Opus 14 Sonate (2) in mi maggiore e sol maggiore per pianoforte

OPUS 14 Sonate (2) in mi maggiore e sol maggiore per pianoforte Opus 14, 1798-1799 (prima del dicembre), dedicate alla baronessa di Braun, pubblicate a Vienna, Mollo, dicembre 1799. GA. nn. 132 e 133 (serie 16/9-10) – B. 14 – KH. 14 – L. I, p. 140 – N. 14 – P. 104 – T. 68.   Il manoscritto originale è perduto.

Alla domanda rivoltagli molti anni dopo (1823) dallo Schindler perché non avesse fatto conoscere l’«idea etica» posta a base delle due Sonate (l’esistenza della quale «s’imponeva di per sé stessa all’ascoltatore sensibile»), Beethoven avrebbe risposto che l’epoca di allora (1800) «era più poetica dell’attuale», per cui spiegazioni del genere sarebbero state superflue.

«Ciascuno sentiva allora che nel Largo della Sonata in re maggiore dell’op. 10 era espresso lo stato d’animo di un melanconico in tutte le sue varie sfumature di luce e d’ombra, senza bisogno di un titolo scritto; e che le due Sonate dell’op. 14 avevano per oggetto il contrasto di due principi o il dialogo fra due persone: poiché questo era di per sé evidente» Poco più oltre lo stesso biografo aggiunge: «Ambedue le Sonate dell’op. 14 hanno per contenuto un dialogo fra marito e moglie o fra due amanti.

Nella seconda questo dialogo, come il suo significato, è espresso in modo più pregnante, e l’opposizione delle due parti principali (principi) è avvertibile più ancora che nella prima. Beethoven chiamava i due principi: quello che prega (“das bittende”) e quello che contrasta (“ das widerstrebende”)».

Quanto poco tutto questo — cioè l’obiettivazione dei «due principi» in fatti e immagini determinate — abbia a che fare con la comprensione della musica in sé, indipendentemente da ogni intenzione descrittiva particolare o fatto esterno che possano anche eventualmente aver dato il primo impulso all’atto creativo dell’artista, non è qui il caso di ripetere, specialmente quando si pensi all’interpretazione delle due Sonate che lo Schindler, con riferimento sempre a quanto Beethoven gli avrebbe detto e anche fatto sentire, ha tentato di dare facendo dei «due principi» gli elementi fondamentali di un contrasto perseguibile nell’impostazione dei temi, nel loro svolgimento e nei loro intrecci.

A noi sembra che, per caratterizzare lo spirito di queste sonate, basti dire che esse, in confronto della Patetica ultimata poco tempo dopo e delle tre Sonate dell’op. 10 composte qualche anno prima, rivelano nelle loro forme più modeste e nell’assenza di qualunque impegno intensamente espressivo, quel carattere di familiarità spiritosa ed affettiva che le avvicina, sotto qualche punto di vista, alle opere 78, 79 e 90 posteriori di un decennio o più.

 [Da Biamonti Giovanni – Catalogo cronologico e tematico delle opere di Beethoven comprese quelle inedite e gli abbozzi non utilizzati, Torino, ILTE 1968]

Titolo ufficiale: Opus 14 Zwei Sonaten (E-dur, G-dur) für Klavier Widmung: Josephine (Josepha) Freifrau von Braun NGA VII/2 AGA 132-133 = Serie 16/9-10

Creazione e pubblicazione: Beethoven abbozzò la prima sonata nel 1798. Non si sa nulla dell’epoca in cui fu concepita la seconda sonata. L’edizione originale fu pubblicata da Mollo a Vienna nel dicembre 1799. Dall’esame da parte di Gustav Nottebohm degli abbozzi per la prima sonata (Nottebohm/Beethoveniana ll pp. 45-59), si è discussa la possibilità che questa sonata fosse originariamente concepita per quartetto d’archi e Beethoven decise di elaborarla come sonata per pianoforte solo durante la fase di scrittura (mentre Schwager/Op.14 non esclude tale possibilità, Broyles/Op.14 e Finscher/Op.14 confutano questo approccio). Beethoven potrebbe aver inizialmente progettato e promesso all’editore originale Mollo un gruppo d’ opere di tre sonate (vedere l’annuncio sulla Wiener Zeitung del 21 dicembre 1799 o gli abbozzi per ulteriori movimenti pianistici nella miscellanea “Kafka”). è probabile che inizialmente ne facesse parte anche l’ Opus 13.

Dedica: Baronessa Josephine von Braun, nata von Höfelmüller, nata attorno al 1765 (dopo l’atto di matrimonio già nel 1764) a Vienna, morta il 13 febbraio 1838 sempre in Vienna), moglie del k.k. Sovrintendente, magnate industriale e banchiere di corte Peter von Braun (1758-1819), che dal 1794-1806 affittò i due k.k. Hoftheater (Burgtheater e Kärntnertortheater) e dal 1804 al 1806 fu proprietario del Theater an der Wien. Il 22 aprile 1802, Kaspar Karl van Beethoven riferì a Gottfried Christoph Härtel a Lipsia che suo fratello „jezt zu nichts aufgelegt, weil ihm der Theater-Direcktor Baron v. Braun der bekanntlich ein dummer und roher Mensch ist, das Theater zu seiner Akademie abgeschlagen und es ändern äuserst mit-telmäsigen Künstlern überlasen hat, und ich glaube daß es Ihn mit recht verdriesen muß, sich so unwürdig behandelt zu sehn, besonders da der Baron keine Ursache und der Bruder seiner frau mehrere Werke gewidmet hat“ (BGA 85). Tranne l’op. 14 ed Hess 34 – Quartetto in fa maggiore per 2 violini, viola e violoncello (dalla Sonata op. 14 n. 1) Beethoven dedicò la sonata per corno e pianoforte op.17 (1801) a Josephine von Braun. A lei sono dedicate anche le importanti variazioni in fa minore di Haydn (Hob. XVII:6), pubblicate da Artaria (PN 800) nel 1799. –

La dedica fu aggiunta all’ Opus 14 successivamente nel titolo dell’edizione originale. Beethoven era spesso in ritardo nell’annunciare i suoi desideri per la formulazione o nel modificare dediche, ad esempio per l’op. 27 n. 2, 35 (BGA 127 e 133), 48, 58 (BGA 336) e 69 (BGA 353) ecc…. Prima esecuzione sconosciuta.

Edizione originale 1799 (dicembre). Vienna, T. Mollo & Comp., VN/PN 125. – Titolo: “DEUX SONATES / pour le Piano-Forte / Composées et Dediées / à Madame La Baronne de Braun / par / LOUIS VAN BEETHOVEN / Oeuvre 14. / [1 .:] 125 [r.:] f.2„ 20 x / à Vienne Chez T. Mollo & Comp

Gli abbozzi saranno trattati in un articolo appositamente creato per il Centro Ricerche Musicali www.lvbeethoven.it

Opus 14 numero 1 Sonata in mi maggiore per pianoforte

I) Allegro – II) Allegretto- III) Rondò – Allegro

Numerosi abbozzi (alcuni forse di data molto anteriore) si trovano nella prima pagina di un fascicolo di due fogli, conservato nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino, e in un quaderno posseduto dal British Museum. Sono riportati in gran parte dal Nottebohm e accennati dallo Shedlock. Di quelli rimasti inutilizzati abbiamo già dato notizia precedentemente.


Al primo elemento tematico dell’Allegro, caratterizzato dalla solidità costruttiva del suo procedere progressivo per quarte, succede la flessuosa amabilità del secondo. Lo sviluppo è costituito da un episodio abbastanza indipendente e animato da maggiore impeto, che finisce per venire assorbito dal ritorno della figurazione per quarte conducente alla ripresa. La conclusione riporta la figurazione stessa al seguito del secondo elemento tematico, come piegata alla dolcezza di questo.

L’Allegretto in mi minore è uno scherzo di originale fisionomia malinconica che si spiana nel Trio in do maggiore, di cui si trova un chiaro precedente in quello della Sonatina in do minore per mandolino. Dopo la riesposizione delle due prime parti la breve coda riprende lo spunto del Trio, ma per tornare subito al minore e suggellarne il malinconico spirito negli ultimi squallidi mi in ottava. Il tema del Rondò è caratterizzato da un certo procedere, diremmo, frettoloso, a cui la perentoria figurazione del primo intermezzo sembra voler imporre un fermo. Il secondo intermezzo, più sviluppato, con il suo discorso ad incisi nei bassi inserito nell’ondeggiamento continuo degli arpeggi superiori, suggerisce l’analogia con i Trii degli Scherzi delle Sonate op. 7 e op. 10 n. 3.

Opus 14 numero 2 Sonata in sol maggiore per pianoforte

I) Allegro II) – Andante – III) Finale – Allegro

Dalla forma frastagliata e discorsiva del primo tema passiamo a quella, simile ad un duetto in terze commentato dal borbottio del basso, del secondo e alla conclusione, cullata ancora in contrappunto dal basso e ravvivata nel suo respiro dal sincopato della parte mediana: ciò significa trasformare e adagiare progressivamente l’irrequietezza nella bonomia d’una cantilena, che ricorda forse qualche tipo usuale o popolare. Nello sviluppo due elementi tematici si stringono più strettamente l’uno contro l’altro in un contrasto che torna poi gradatamente a sciogliersi nella ripresa.

L’Andante consta di un tema semplice con tre variazioni: giuoco di lievi contrappunti e di staccati che girano intorno alla forma ritmica e armonica essenziale senza troppo nasconderla. Al Finale (Allegro assai) è apposto il titolo di Scherzo: ed esso è di uno spiccato carattere spiritoso con la fisionomia sdrucciolante del tema posto a base della prima parte (qualche punto ci suggerisce impensati accostamenti al “Till Eulenspiegel” di Strauss); e, nella seconda, quella, cara ai musicisti viennesi dell’epoca ed anche a Beethoven, del Ländler.

Per gentile concessione della BH – Beethoven Haus Bonn

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