Opus 37 Concerto in do minore per pianoforte e orchestra
I) Allegro con brio – II) Largo – III) Rondò – Allegro
Opus 37 Concerto in do minore per pianoforte e orchestra, op. 37, dedicato al principe Luigi Ferdinando di Prussia, nipote di Federico il Grande, cioè figlio del suo più giovane fratello. 1800-1802, pubblicato in parti staccate a Vienna, Bureau d’arts et d’industrie, estate 1804; in partitura a Francoforte, Dunst, fine 1834 o principio 1835. GA. n. 67 (serie 9/3) – B. 37 – KH. 37 – L. II, p. 220 -N. 37 – T. 73
Tre abbozzi di questo Concerto, anteriori di qualche anno al 1800, esistono nella raccolta Kafka del British Museum, e sono stati comunicati a suo tempo dallo Shedlock; due di essi (il secondo a fisionomia di cadenza) si riferiscono palesemente al primo tempo; il terzo, destinato originariamente al Rondò, riportato a Biamonti 337, è rimasto inutilizzato. Il manoscritto originale, conservato nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino, porta la scritta: “Concerto 1800, da L. van Beethoven“. Il che vuol dire che nel 1800 la musica doveva già essere stata composta per lo meno nei suoi elementi essenziali, anche se non compiutamente elaborata. I rimaneggiamenti però si protrassero fino al 1802; e non è da escludere, sulla base di quanto hanno riferito il Seyfried ed il Ries, che altre modificazioni e aggiunte siano state introdotte posteriormente fino al momento della consegna all’editore per la stampa.
L’Allegro con brio si fonda su una delle tipiche impostazioni in do minore che s’incontrano anche in altre opere di Beethoven dello stesso periodo: Quartetto op. 18 n. 4, Sonata per pianoforte e violino op. 30 n. 2, Trii op. 1 n. 3 per pianoforte, violino e violoncello e op. 9 n. 3 per violino, viola e violoncello, Sonata per pianoforte op. 10 n. 1. Ma il pianoforte, riprendendo dopo l’esposizione del Tutti gli stessi elementi tematici, si afferma con l’autorità di un protagonista; come poi proseguirà in opposizione o in concomitanza con la massa strumentale, intensificando ed ampliando la forma tradizionale, già tanto espressivamente arricchita dai nobili modelli mozartiani.
Fra i vari elementi formativi, principali o secondari, se ne inserisce uno di carattere particolare che, unito in principio al tema iniziale come una sua naturale ripercussione nel ritmo e nel tono, viene poi ad assumere nel contesto dialettico-drammatico della ripresa e della conclusione una spiccata individualità, di natura essenzialmente strumentale (in confronto con l’espansione melodica del tema medesimo), acquiescente o misteriosa, dubbiosa o cupa; e ne preannuncia, commenta o ribatte, o anche talora sembra contraddirne, l’eloquio. Particolarmente significativa è la sua riapparizione, dopo la cadenza, nel timpano. Il Largo si annuncia nel pianoforte con una melodia di notturno, resa più affascinante dal trascolorare delle tonalità che essa sfiora prima di adagiarsi mollemente nella cadenza definitiva in si maggiore.
Conseguente è l’entrata dell’orchestra nel tono iniziale e la sua conclusione nel passo discendente dei bassi, tanto espressivamente integrato dal moto contrario ascendente degli archi superiori e degli strumenti a fiato. Una seconda melodia ricca di fioriture, che si eleva egualmente dallo strumento solista, ha carattere meno raccolto, per quanto dolce e raffinata; significativo è l’episodio seguente in cui dalla penombra degli arpeggi del pianoforte emergono le sospirose voci di qualche strumento a fiato, in particolare del fagotto: formalmente un passaggio che riconduce, con un graduale ritorno dell’atmosfera iniziale, alla ripresa della melodia originaria in una compenetrazione espressiva più stretta del solista con l’orchestra fino all’ultima cadenza.
Il Finale (Allegro) ha, come di consueto, un carattere più leggero; temi e svolgimenti vi assumono aspetti spigliati, di giuoco strumentale e di danza. Nel corso degli sviluppi alcune ripercussioni del ritmo nel pianoforte con il suo rimbalzo di ottave, maggiormente colorito dallo scarto della tonalità, fanno pensare al Finale dell’Ottava Sinfonia.
Spiritosa la trovata conclusiva del Presto 6/8 in do maggiore, discendente dallo stesso spunto. Beethoven lo farà ripubblicare nel 1820, in riduzione per solo pianoforte, unitamente a cinque Bagattelle dell’op. 119, nella terza parte della Wiener Pianoforte-Schule di F. Starke (vedere Hess 65 – Biamonti 730).
[Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]
Opus 37 Concerto in do minore per pianoforte e orchestra
Titolo ufficiale: Opus 37 Konzert Nr. 3 (c-moll) für Klavier und Orchester Widmung: Louis Ferdinand Prinz von Preußen NGAIII/2 AGA 67 = Serie 9/3 SBG IX/20 (Hess 65)
Origine e pubblicazione: La partitura autografa reca la data di Beethoven “1803”. Degli unici schizzi sporadicamente conservati, che non sempre rimandano chiaramente all’op. 37, i più antichi risalgono al 1796. La trascrizione dell’opera è stata realizzata in più fasi di lavoro, la cui tempistica, essenzialmente tra la fine del 1799 e il 1804, è oggetto di controversia. Alcuni indizi indicano che parte della partitura era già stata elaborata nel 1799/1800, e che forse già esisteva nel 1796 una versione precedente, forse non elaborata in tutti i movimenti – come nell’op. 15 e 19. L’edizione originale in parti fu pubblicata nell’autunno 1804 dal Kunst- und Industrie-Comptoir di Vienna. I primi schizzi che si riferiscono specificamente a un concerto per pianoforte in do minore si possono trovare nelle notazioni per opere completate durante o poco dopo il soggiorno di Beethoven a Berlino nella primavera/inizio estate del 1796 (tra le Op. 5 e 16).
Questi abbozzi sono già materiale per il 1° e 3° movimento, che poi riappare in forma simile nell’op. 37. Anche alcune particelle musicali della fine del 1797/inizio del 1798 possono essere chiaramente riferite al tema del 1° movimento. Resta aperto, tuttavia, se questi schizzi del 1796-1798 siano idee concettuali e di processo musicale isolate che furono riprese solo molto più tardi, o se Beethoven stesse effettivamente già lavorando più intensamente e concretamente a un altro concerto accanto all’op. 15 e 19. Almeno gli schizzi per il primo movimento indicano la possibilità di una versione precedente del primo movimento. Tra il 1799 o nell’anno 1800 Beethoven si impegnò a comporre l’op. 37. Una lettera a Franz Anton Hoffmeister a Vienna datata 15 dicembre 1800 mostra che dopo il completamento dell’op. 15 e 19 stava lavorando a un altro concerto, forse ne aveva già uno in spartito già disponibile. Offerì all’editore: „3tens ein Konzert fürs Klawier [Op. 19] welches ich zwar für kein’s von meinen Besten ausgebe, so wie ein anderes [Op. 15], was bey mollo hier herauskommen wird, (zur Nachricht an die Leipziger Rezensenten), weil ich die Bessern noch für mich behalte, bis ich selbst eine Reise mache, doch dörft es ihnen keine schände machen es zu stechen“ ( BGA49, cfr. anche BGA 59). Se ci fosse già stato un altro concerto „besseres“, questo potrebbe essere stato l’op. avere 37. Gli schizzi di questo periodo non possono essere verificati. Tuttavia, Aloys Fuchs ha descritto il quaderno di abbozzi “Autograph 19e”, utilizzato da Beethoven nell’estate del 1800, che oggi può essere ricostruito solo in modo incompleto, come segue: „ein Skizzenbuch aus früher Zeit mit Entwürfen zu den 6 Quart: Op. 18/36 Blätter/ C mol Klav. Conzert etc. etc.“ (D-B, Mus. ms. theor. Cat. 510, citato da JTW p. 92).
È quindi possibile che nelle pagine del quaderno, oggi non più rintracciabili, contenessero note sull’op. 37. È stato suggerito in varie occasioni che un ipotetico quaderno di abbozzi – perduto – che Beethoven usò tra l’autunno 1799 e l’aprile 1800 circa potesse contenere principalmente l’opera 37. Al di là della questione degli abbozzi, l’esame della carta della partitura autografa per quanto riguarda la datazione non ha potuto fornire risultati certi. Hans-Werner Küthen data i fogli utilizzati per la maggior parte del manoscritto al 1799/1800. Tuttavia, questo è stato messo in dubbio da Leon Plantinga. Dalla possibile esistenza di una partitura forse solo parzialmente elaborata nel 1800, si è concluso che l’op. 37 fu progettato per l’Accademia di Beethoven del 2 aprile 1800 e sostituito con breve preavviso dall’op. 15. Nell’aprile 1802 Beethoven volle organizzare un’altra accademia. Il progetto fu abbandonato perché non erano disponibili i locali necessari (BGA 85). Tra le altre cose, in questa accademia doveva essere eseguito un nuovo concerto per pianoforte, come spiega una lettera di Kaspar Karl van Beethoven a Breitkopf & Härtel datata 28 marzo 1802: „ferner werden wir in 3 bis 4 Wochen eine grose Simpfonie [Op. 36], und ein Konzert für das Klavier [Op. 37, vielleicht aber auch das nicht vollendete Tripelkonzert von 1802] haben“ (BGA 81).
Per pianificare la Seconda Sinfonia op.36, Beethoven usò il taccuino “Keßler”. Tra gli schizzi per opere orchestrali per questa accademia c’è un’unica notazione simile all’op. 37, sulla cui funzione non vi è unanimità di vedute. Mentre Hans-Werner Küthen lo tratta come uno schizzo di revisione per la partitura autografa, Leon Plantinga lo vede come un’unica idea musicale per il concerto non ancora elaborata. Se una partitura completa (forse solo parzialmente) fosse stata disponibile per l’Accademia nel 1802, Beethoven potrebbe aver abbozzato la composizione tra l’aprile e il dicembre 1801. In quel periodo usò il taccuino “Sauer”, che oggi può essere ricostruito solo parzialmente .
Dopo la cancellazione dell’Accademia nell’aprile 1802, Kaspar Karl van Beethoven chiese a Breitkopf & Härtel di avere pazienza riguardo la 2a sinfonia e al concerto per pianoforte, „weil wir sie noch in einer Musick zu gebrauchen denken“ (BGA 85). Dopo che Breitkopf offrì un compenso inferiore a quello richiesto da Beethoven, le due opere furono poi vendute al Kunst- und Industrie-Comptoir di Vienna nel febbraio/marzo 1803 (BGA 129). Entro marzo 1803 al più tardi fu scritta una versione eseguibile dell’op. 37 per l’Accademia di Beethoven il 5 aprile 1803. Ignaz von Seyfried, che in questa occasione voltò pagina per il compositore, descrisse in seguito lo stato del manoscritto: „Ich erblickte fast lauter leere Blätter“ (Caecilia 9, 1828, p. 220). Scrive anche Ferdinand Ries: „Die Clavierstimme des C moll Concerts hat nie vollständig in der Partitur gestanden; Beethoven hatte sie eigens für mich in einzelnen Blättern niedergeschrieben“ (Wegeler/Ries p. 115). Hans-Werner Küthen ipotizza quindi che una revisione di tutti i movimenti e l’elaborazione finale della parte solistica siano state intraprese solo per il concerto del 19 luglio 1804, in cui Ferdinand Ries fece il suo debutto come allievo di Beethoven. È quindi molto probabile che l’editore originale viennese non abbia ricevuto un modello di incisione completo prima del luglio 1804. Come mostra la corrispondenza di Beethoven del settembre 1804, le bozze furono in parte corrette da Ferdinand Ries (BGA 190-192). L’opera fu pubblicata insieme all’op. 36 e 38 già annunciate nel novembre 1803.
Riguardo alla data di pubblicazione, BGA 190 Nota 2 dice: „Erschienen ist sie frühestens in der zweiten Hälfte September 1804, da die Widmung an Prinz Louis Ferdinand von Preußen sicherlich durch dessen Besuch in Wien, 8. bis 13.9.1804, veranlaßt wurde. Anfang Oktober 1804 wurde sie allerdings bereits bei Breitkopf & Härtel in Leipzig als vorrätig angezeigt (AmZ 7, 1804/05, Intelligenzblatt 1, Sp. 1).“
Dedica: Louis Ferdinand [Ludwig Friedrich Christian], principe di Prussia, nato il 18 novembre 1772 a Friedrichsfelde vicino a Berlino, deceduto il 10 ottobre 1806 a Wöhlsdorf vicino a Saalfeld, figlio di August Ferdinand Principe di Prussia (1730-1813) e sua moglie Anna Elisabetta Luisa di Brandeburgo-Schwed (1738-1820), nipote di Federico il Grande. Era un eccellente pianista e compositore di talento. Beethoven incontrò Louis Ferdinand durante la sua tournée di concerti a Berlino nel giugno 1796 (cfr. Op. 5) e valutò molto positivamente il suo modo di suonare il pianoforte: sapeva suonare meglio del maestro di cappella prussiano reale Friedrich Heinrich Himmel e „spiele gar nicht königlich oder prinzlich, sondern wie ein tüchtiger Clavier-spieler“ (Wegeler/Ries p. 110). Nel 1804 Beethoven e il principe si incontrarono una seconda volta. Louis Ferdinand soggiornò a Vienna dall’8 al 13 settembre nel suo viaggio per ispezionare le manovre autunnali austriache e incontrò Beethoven a cena e a pranzo (Wegeler/Ries p. 111). Al più tardi dall’autunno del 1804, Louis Ferdinand fu anche intimo amico del mecenate di Beethoven Franz Joseph Maximilian Prince von Lobkowitz (1772-1816), che aveva conosciuto nell’estate del 1800. Al castello di Lobkowitz Raudnitz (Roudnice) nella Repubblica Ceca, il 18 o 19 ottobre 1804, ebbe luogo una rappresentazione privata dell'”Eroica” alla presenza di Luigi Ferdinando, di cui il principe volle due repliche. Su insistenza di Constanze Mozart, sei dei concerti per pianoforte di Mozart (KV 503, 595, 491, 482, 488 e 467) furono dedicati a Louis Ferdinand, che furono pubblicati insieme nel 1800 da Johann André a Offenbach. (Debuch/Louis-Ferdinand.)
Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it
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