Opus 21 Sinfonia n. 1 in do maggiore
I) Adagio molto – Allegro con brio – II) Andante cantabile con moto – III) Minuetto. Allegro molto vivace – IV) Finale. Adagio – Allegro molto e vivace
Opus 21 Sinfonia n. 1 in do maggiore, op. 21, dedicata al barone Gottfried van Swieten, 1799 – principio 1800, pubblicata in parti staccate a Lipsia, Hoffmeister e Kuhnel, fine 1801; in partitura a Londra, Cianchettini e Sperati (in una raccolta di Sinfonie classiche di Haydn, Mozart e Beethoven), gennaio-febbraio 1809; a Bonn e Colonia, Simrock, primavera 1822. GA. n. 1 (serie 1/1) – B. 21 – KH. 21 – L. II, p. 1 – N. 21 – T. 71
Titolo ufficiale: Opus 21 Symphonie Nr. 1 (C-dur) Widmung: Gottfried Freiherr van Swieten NGAI/1 AGA 1 = Serie 1/1
Il manoscritto originale è perduto. Poiché tra gli abbozzi di una Sinfonia giovanile di Beethoven se ne trovano alcuni legati da visibile analogia con il tema del Finale della presente, vari studiosi, tra cui il Nottebohm che per primo aveva dato comunicazione dei suddetti abbozzi, opinarono in principio che la concezione e almeno i lavori preparatori di questa, risalissero al 1791-1795. In seguito lo stesso Nottebohm ha riconosciuto che la Sinfonia abbozzata allora non aveva troppo a che vedere con l’attuale Prima, pensata e scritta per la quasi totalità nel 1799-1800. Una ulteriore conferma ci viene da altri abbozzi di quella stessa Sinfonia giovanile, contenuti nell’ultima pagina del manoscritto del Rondò a capriccio, o del soldo perduto, scoperto nel 1915.
Certo anche la Prima è nata in seno ad una tradizione che, per quanto riassunta nei modelli più immediati di Haydn e di Mozart, affonda le sue radici in un terreno più vasto ed antico. Ma se l’orma di qualche predecessore si rivela nell’architettura generale e anche in particolari di sviluppo e in più di un atteggiamento melodico o ritmico, è tuttavia molto chiaro che dappertutto canta, sorride e scherza il robusto spirito di un giovane sicuro di sé e volto all’avvenire.
La prima esecuzione ebbe luogo allo Hofburgtheater di Vienna il 2 aprile 1800 in un concerto organizzato da Beethoven a suo beneficio e per più di una buona metà dedicato a sue composizioni: Concerto per pianoforte e orchestra (probabilmente quello in si bemolle maggiore op. 19) eseguito dall’autore stesso, Settimino, Sinfonia. L’orchestra si compone, oltre che del quintetto d’archi, di 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe e timpani: il complesso più ricco ed organico dell’epoca, al quale Haydn e Mozart erano giunti soltanto nelle loro opere maggiori.
Ad esso Beethoven farà ancora qualche aggiunta, per determinate pagine delle sinfonie successive, portando i corni a tre e a quattro, introducendo l’ottavino, il controfagotto, i tromboni (due o tre), la batteria. Nell’introduzione (Adagio molto) la tonalità d’impianto non è subito perentoriamente affermata, come la pratica più comune avrebbe autorizzato a fare, ma raggiunta e fissata attraverso una serie di cadenze modulanti: procedimento che, per quanto non ignoto ai musicisti che lo hanno preceduto, appare qui particolarmente indicativo di quel « divenire » che dà vita sempre all’eloquio beethoveniano e che con l’impulso reiterato del primo tema domina in tutto l’Allegro successivo come caratteristica di movimento, prevalendo su ogni altro elemento accessorio distensivo, fino alla conclusione, già concisa ed energica alla maniera beethoveniana (vedasi anche però, come precedente, la magnificazione ritmica e strumentale alla fine del primo tempo della Sinfonia di Mozart nello stesso tono, K. 338).
L’Andante cantabile con moto rivela nella fisionomia melodica, nel trasparente e pur vigoroso contrappunto (come press’a poco nel tempo corrispondente anche il Quartetto op. 18 n. 4 avrebbe dovuto fare) una distribuzione del ritmo, delle armonie, delle simmetrie, dei contrasti in un insieme di rara unità e leggerezza.
Notiamo come una delle sue particolarità il ruolo che vi assume il timpano ora inserendosi con una sua figura ritmica concisa ed ostinata nella fluidità melodica di certi passi, ora accentuando l’efficacia di alcune alternative dinamico-timbriche. Prima affermazione della maggiore individualità di questo strumento nelle partiture beethoveniane, di cui si vedranno in seguito altri e più evidenti esempi: nel secondo e terzo tempo dell’ Eroica, nel secondo tempo della Quarta, nei Finali del Terzo e Quinto concerto per pianoforte e orchestra, nel Finale dell’Ottava Sinfonia, nello Scherzo della Nona, nel preludio alla scena della prigione nel secondo atto del Fidelio.
Il Minuetto (Allegro molto vivace) per la fisionomia ritmica e melodica si differenzia dai congeneri di Haydn e di Mozart ed è già, nonostante il nome, un vero Scherzo. Il movimento stesso, più dinamico e melodicamente disadorno che non nel comune Minuetto sinfonico, lo conferma. Il Trio con il suo caratteristico tema dei fiati, intorno a cui volteggiano le figure di raccordo e d’ornamento dei violini, è una celebrazione di gioia pastorale che il crescendo, con la graduale sovrapposizione di timbri o di sonorità, ingrandisce sino al fortissimo di tutta l’orchestra.
Il Rondò (Allegro molto vivo), avviato gradatamente da una spiritosa introduzione lenta «a singhiozzo» (Adagio) che ne diviene poi la figura iniziale di lancio, è la pagina più leggera e facile della Sinfonia, la cui giocondità sembra qui sciogliersi in un fluido corso di spigliatezza: ma porta, se non altro, alla fine — dopo i due accordi sospesi allargati nell’ enfasi di due punti coronati che fanno riscontro forse, come intenzione caricaturale, all’avvio dell’introduzione lenta — il suggello di quella vigorosa, nuova cordialità impressa già alla conclusione del primo tempo.
Creazione e pubblicazione: Composta nel 1799 / inizio 1800. Poiché non si trovano più né schizzi né note autografe abbiamo come solo riferimento per la datazione la rappresentazione del 2 aprile 1800. L’edizione originale in parti fu pubblicata nel novembre 1801 da Hoffmeister & Comp Vienna e al Bureau de Musique di Lipsia. Beethoven stava già lavorando a una sinfonia in do maggiore nel 1794-96, che rimase incompiuta (vedere Opere incompiute Unv 2). Il tema del primo movimento di detta sinfonia fu riutilizzato nell’op. 21 riapparendo nel tema del rondò del finale. Abbozzi che si riferiscono direttamente al processo compositivo per l’op. 21 non sono stati ancora rintracciati. Un quaderno di abbozzi riferentesi al periodo metà 1799 – aprile 1800 probabilmente andò perso già in epoca beethoveniana (JTW pag. 87). Beethoven offrì la sinfonia a Franz Anton Hoffmeister per la stampa il 15 dicembre 1800. Dopo l’ approvazione del 24 gennaio 1801, la bozza dell’incisore andò di pari passo con quella per l’op. 19 a Lipsia il 22 aprile 1801. Il titolo seguì a giugno (sempre con una dedica all’arcivescovo Maximilian Franz), la nuova dedica a Gottfried Freiherr van Swieten apparve attorno al 17 ottobre 1801. La sinfonia fu probabilmente eseguita dal materiale stampato il 26 novembre 1801 a Lipsia (Dörffel/Leipzig pagina 31); l’editore inviò cinque copie campione dell’edizione a Beethoven. Le lastre di stampa dell’edizione originale presentano evidenti tracce di revisione, in particolare per quanto riguarda i caratteri dinamici ed agogici. Ciò ovviamente avvenne prima di andare in stampa. Dopo che Beethoven ebbe ricevuto le copie campione, nel dicembre 1801 consegnò al manager di Hoffmeister a Vienna, Caspar Josef Eberl, un (altro?) elenco di correzioni (BGA 75 e 76), che risultò ancora incompleto e l’editore apportò ancora correzioni a Lipsia (inizialmente in parte ancora scritte a mano).
Alcune ulteriori correzioni sembrano essere state apportate a Vienna secondo le istruzioni di Beethoven (Raab/NGA I/l p. 149- 151). I numeri autentici del metronomo riportati negli incipit provengono da un opuscolo pubblicato da S. A. Steiner intorno al 1817 „Bestimmung des musikalischen Zeitmasses nach Mälzel’s Metronom. Erste Lieferung. Beethoven. Sinfonien Nr. 1-8 und Septett von dem Autor selbst bezeichnet“ (VN 2811). Non si conosce ad oggi una copia di questo libretto sopravvissuta. Tuttavia i segni del metronomo per le sinfonie furono pubblicati nella Leipziger Allgemeine Musikalische Zeitung (19, 1817, 17 dicembre 1817, col. 873f) e trovarono collocazione nell’AGA, in parte anche in Hofmeister/Index 1819 (vedi Nottebohm/ Beethoveniana l p. 130f e Weinmann/Senefelder Vol. 1 p. 157). Diverse marcature metronometriche per il 2°, 3° e 4° movimento dell’op. 21 furono annotate a matita da Beethoven nell’ultima pagina della copia riveduta della partitura della marcia WoO 24. Simrock ebbe l’ idea di pubblicare le Sinfonie n. 1-6 di Beethoven per intero, anche se „nichts dabey zu gewinnen ist“. Rimandò più volte la data di uscita e infine pubblicò le Sinfonie 1 e 2 nella primavera del 1822 e la terza non prima di metà anno. (BGA 1464 del 13 maggio 1822.) Dedica: Beethoven inizialmente prevedeva di dedicare la sinfonia al suo ex datore di lavoro, l’ultimo arcivescovo di Colonia, Maximilian Franz (1756-1801): “composée et dediée / à son altesse Serenissime / Maximilien Francois / Prince Royal d’Hongrie et de Boheme / Electeur de Cologne etc” (BGA 64 del 22 o 23 giugno 1801). Maximilian Franz fuggì da Bonn dalle truppe francesi nel 1794 e arrivò a Vienna nell’aprile 1800. Poiché l’arcivescovo morì il 27 giugno 1801, la sinfonia non gli fu mai dedicata. Beethoven propense quindi per un altro mecenate: Freiherr van Swieten (BGA 69).
Gottfried Bernhard Baron van Swieten, nato il 29 ottobre 1733 vicino a Leida e morto il 29 marzo 1803 a Vienna fu figlio del medico personale dell’imperatrice Maria Teresa, Gerard van Swieten e dal 1755 diplomatico austriaco (a Bruxelles, Parigi, Varsavia e Berlino). Dopo al suo ritorno (1777) prefetto della biblioteca della corte imperiale ed anche presidente provvisorio della commissione del tribunale di studio e censura. Swieten perseguì i suoi interessi musicali non solo attraverso le proprie composizioni e la promozione di compositori più giovani come Carl Philipp Emanuel Bach, Mozart e Beethoven, ma anche attraverso l’istituzione di una vasta biblioteca privata in cui la musica antica (Handel, Bach e Graun) fu ben rappresentata. Come attesta Mozart, la musica veniva suonata a casa del barone „alle Sonntage um 12 uhr“ (NMA 667 del 10 aprile 1782). In qualità di Geschäftsführer der Vereinigung der „Associierten Cavaliers“, Swieten organizzò spettacoli ed oratori in lingua tedesca, per i quali Mozart fu ingaggiato dal 1788 al 1790 come arrangiatore e direttore d’ orchestra. Del compositore salisburghese ricordiamo gli arrangiamenti del Messiah e di altre opere vocali di Handel. In questo contesto furono eseguiti anche gli oratori di „Die Schöpfung“ (1798) e „Die Jahreszeiten“ per i quali Swieten scrisse il libretto. Beethoven probabilmente incontrò Swieten poco dopo il suo arrivo a Vienna nel 1792. Apparentemente anche Beethoven rimase con lui saltuariamente, come si può dedurre da un invito datato 15 dicembre 1794 (BGA 18).
Beethoven nel 1801 – Olio di Carl Riedel
Maximilian Franz von Österreich, Erzbischof und Kurfürst von Köln (1756-1801)
Gottfried Bernhard Freiherr van Swieten (1733-1803)
Franz Anton Hoffmeister (Rottenburg am Neckar, 12 maggio 1754 – Vienna, 9 febbraio 1812)
“Note al Buio” – suggerimenti e confronti per un ascolto beethoveniano di qualità
Con uno slide delle registrazioni citate nell’ articolo – A cura di Federico da Roma.
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