WoO 2a Marcia trionfale per la tragedia Tarpeia di Kuffner
Lebhaft und stolz
WoO 2a Marcia trionfale per la tragedia Tarpeia di Kuffner, marzo 1813, pubblicata in parti d’orchestra a Vienna, Haslinger, 1840; in partitura nella GA., 1864. GA. n. 14 (serie 2/5) – B. 143 – KH. (WoO)2/a – L. IV, p. 340/o – N. p. 139 – T. 178.
Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi. Il manoscritto originale è sconosciuto.
Christoph Kuffner, nato a Wurzach il 28 giugno 1780 (alcune fonti riportano il 1777) e deceduto a Vienna nel 1846, assieme a Kotzebue e Treitschke, fu uno dei tanti scrittori austriaci estremamente prolifici e molto popolari ai suoi tempi ed oggi praticamente dimenticati. Studiò musica con il celebre Wranitzky e fu amico di Haydn. Nonstante queste possibilità, dapprima fu un “Konzipist” o “Konzipient”, una sorta di impiegato pubblico impiegato presso il Hofkriegsrat (ministero della guerra austriaco) e dal 1818 redattore presso l’ influente rivista Wiener Zeitschrift für Kunst, Literatur und Mode, fondata e pubblicata da Johann Schickh. Detta rivista fu pubblicata dal 1816 al 1848 ed è ancor oggi una delle fonti più importanti sulla vita culturale viennese dell’ epoca. La sua opera letteraria più importante è la traduzione delle opere del poeta latino Titus Plautus, pubblicata nel 1805.
Kuffner entrò in contatto con Beethoven negli ultimi anni di vita del maestro, in un momento in cui Beethoven era impazientemente alla ricerca di testi di opere liriche ed oratori. Nel 1826 Kuffner gli propose i testi per due oratori; Saul e “Die Elemente” (Gli Elementi). Non ci sono pervenute proposte per eventuali opere liriche.
Inoltre, se le memorie di Czerny fossero corrette, sembrerebbe che diversi anni prima Kuffner abbia scritto frettolosamente il testo per il finale della fantasia corale Opus 80, seguendo le indicazioni poetiche di Beethoven, che aveva già composto parte della musica. Non è possibile tuttavia stabilire la veridicità di questa affermazione. (Riportata da Nottebohm, Zweite Beethoveniana, nota in calce 503/4 che aggiunge un punto interrogativo, rilevando che questo testo non si trova nell’edizione completa di tutte le poesie di Kuffner, che apparve in 20 volumi nel 1845. Alexander Weedlock Thayer al contrario, non trovò alcun motivo per rifiutare l’ affermazione di Czerny: „Sicherlich ist die Versifikation der Gedanken eines ändern nicht in dem Grade eine originale Schöpfung, daß wenige solcher Strophen in eines Dichters ,Werke* Aufnahme finden könnten“ (“Sicuramente metter in versi i pensieri di un’ altra persona non è una creazione del tutto originale, e quindi, per questo motivo, questi pochi versi potrebbero non essere stati inclusi nell’ Opera Omnia del poeta.
Kuffner scrisse la tragedia Tarpeja, che fu rappresentata per la prima volta al Teatro Hofburg di Vienna il 26 marzo 1813 ed ebbe una replica sola. Ricorda sorprendentemente la tragedia Coriolano di Collin. Entrambe si svolgono nel leggendario passato di Roma ed entrambe affrontano lo stesso tema: un uomo nobile ed integerrimo che si tormenta nel conflitto tra inclinazioni personali e lealtà verso la patria romana. In un momento di profonda disperazione, Coriolano si unisce ai nemici di Roma. Pentitosi di questa decisione, si rende conto che sarà un traditore in tutti casi, sia nei confronti di Roma che dei confronti dei suoi nuovi alleati. Solo il suicidio potrà ridargli l’ onore perduto.
Anche nell’ opera di Kuffner è possibile ravvisare la stessa conflittualità. In questo caso protagonista è lo sfortunato amore di Tarpeja (figlia di Tarpejus, generale e amico del re Romolo) verso Tazio, nobile re dei Sabini, quei Sabini che cercano segretamente vendetta per lo sfacciato rapimento delle loro donne operato dai Romani. Anche in questo caso, l’ unica via di uscita da questa conflittualità morale è il suicidio. Coriolano e Tarpeja: due persone solitarie e di alto lignaggio che sono fondamentalmente incapaci di tradire, ma allo stesso tempo fragili e malvagie, e che tendono alla morte, struggendosi nel lacerante conflitto tra dovere e voce del cuore, non trovando la strada tra i compromessi e i dolori dell’ esistenza. Sempre fedele a questi principi contrapposti, comprendiamo quanto Beethoven fosse attratto da questa tematica, che nell’ Ouverture Coriolano di Collin raggiunse altezze immortali.
Per quanto riguarda la musica per Tarpeja, sappiamo solo con certezza che Beethoven la scrisse per lo spettacolo del 26 marzo 1813, a beneficio dell’ attore in pensione (e cognato di Mozart) Joseph Lange (1751-1831). Consta di una piccola e pomposa marcia trionfale in do maggiore, che fu in seguito stampata nell’edizione completa delle sue opere (vedere l’ allegato PDF). L’ annuncio apparso all’ epoca recitava: „Der Marsch ist neu componirt von Hm. v. Beethoven“. (“La marcia è stata recentemente composta dal signor V. Beethoven”).
Di un piccolo movimento simile ad una marcia in re maggiore, che Beethoven intitolò in italiano “„Introduzione de(!) IIdo atto“ (WoO 2b) , si presunse che fosse anch’ esso destinato a quest’ opera, mentre oggigiorno si tende ad attribuire la sua creazione per il secondo atto di Fidelio. La locandina non riporta nulla al riguardo e finora non sono stati trovati abbozzi o bella copia della partitura. L’autografo di Beethoven sopravvissuto, pieno di correzioni e cancellature, non avrebbe potuto essere utilizzato in nessun modo per una esecuzione. Se Beethoven avesse comunque scritto questa “Introduzione” per Tarpeja, e non l’ abbia utilizzata, è domanda senza risposta.
Georg Schünemann attribuì l’ “Introduzione” a Trapeja. Nella sua edizione della tragedia (B. Schotts Söhne, Mainz 1938) affermò che questi due pezzi (introduzione al secondo atto e marcia trionfale ) sono gli unici due numeri sopravvissuti di una musica drammatica completa per la tragedia di Kuffner ed in seguito perduta. Si rimane tuttavia nel campo delle congetture; Schünemann non rivela alcuna fonte per questa sua tesi.
Forse la domanda basilare è questa: dove è richiesta espressamente della musica in questa tragedia? Sorvolando su una Ouverture “necessaria” e i tre atti intermedi che non richiedono alcun intervento musicale, il testo cita musica in queste circostanze: un suono di tuba alla fine dell’ottava scena del primo atto e alla fine dello stesso (probabilmente una marcia brevissima), nell’ultimo Recitativo nella terza scena, alla fine della quarta e nell’ultima scena. Probabilmente una breve fanfara di ottoni, forse solo un segnale. Potrebbe essere che Beethoven possa avere scritto qualcosa del genere; l’ unica composizione simile fu scritta molti anni dopo per la prima e sesta scena de Weihe des Hauses Opus 124 (vedere Nottebohm, 2. Beethoveniana, pagg. 386—402. ). L’ottava scena del secondo atto richiede musica guerresca per l’ingresso dei romani vittoriosi che trascinano seco i loro prigionieri, e alla fine della stessa scena c’è una marcia, così come una marcia trionfale alla fine dell’ opera.
Non può esser stabilito con certezza in quale di queste sezioni fosse suonata la marcia trionfale, forse in ognuna delle tre scene, sebbene questa rimane una pura congettura. In tutti i casi, la struttura della poesia di Kuffner non diede a Beethoven la possibilità di comporre una musica drammatica simile a quella che compose per l’ Egmont di Goethe.
L’ edizione di Tarpeja proposta in PDF si basa sulla ristampa nel volume 2 dell’edizione completa dei drammi di Kuffner, pubblicata in due volumi da Kaulfuss e Krammer nel 1825 a Vienna. Il volume contiene Die Minnesänger auf der Wartburg — Catilina — Tarpeja.
Il racconto storico di Livio e Properzio. Il poeta elegiaco Porperzio fornisce, nel carme 4,4., una variante ‘amorosa’ della storia della vergine vestale traditrice della patria, presentando il tradimento di Tarpeia come conseguenza della passione d’amore per il re Tito Tazio. Livio, invece, fornisce la versione che possiamo definire tradizionale della vicenda, secondo la quale Tarpeia sarebbe stata corrotta dall’oro del nemico. Sia in Properzio sia in Livio la fanciulla si spinge fuori dalle mura per attingere l’acqua per il culto di Vesta; tuttavia, mentre in Properzio la scena, descritta con profondo lirismo, è presentata come l’occasione dell’innamoramento di Tarpeia per il re dei Sabini, in Livio corrisponde al momento della cattura della ragazza da parte dei soldati nemici, intenzionati a punirla per il suo comportamento.
Tarpeia finirà sepolta dagli scudi sabini. In Properzio l’ordine parte da Tito Tazio, che non intende prestar fede alla promessa di matrimonio fatta a Tarpeia per convincerla ad aprire ai Sabini le porte della città. In Livio i soldati, facendo finta di adempiere alla sua richiesta di «tutto quanto essi portavano al braccio sinistro», in atto di profondo disprezzo per la traditrice, invece di darle i bracciali d’oro cui ella mirava, le gettano addosso gli scudi, anch’essi tenuti al braccio sinistro. Alla fine del passo dedicato a Tarpeia, Livio riporta un’altra versione della leggenda, riconducibile all’annalista L. Calpurnio Pisone, console nel 133 a.C, secondo la quale Tarpeia non aveva intenzione di tradire Roma, ma di salvarla, disarmando i nemici. Alludendo a quello che i nemici portavano al braccio la fanciulla avrebbe infatti inteso proprio gli scudi.
La giovane avrebbe inviato a Romolo un messaggero per comunicargli di attaccare i Sabini mentre erano disarmati, ma il messaggero tradì riferendo tutto a Tazio che fece schiacciare Tarpeia con gli scudi. La versione di Pisone riabilita pienamente la figura di Tarpeia, facendone in realtà una vera e propria eroina martire per la patria. Questa versione potrebbe spiegare perché ogni 13 febbraio le Vestali celebrassero una cerimonia che terminava con una libagione sulla tomba di Tarpeia.
LIVIO
…. 5] Novissimum ab Sabinis bellum ortum multoque id maximum fuit; nihil enim
per iram aut cupiditatem actum est, nec ostenderunt bellum prius quam intulerunt.
….[6] Consilio etiam additus dolus. Sp. Tarpeius Romanae praeerat arci. Huius filiam
virginem auro corrumpit Tatius ut armatos in arcem accipiat; aquam forte ea tum
sacris extra moenia petitum ierat. ….[7] Accepti obrutam armis necavere, seu ut vi capta
potius arx videretur seu prodendi exempli causa ne quid usquam fidum proditori
esset. ….[8] Additur fabula, quod volgo Sabini aureas armillas magni ponderis brachio
laevo gemmatosque magna specie anulos habuerint, pepigisse eam quod in sinistris
manibus haberent; eo scuta illi pro aureis donis congesta. ….[9] Sunt qui eam ex pacto
tradendi quod in sinistris manibus esset derecto arma petisse dicant et fraude visam
agere sua ipsam peremptam mercede.
….[5] L’ultimo attacco Roma lo patì dai Sabini, e questa fu di gran lunga la più importante
tra le guerre combattute fino a quel momento. Essi (i Sabini) infatti, non agirono sotto la forza
del risentimento e dell’ambizione, e neanche si vantarono con dimostrazioni militari
prima di iniziare la guerra. [6] Unirono il sotterfugio al sangue freddo. Spurio
Tarpeio comandava il fortilizio romano. Sua figlia, vergine vestale, viene sedotta
con dell’oro da Tazio e costretta a far penetrare un gruppo di uomini armati nella fortezza.
In quel preciso istante la ragazza era andata oltre le mura a prendere dell’ acqua per
i culti rituali. [7] Dopo averla catturata, la schiacciarono sotto il peso delle loro armi
e la uccisero, sia per dare l’idea che la cittadella fosse stata conquistata più con la forza
che con altro mezzo, sia per dare un esempio in modo che più nessun
traditore potesse contare sulla parola data. [8] La leggenda che riguarda questi avvenimenti
narra che, siccome i Sabini di solito portavano al braccio sinistro dei braccialetti d’oro
massiccio e giravano con anelli tempestati di gemme di rara bellezza, la ragazza
avesse pattuito come prezzo del suo tradimento quelche essi portavassero al braccio
sinistro; e che al posto dell’oro fosse rimasta schiacciata dal peso dei loro scudi. [9]
Alcuni altri affermano che, avendo chiesto (Tarpea) di scegliere come ricompensa quello che
i Sabini portavassero al braccio sinistro, si decise proprio per chiedere gli scudi e che i Sabini,
credendo li volesse tradire, l’uccisero proprio con la ricompensa che essa aveva chiesto.
La recensione del concerto apparsa a pagina 293 della rivista WAMZ, marzo 1813. (per cortesia di Luigi Domenico Bellofatto)
… E PROPERZIO
…..80 atque intermissa castra silere tuba.
Hoc Tarpeia suum tempus rata convenit hostem:
pacta ligat, pactis ipsa futura comes.
Mons erat ascensu dubius festoque remissus
nec mora, vocalis occupat ense canis.
…..85 Omnia praebebant somnos: sed Iuppiter unus
decrevit poenis invigilare suis.
Prodiderat portaeque fidem patriamque iacentem,
nubendique petit, quem velit, ipsa diem.
At Tatius (neque enim sceleri dedit hostis honorem)
……90 “Nube” ait “et regni scande cubile mei!”
Dixit, et ingestis comitum super obruit armis.
Haec, virgo, officiis dos erat apta tuis.
A duce Tarpeia mons est cognomen adeptus:
o vigil, iniustae praemia sortis habes.
….80 ..e che il campo tacesse, interrotti gli squilli di tromba. Tarpea,
pensando fosse giunto il momento, s’incontra col nemico: stringe il patto, comprendendo nel patto se stessa.
II colle era difficile da salire, ma incustodito per il giorno di festa; senza indugio, ella previene con la spada i latrati dei cani. ….85 Tutto invitava al sonno; ma Giove soltanto decise di vegliare per la tua punizione. Aveva tradito la custodia della porta e la patria dormiente, e chiese a lui di scegliere il giorno delle nozze. Ma Tazio (poiché il nemico non onorò il delitto) …90 “Sposiamoci” le disse “e sali sul mio letto regale!”. Così disse, e la seppellì coprendola con le armi dei compagni. Questa, o vergine, era la dote adatta ai tuoi servigi. Da Tarpea, che fu guida, il colle trasse il nome: hai la ricompensa, o custode, di una sorte ingiusta.
Giambattista Fontana (1525 – 1587) Tarpea viene schiacciata dagli scudi dei guerrieri Sabini. Incisione su rame.
WoO 2a fa parte del progetto “La ricerca diventa Arte”
Una nuova vita per le opere sconosciute di Ludwig van Beethoven: Un’ esplorazione artistica a cura della pianista professoressa Antonietta Cappelli e del Duo Fusaro – Arcuri (due World Premieres)
Marcia scritta nella tonalità di Do maggiore, tempo 4/4 e andamento “Lebhaft und stolz” (letteralmente: Vivace e orgoglioso), forma ABB.
La trascrizione scelta è fedele allo spirito della partitura per orchestra e ne conserva il carattere “maestoso”. Non sappiamo in quale punto della tragedia di Kuffner si collochi ma certamente la solennità del brano ci fa pensare al trionfo dei romani.
La parte A presenta il tema iniziale, prima introdotto dalla sezione dei fiati e a battuta 15, la scala di semicrome ci annuncia l’entrata degli archi e dei timpani. Il tema iniziale è ripetuto ad alta voce da tutto l’organico orchestrale previsto, presente fino alla fine del brano.
Sull’ultimo quarto della battuta 29 inizia la parte B: gli strumenti sembrano dialogare e divertirsi insieme. Ora i violini ora i fiati si passano piccoli temi che sembra ghirlande e coriandoli che riempiono il cammino dei romani . A seguire: i ribattuti degli archi e i salti di terza dei flauti e dei violini, a battuta 45 ritorna il tema iniziale, cantato dai tutti i fiati, a gran voce. In sottofondo gli archi si divertono con delle scalette ascendenti, quasi come per sottolineare la gioia e la fierezza dei vincitori. Fino alla fine si rimescolano gli elementi e si risente la parte B più corposa e sempre più maestosa.
Il brano suonato dal solo pianoforte non rende come una orchestra ma mentre l’ho suonato, ho avvertito tutti gli strumenti presenti nella partitura originale.
La trascrizione riporta il pedale del forte (a mio avviso) eccessivo per i pianoforti contemporanei. Da battuta 16 a battuta 29 ci sono dei pedali lunghissimi.
Ho cercato di pulirli, pur rispettando l’idea così pure da battuta 45 a battuta 51: il pedale sulle scalette non rende possibile percepire le note sgranate.
Brano breve, molto carico di spirito e tecnicamente non semplice. La difficoltà maggiore risiede nel fatto che ci sono tante note da suonare e tanti termini da far sentire… ora entrano le trombe, ora gli oboi e poi i timpani e gli archi e infine tutti insieme!
La struttura armonica risulta molto semplice: domina l’accordo perfetto e i suoi rivolti nella tonalità d’impianto.
Antonietta Cappelli
“Tarpea: la traditrice maledetta di Roma” Da “Il bar di Roma antica” a cura di Roberto Trizio
Il canale YouTube di Roberto: https://www.youtube.com/c/RobertoTrizio-roma-antica
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