Opus 94 An die Hoffnung (Alla speranza): Ob ein Gott sei? (E se vi fosse un Dio?): Die du so gern in heil’ gen Nächten -feierst (Tu che tanto volentieri ti levi nelle dolci notti) Lied per voce e pianoforte
Poco sostenuto – Larghetto
Opus 94 – An die Hoffnung (Alla speranza): Ob ein Gott sei? (E se vi fosse un Dio?): Die du so gern in heil’ gen Nächten – feierst (Tu che tanto volentieri ti levi nelle dolci notti) per voce e pianoforte op. 94, dedicato alla principessa Caroline Kinsky, autunno 1813-1815, pubblicato a Vienna, Steiner, aprile 1816. GA. n. 223 (serie 23/9) – Boett. IX/7 – B. 94 – KH. 94 -L. IV, p. 259 – N. 94 – T. 204.
Il manoscritto originale è conservato nella Harvard University Library di Cambridge (Mass.). Abbozzi comunicati dal Nottebohm. Lo stesso argomento, e sulla base dei medesimi versi dell’”Urania” di Tiedge, era stato già trattato da Beethoven nel 1802, con altra musica, in una canzone di affettuoso omaggio, probabilmente per Josephine Brunswik.
Riprendendolo ora il maestro, a parte la differenza della musica, ha considerato il sentimento della speranza da un punto di vista più generale e impersonale, creando un vero e proprio poemetto, a cui converrebbe di più forse il titolo del Tiedge stesso: “Klage des Ziveifels” (Lamento di colui che dubita).
All’invocazione della speranza (“Die du so gern“), con la quale incominciava l’op. 32, egli ha qui preposto, rendendola musicalmente con incisiva efficacia, l’interrogazione (dal primo canto di Tiedge): “Ob ein Gott sei? ob er einst erfülle, was die Sehnsucht weinend sich verspricht? ob vor irgend einem Weltgericht, sich dies rätselhaftu Sein enthülle?” (E se vi fosse un Dio? Se egli un giorno effettuasse quanto il nostro desiderio in lagrime si ripromette? Se prima di un qualsivoglia giudizio universale questo enigmatico essere si rivelasse?), ma facendola seguire da una energica affermazione di fede (appartenente anch’essa al testo del Tiedge): “Hoffen soll der Mensch! er frage nicht!” (L’uomo deve sperare! non domandi!).
Dopo questo preambolo la canzone si svolge sul testo delle tre strofe già musicate nel 1802. Ma la musica, come si è detto, è totalmente diversa e diversa per ogni strofa, melodicamente colorita, con varietà di movimenti, di trapassi tonali e dì inflessioni.
[Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]
Titolo ufficiale : Opus 94 An die Hoffnung, Lied nach einem Gedicht von Christoph August Tiedge für Singstimme und Klavier Widmung: Maria Charlotte (Caroline) Fürstin Kinsky NGAXII/1 Nr. 61 AGA 223 = Serie 23/9
Origine e pubblicazione: Lied composto probabilmente nella primavera del 1815 a Vienna. L’edizione originale fu pubblicata nell’aprile 1816 da Steiner & Comp, a Vienna. La partitura autografa e i pochi schizzi esistenti, in base al tipo di carta utilizzata e alle note di accompagnamento di altre opere più precisamente datate, indicano una revisione nella primavera del 1815 del poema (Op. 32), già musicato nel 1805. Il cantante Franz Wild (1792-1860) riferisce del suo primo contatto con Beethoven in occasione di un concerto del 23 dicembre 1814 a Vienna: „Durch meinen Vortrag [der ,Adelaide“ op. 46] zufriedengestellt, sprach er mir gegenüber die Absicht aus, das Lied zu instrumentiren. Dazu kam es zwar nicht, doch schrieb er für mich die Kantate An die Hoffnung1 (Text von Tiedge) mit Klavierbegleitung, welche ich, von ihm selbst accompagnirt, in einer Matinee [am 25. Mai 1816, siehe Erste Aufführung] vor einer gewählten Gesellschaft sang“ (Franz Wild, „Autobiographie“, in: Recensions und Mittheilungen über Theater und Musik 6, 1860, p. 54; vedi anche TDRIII p. 488f). Queste informazioni supportano anche la datazione della creazione nel 1815 e non – come supponeva Gustav Nottebohm – nel 1813 (Nottebohm/Beethoveniana ll p. 121).
Dopo che Steiner aveva negoziato con Beethoven nell’aprile 1815 la pubblicazione di varie opere, l’ editore i numeri del suo catalogo (2361-2369) per le opere 91 e 94, perché le nuove pubblicazioni dell’editore con i numeri dell’ editore 2370-2400 furono tutte annunciate già nella seconda metà del 1815. L’edizione originale dell’op. 94 non apparve fino all’aprile 1816, l’annuncio sulla Wiener Zeitung del 22 aprile 1816 recitava: „Ganz neu in unserm Verlage eben erschienen: An die Hoffnung […]. – Unser unerschöpflicher Hr. van Beethoven hat diese gemiithvolle Dichtung Tiedge’s mit einem Recitativo eingeleitet, das Gedicht, zart und warm gänzlich durchkomponirt, vortrefflich wiedergegeben“. Sono elencate l’op. 94, assieme all’op. 91, 92 e 95-100, già nell’ elenco degli spartiti “numero 3”, che Steiner annunciò sulla Wiener Zeitung il 13 marzo 1816. Testo: Christoph August Tiedge (1752-1841), „Urania. Ein lyrisch-didaktisches Gedicht“, Halle 1801, strofe della prima canzone „Klagen des Verzweiflers“. Beethoven presumibilmente lesse il testo dalla quarta edizione rivista del 1808. Contrariamente alla prima edizione, contiene la prima strofa in metrica libera, che Tiedge aggiunse in seguito (questa edizione fu inviata a Beethoven il 6 dicembre 1811 cifr. BGA 532). Il titolo di Beethoven „An die Hoffung“ risale al sommario di Tiedge, dove queste stanze sono chiamate „Lied an die Hoffnung“. Beethoven mise in musica lo stesso testo nell’op. 32. Per la dedica vedere op. 75. Prima eecuzione privata forse il 9 aprile 1816 a Vienna presso la casa di Gaetano Giannattasio del Rio, delle figlie Maria Anna (Nanni) e Franziska (Fanny). Quest’ultima annotò nel suo diario: „Seine neue Composition, ,Die Hoffnung1 aus Tiedges Urania mit dem Rezitativ ist göttlich. Ich war so entzückt als Nanni, als wir es spielten und sangen, es hob uns himmelan!“ (TDR IV p. 528 e Nohl/StilleLiebe p. 78 s.) Un’altra esibizione a Vienna ebbe luogo „in der Wohnung eines Kunstfreundes“ il 25 maggio 1816 eseguita dal tenore Franz Wild, presumibilmente con Beethoven al pianoforte. Rapporto: AmZ 18 (1816), 26 giugno 1816, colonna 444.
Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it
Ob ein Gott sei? Ob er einst erfülle,
Was die Sehnsucht weinend sich verspricht?
Ob, vor irgendeinem Weltgericht,
Sich dies rätselhafte Sein enthülle?
Hoffen soll der Mensch! Er frage nicht!
Die du so gern in heil’gen Nächten feierst
Und sanft und weich den Gram verschleierst,
Der eine zarte Seele quält,
O Hoffnung! Laß, durch dich empor gehoben,
Den Dulder ahnen, daß dort oben
Ein Engel seine Tränen zählt!
Wenn, längst verhallt, geliebte Stimmen schweigen;
Wenn unter ausgestorb’nen Zweigen
Verödet die Erinn’rung sitzt:
Dann nahe dich, wo dein Verlaßner trauert
Und, von der Mitternacht umschauert,
Sich auf versunk’ne Urnen stützt.
Und blickt er auf, das Schicksal anzuklagen,
Wenn scheidend über seinen Tagen
Die letzten Strahlen untergehn:
Dann laß’ ihn um den Rand des Erdentraumes
Das Leuchten eines Wolkensaumes
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