsberg 10, pagina 149.
La cosa fondamentale da capire è se Nohl abbia riprodotto correttamente la notazione. Impressione generale è che nella “Neue Briefe Beethovens” non ci sia una particolare cura editoriale. Anche senza conoscere il manoscritto perduto, alcuni dettagli ci danno motivo di dubitarne; ad esempio: Battuta 7, seconda nota mi, battuta 9, doppia barra e ripetizione, battuta 14, nota in 16esimi con relativa pausa, battuta 35, omesso punto all’ottava nota e così via. (Esempio 2)
Tuttavia, non si può dire con certezza se siano errori di scrittura da parte di Nohl. Gli errori, le omissioni o le modifiche avrebbero potuto essere già nel suo modello, l’autografo perduto di Beethoven.
Recentemente gli schizzi dei due fogli H116 sono stati variamente utilizzati come fonte per ripristinare una versione più “corretta”. Tuttavia anche questo potrebbe sollevare la questione se un tale approccio sia metodologicamente corretto. Non dovrebbe esistere una distinzione fondamentale tra abbozzo ed autografo? L’abbozzo è una struttura incompiuta temporanea, destinata solo al compositore, revocabile in qualsiasi momento e liberamente modificabile. Al contrario, l’autografo (in senso stretto) è un modulo completo e stabile, che viene rilasciato dal compositore, di comprensione universale. Ma queste definizioni sono un poco “accademiche”, la pratica compositiva è spesso diversa. Il confine tra autografo e schizzo è spesso fluido ed osmotico.
Gli schizzi per WoO 59 sul doppio foglio BH 116 rappresentano, come già accennato, uno stadio molto avanzato di composizione: è a doppio rigo, non è scritto in modo completamente coerente, a volte si interrompe. Ciò accade ad esempio nella sezione intesa come “da capo” della parte A. All’inizio della sezione centrale B è stata cancellata una notazione che ovviamente avrebbe dovuto essere scartata (BH 116, pagina 1, fine riga 6/7 all’inizio della riga 9/10). Le successive note a matita (righe 8, 10) indicano che Beethoven voleva riprenderle in seguito. Un passaggio di transizione alternativo probabilmente dalla Parte B alla Parte A (pagina 1, riga 15/16 metà destra, matita), contrassegnato da un “= de” senza un corrispondente “Vi =”, è stato probabilmente rigettato e cancellato immediatamente dopo la trascrizione. (12)
Abbozzi BH 116 – pagina 1
Abbozzi BH 116 – pagina 4
Beethoven scrisse probabilmente l’autografo perduto subito dopo questo abbozzo BH 116, e lo datò 27 aprile [1810]. Questo canovaccio procede secondo le regole familiari al compositore, e quindi sembra metodologicamente ammissibile utilizzare tutti quei passaggi dello schizzo come fonte per la partitura, che potrebbe essere trasferita in bella copia più o meno meccanicamente all’autografo. Tuttavia, va notato che la scrittura di BH 116 non è uniforme, ma unisce tre fasi temporali che possono essere riconosciute l’una dall’altra.
La prima fase di lavoro, effettuata con inchiostro bruno e una punta molto sottile stabilisce la struttura di base dell’intera composizione. La seconda fase di lavoro è da un lato una correzione, dall’altro il completamento della prima; si definiscono la ripetizione delle due sezioni nella parte iniziale A, nella sezione centrale B (battute 23-34) l’accompagnamento della mano sinistra è completato e viene inserita la nuova parte superiore della battuta 25. La versione originale è stata cancellata.
Nella seconda fase, Beethoven fece uso della stessa penna sottile con lo stesso inchiostro marrone della prima. Le due versioni non dovrebbero essere distanti nel tempo e entrambe dovrebbero essere datate aprile 1810.
La terza fase di lavoro può essere datata dodici anni dopo. Inserti a matita grossolani, scoloriti, grezzi. Nell’autunno del 1822 Beethoven era occupato a cercare di far pubblicare una raccolta di brani per pianoforte “Bagatelle”. Diversi editori aveva espresso un certo interesse. Beethoven ripercorse quindi i suoi abbozzi e tirò fuori ogni genere di materiale che in qualche modo potesse risultargli ancora utile. Effettuando questa ricerca tuttavia probabilmente aveva delle riserve, perché alcuni brani erano già piuttosto vecchi e non potevano più soddisfare i suoi standard artistici. Cominciò a revisionare diversi pezzi e a numerarli in un ordine ciclico soddisfacente. WoO 59 sarebbe dovuto essere essere il dodicesimo in qualche serie, come si può vedere dal numero scritto in alto a sinistra a pagina 1 del BH 116. Il progetto di revisione fu tuttavia abbandonato; WoO 59 esisteva già su un autografo che Beethoven non possedeva più dal 1810: nel 1822/23 aveva solo l’ “abbozzo” scritto su BH 116.
Come deve essere valutata la terza fase del lavoro del progetto BH116? Apparentemente il compositore stava ricercando una certa raffinatezza. Sull’abbozzo manca inizialmente un tempo. Nell’autografo del 1810 fu aggiunto “poco moto”. Nel 1822 Beethoven caratterizza il pezzo con un “molto grazioso” (BH 116, pagina 1, in alto al centro, sopra la prima riga). Sposta inoltre la figura di accompagnamento della mano sinistra nella Parte A in sedicesimi. La revisione del 1822 lascia sostanzialmente intatto il pezzo nella sua struttura. Tuttavia, le quattro barre inutilizzate all’inizio della sezione centrale sembrerebbero in qualche modo essere ripristinate.
Dopo le terzine (battute 78-81) un’ulteriore oscura citazione della revisione del 1822 che forse può esser l’inizio di una ripetizione, come dettato dalla versione del 1810. A questo segue la scritta “una corda”, forse destinato a tutta la ricapitolazione, e tre accordi finali.
Riassumendo: un esame attento del progetto BH 116 ci insegna che contiene due versioni della Bagatella WoO 59: una versione I del 1810 (fasi uno e due corrispondenti probabilmente all’autografo disperso scoperto da Nohl con la data del 27 aprile [1810]) e una versione prevista dell’autunno 1822 (fase tre).
L’edizione di Barry Cooper, Three Bagatelles, Novello London 1991, integra anche schizzi scartati e ne costruisce uno in sei parti partendo dalla versione originariamente in cinque parti. La parte A viene ripetuta tre volte, con fase intermedia C divisa. (Vedere anche il saggio di Barry Cooper “Le revisioni di Beethoven su Per Elisa“, in: The Musical Times, ottobre 1984, pp. 561-563).
Alcuni frontespizi di prime edizioni del Klavierstück Albumblatt “Für Elise” WoO 59. Siamo attorno al 1870. La prima edita a Pest, la seconda a Leipzig presso Kahnt. Notare il memento a Nohl e al suo “Briefe Beethovens” e la data erronea 27 Aprile 1808 (come detto la data esatta è il 27 aprile 1810).
WoO 59 fa parte del progetto “La ricerca diventa Arte”
Una nuova vita per le opere sconosciute di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura del pianista maestro Francesco Gussago
WoO 59: Quando la ricerca diventa divulgazione musicale
Pillole musicali, curiosità, brevi guide all’ascolto e aneddoti sul mondo della “Musica Classica” a cura di DIANA RE – Divulgatrice musicale
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