Opus 72 Fidelio, opera in due atti per soli, cori e orchestra

Terza redazione sul testo di Sonnleithner, rielaborato da Friedrich Treitschke, febbraio – maggio 1814.

Opus 72 – Fidelio, opera in due atti per soli, cori e orchestra, terza redazione sul testo di Sonnleithner rielaborato da Friedrich Treitschke, febbraio-maggio 1814, op. 72, partitura pubblicata la prima volta in edizione francese a Parigi, Farrenc, 1826; in edizione tedesca a Bonn, Simrock, 1847; in riduzione per canto e pianoforte a Vienna, Artaria, agosto 1814. GA. n. 206 (serie 20/1) – B. 72¡b (p. 238) – KH. 72 (p. 178) – L. III, p. 158 – N. 721 b – T. 125 p. 65.

La maggior parte dei manoscritti originali, provenienti da fascicoli e raccolte diverse, si trova nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino. Alcuni abbozzi sono citati dal Nottebohm.

Fu una circostanza occasionale a dare origine a questa terza redazione. Tre cantanti dell’Imperial Real Teatro di corte, ben conosciuti ed apprezzati da Beethoven – il tenore Saal, il baritono Vogl ed il basso Weinmuller – dovevano allestire una serata a loro beneficio, con un’opera che non comportasse troppe spese; e pensarono ad una ripresa del Fidelio.

L’occasione era propizia, godendo Beethoven in quel periodo, a causa principalmente dei ripetuti successi della “Battaglia di Vittoria”, di molta popolarità. Dopo qualche titubanza il maestro acconsentì; ma a patto di una completa revisione della redazione precedente (1806), ch’egli non aveva più toccato. Del rimaneggiamento del testo fu incaricato il Treitschke, che ridusse anche le parti recitate; la musica fu rimaneggiata a fondo e in alcuni punti compiutamente rifatta nel giro di pochi mesi. La prima rappresentazione ebbe luogo al teatro di Porta Carinzia il 23 maggio, con un esito che segnò il successo dell’opera. Non sapremmo dire se Beethoven sia in definitiva rimasto proprio soddisfatto del suo lavoro.

Possiamo pensare che, ove in seguito lo avesse ancora ripreso, vi avrebbe introdotto forse qualche ulteriore modificazione. Ma dobbiamo allo stato delle cose considerare il Fidelio quale oggi abbiamo come l’ultima parola del maestro nel campo della composizione teatrale, e valutare tutte le modificazioni da lui apportate in questa seconda ed ultima revisione come indici di un intendimento volto a perfezionare sempre più nel senso interiore espressivo lo stile drammatico.

Accenniamo brevemente a queste modificazioni, di cui si troveranno le più ampie e minute ragioni e spiegazioni nell’opera di Hess già ricordata a proposito delle due redazioni precedenti. L’Ouverture: Orchestra: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2 tromboni, timpani, archi.

La musica non ha niente di comune, nella lettera e nello spirito, con quella delle tre precedenti ouvertures, né vi si trova alcun riferimento a temi o momenti del dramma. Lega tonalmente con la prima scena, che qui è costituita dal duetto in la maggiore fra Marcellina e Jaquino (contrariamente alle due redazioni precedenti, in cui l’opera incominciava con l’aria in do minore di Marcellina, ora invece passata al n. 2).

Che Beethoven abbia pensato anche a questo rapporto tonale è dimostrato dal fatto che in un primo momento egli aveva tentato di riprendere allo stesso scopo la prima delle tre ouvertures precedenti (di carattere leggero e preliminare rispetto alle due successive), trasportandola appunto in mi maggiore.

Abbandonato questo progetto, e considerato probabilmente d’altra parte che la seconda e la terza ouverture, per la loro gravità, intensità ed ampiezza costituivano già di per sé stesse un dramma musicale vero e proprio invece di una preparazione che disponesse all’ascolto del dramma successivo (il quale del resto entrava soltanto per gradi nell’atmosfera tragica, partendo da scene di piccola commedia borghese), il maestro decise di creare la nuova ouverture, rimasta poi stabilmente unita all’opera.

Essa è basata su un tema ritmico il quale, annunciato in principio impetuosamente dall’intera orchestra e spiegato poi morbidamente da una larga frase di strumenti a fiato (corni, clarinetti), viene svolto nel successivo Allegro in episodi di carattere alternativamente vivace e brillante o meditativo; e questi, pur senza dar luogo ad un contrasto vero e proprio, creano tuttavia delle opposizioni in cui può vedersi adombrato, da un punto di vista generico e solo musicalmente impressivo, l’avvicendarsi dei vari momenti del dramma fino al suo tripudiante scioglimento.

Opus 72 Fidelio

Opus 72 Fidelio

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PRIMO ATTO

Ouverture Fidelio in do maggiore

I. (Corrispondente al n. II della prima e seconda redazione). Duetto: Jaquino e Marcellina: “Jetz, Schatzen, jetz wir sind alleiìn” (Ora, tesoruccio, ora siamo soli). Abbreviato di altre 10 battute anche rispetto alla redazione del 1806. Anteposto all’aria di Marcellina, che nelle redazioni precedenti costituiva il n. I (v. quanto detto a proposito della Ouverture).

II. (I della prima e seconda redazione). Aria di Marcellina: “Oh war ich schon mit dir vereint” (Oh, fossi già unita a te). Abbreviata di tredici battute rispetto alle 97 delle due redazioni precedenti.

Il n. III della prima redazione e X della seconda: terzetto: Rocco, Jaquino, Marcellina: “Ein Mann wird bald genommen” (Un uomo è presto conquistato), è stato soppresso.

III. (IV della prima redazione, III della seconda). Canone: Marcellina, Leonora, Rocco, Jaquino: “Mir ist so wunderbar!” (Quanto è meraviglioso questo per me!). Consta di 51 battute invece che di 52 (come nelle due redazioni precedenti), essendo state contratte in una sola le battute 40 e 41.

IV. L’aria di Rocco: “Hat man nicht auch Gold beineben” (Se non si ha anche dell’oro con sé) (V della redazione 1805, soppresso in quella del 1806) è stata ripristinata con modificazioni del testo originale, come già detto al n. 427.

V. (VI della redazione 1805, IV di quella del 1806). Terzetto: Rocco, Fidelio, Marcellina: “Gut, Sonnchen” (Bene, figliuolo). Abbreviato di 8 battute rispetto alla redazione del 1806 (210 battute) e di 30 rispetto a quella del 1805 (232 battute).

VI. Marcia (VII della redazione 1805, V di quella del 1806). È rimasta invariata, salvo l’abolizione del ritornello della prima parte.

VII. (VIII della redazione del 1805, VI di quella del 1806). Aria di Pizarro (con coro): “Ha, welch ein Augenblick!” (Ah, qual momento!). La vecchia redazione è stata abbreviata di 8 battute; ma tra la fine della parte a solo e il principio del coro sono state introdotte 16 battute nuove (coro e solo) di un drammatico crescendo.

VIII. (IX della redazione del 1805, VII di quella del 1806). Duetto: Pizarro, Rocco: Jetzt, Alter (Su, vecchio). È stato abbreviato di 12 battute rispetto a quello (181 battute) delle due precedenti: questo intensifica l’efficacia drammatica di certi punti, come ad esempio in: “Dann werd’ich selbst vermummt mich in der Kerker schleichen” (Poi io stesso travestito mi introdurrò nella prigione). Il duetto fra Marcellina e Leonora: “Um in der Ehe froh leben” (Per vivere bene nel matrimonio), di cui al n. X della redazione del 1805 e VIII di quella del 1806, è stato soppresso.

IX. (XI della redazione del 1805, IX di quella del 1806). Recitativo o aria di Leonora: “Ach, brich noch nicht, du mattes Herz!” (Ah, non spezzarti ancora, debole cuore!). Il recitativo è stato sostituito da un altro completamente nuovo di carattere musicale diverso, ampliato e con altre parole: “Abscheulicher, wo eilst dui?” (Infame, dove ti affretti?) L’Adagio e l’Allegro seguenti, con l’invocazione della speranza (“O Hoffnung!”), pur restando strumentalmente e musicalmente impiantati sulla base delle due redazioni precedenti, sono stati abbreviati e raggiungono una maggiore drammaticità.

X. (XII della redazione del 1805, XI di quella del 1806).

a) Il coro iniziale dei prigionieri: “O Welche Lust” (O qual piacere) è rimasto come nella redazione del 1806.

b) Duetto: Rocco, Leonora: “Nun sprech, wie gings?” (Ora parla, come è andata?). È stato soppresso il breve recitativo iniziale di Rocco delle due redazioni precedenti con le parole “Entfernt euch jetzt!” (Ora allontanatevi!) rivolte ai prigionieri, che si sparpagliano tacitamente per il parco. Il duetto si svolge poi secondo la linea delle due redazioni precedenti, con abbreviazione di poche battute.

c) Entrata di Marcellina: “Ach, Vater, eilt!” (Ah, padre, su presto!). Ricalca le redazioni precedenti, con in più una parte di Jaquino che si aggiunge a quelle di Rocco, Marcellina e Leonora.

d) Entrata di Pizarro: Invece di rivolgersi a Rocco, Marcellina e Leonora: “Noch immer zaudert ihr? noch immer seid ihr hier?” (Ancora indugiate? ancora ve ne state li?) come nelle due redazioni precedenti, ingiungendo loro di andarsene, il tirannello rimprovera aspramente Rocco di aver permesso ai prigionieri di prendere l’aria. Rocco invoca a giustificazione — e le sue parole non mancano di una certa altisonanza — la ricorrenza del giorno dell’onomastico del re; ma l’altro gli ordina di farli rientrare subito e di affrettarsi poi a scendere nel sotterraneo, ove giace incatenato colui di cui è stata già decisa la morte, per scavare ivi stesso, come stabilito, la fossa in cui dovrà esserne sepolto il cadavere. É stata completamente soppressa la scena successiva concertata fra Pizarro e il coro delle guardie: “Auf euch nur will ich bauen” (Su voi soltanto voglio contare). L’atto si chiude con la scena d’insieme dei prigionieri che rientrano nel carcere rimpiangendo la luce del sole, e degli « a parte » di Pizarro, Rocco, Leonora, Marcellina, Jaquino.

SECONDO ATTO

XI. (XIII della redazione del 1805, XII di quella del 1806). Introduzione, recitativo e aria di Florestano: “Gott, welch’ Dunkel hier!” (Dio, quale oscurità qui!). L’introduzione e il recitativo, di 58 battute nella redazione del 1805, di 43 in quella del 1806, sono stati qui nuovamente ampliati raggiungendo 50 battute. La prima parte dell’aria: “In des Lebens Frühlingstagen” (Nei giorni primaverili della vita): 26 battute nella redazione del 1805, 22 in quella del 1806, è stata qui portata a 30 battute. La seconda parte: “Ach, es waren schöne Tage” (Ah, erano bei giorni) è stata soppressa e sostituita con altra in fa maggiore, tutta differente nella musica e nel testo: 66 battute in luogo delle 45 delle redazioni precedenti: Florestano ha come la visione di un angelo che, nelle sembianze di Leonora, lo «guida alla libertà nel regno celeste». Poco allegro: “Und spürich nicht linde, sanft säuselnde Luft?” (E non sento io una dolce, soave, bisbigliante aria?)

XII. (XIV della redazione del 1805, XIII di quella del 1806). Melodramma e duetto: Leonora e Rocco: “Wie kalt ist es in diesem unterdischen Gewölbe!” (Come fa freddo in questa spelonca!). Il melodramma, che nella redazione del 1806 era stato soppresso e sostituito dalla recitazione pura e semplice, figura qui in forma chiara e compiuta di 27 battute. Il successivo duetto ha una battuta di più (105 invece di 104) della redazione del 1806.

XIII. (XV della redazione del 1805, XIV di quella del 1806). Terzetto: Florestano, Rocco, Leonora: “Euch werde Lohn” (Vi sia data ricompensa). È stato aumentato di 10 battute in confronto alle 148 della redazione del 1806 (quella del 1805 era di ben 190 battute).

XIV. (XVI della redazione del 1805, XV di quella del 1806). Quartetto: Pizarro, Rocco, Leonora, Florestano: “Er sterbe!” (Ch’egli muoia!). È più lungo soltanto di 6 battute (213 invece di 207) delle due precedenti redazioni, ma con varie significative differenze. Notiamo fra l’altro l’intervallo di quinta nella frase di Leonora: “Tödt erst sein Weib!” (Uccidi prima sua moglie !) invece di quello di terza delle redazioni precedenti, e senza sostegno d’orchestra; così pure senza sostegno d’orchestra è il secondo squillo di tromba (i due squilli sono identici a quelli della seconda redazione, v. pag. 543). La maggior lunghezza dell’epilogo strumentale è poi in rapporto con la differente conclusione scenica, poiché qui il riconoscimento reciproco dei due sposi avviene subito dopo che Pizarro e Rocco hanno abbandonato precipitosamente la prigione, e le successive battute dell’orchestra, ribadite sulla cadenza in tono, rispondono al felice fatto compiuto; mentre nelle due redazioni precedenti la cadenza sospesa introduceva l’episodio (in realtà ora non troppo felicemente soppresso) in cui i due sposi svenuti, riacquistando gradatamente i sentimenti, si riconoscevano a poco a poco, e soltanto alla fine si abbandonavano alla gioia prorompente del duetto “O namenlose Freude!”

XV. (XVII-XVIII della redazione del 1805, XVI-XVII di quella del 1806). Duetto: Leonora e Florestano: “O namenlose Freude!” (O gioia senza nome!). Come durata è rimasto invariato rispetto a quello del 1806. Seguivano immediatamente ad esso, nelle due redazioni precedenti, il coro lontano di vendetta e la tumultuosa entrata nella prigione del popolo e del ministro, la reazione dei due sposi pronti a difendersi dal nuovo supposto pericolo, le parole chiarificatrici del ministro, la liberazione di Florestano, la condanna di Pizarro, la celebrazione dell’amor coniugale e della fratellanza umana. Ora invece, chiuso il quadro precedente con il duetto in fondo alla prigione e abolito l’episodio del coro di vendetta e successive chiarificazioni, il finale si apre nel cortile d’onore del castello in piena luce del sole.

Entrano le guardie come in una parata; poi da una parte il ministro don Fernando seguito dai suoi ufficiali e dal popolo; e dall’altra, condotti da Jaquino e Marcellina, i prigionieri liberati, che fanno atto d’omaggio al ministro. Alcune guardie scortano Pizarro, ora a sua volta prigioniero. La musica è fin qui tutta nuova: introduzione dell’orchestra a marcia, coro del popolo e dei prigionieri: “Heil sei dem Tag, heil sei der Stunde” (Viva il giorno, viva l’ora), parole del ministro che spiega solennemente di esser venuto a ristabilire la giustizia: “Des besten Königs Wink und Wille führt mich zu euch, ihr Armen, her” (L’intendimento e la volontà del nostro ottimo Re mi conducono qui a voi, poveretti) e termina accennando a quel sentimento di fratellanza: “Es sucht der Bruder seine Brüder, und kann er helfen hilft er gern” (Il fratello cerca i suoi fratelli, e se può aiutarli li aiuta volentieri):
Dall’entrata di Rocco, che conduce Leonora e Florestano, ancora incatenato, avanti al ministro, la musica torna ad essere sostanzialmente quella delle redazioni precedenti, per quanto diversamente applicata e svolta, in ragione della più ampia e variata vicenda scenica. Stupore di don Fernando nel riconoscere l’amico da lui creduto morto; stupore un po’ comico di Marcellina nell’accorgersi ora soltanto che Fidelio è una donna; grida del popolo che reclama la punizione di Pizarro. Poi questo viene condotto via dalle guardie per ordine del ministro, senza che possa dire una sola parola, e don Fernando invita Leonora a sciogliere le catene di Florestano. Seguono il dolce episodio concertato: “O Gott, welche ein Augenblick!” (O Dio, quale momento!) e il giubilante coro finale: “Wer ein solches Weib errungen” (Chi ha ottenuto una tale donna).

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

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