Hess 25 Trio in mi bemolle maggiore per violino, viola e violoncello op. 3 (prima redazione)
Hess 25 – Trio in mi bemolle maggiore per violino, viola e violoncello op. 3 (prima redazione), 1792 (non oltre l’ottobre) (?). H. 25
Secondo quanto racconta nelle sue memorie l’inglese William Gardiner, musicista dilettante, contemporaneo ed ammiratore di Beethoven, verso la fine del 1792 una Mrs. Bowater, ospite già da lungo tempo dell’elettore Maximilian Franz, preoccupata dall’eventualità di una occupazione francese che i successi delle truppe rivoluzionarie nelle regioni renane facevano credere imminente, abbandonava precipitosamente Bonn per ritornare in patria. L’abate Clemens Dobbeler, cappellano dell’elettore, ebbe l’incarico di accompagnarla fino ad Amburgo: ma qui giunto egli fu dichiarato emigrante, con la conseguente confisca d’ogni suo avere; e, nell’impossibilità di tornare a Bonn, dovette seguire la Bowater in Inghilterra ed accettarne l’ospitalità nella sua casa di Leicester.
Qui si faceva spesso musica e l’abate, che era anche un buon violinista, ebbe l’occasione di eseguire, insieme con altri suoi amici e con lo stesso Gardiner, quartetti di Haydn, Boccherini, Wranitzky; così pure un trio «composto da Beethoven poco prima della sua partenza» ch’egli aveva portato con sé da Bonn e di cui il Gardiner rimase particolarmente ammirato. Secondo un’opinione che trova anche oggi credito, si sarebbe trattato di una prima redazione del Trio in mi bemolle maggiore per violino, viola e violoncello, pubblicato poi nella primavera del 1796 a Vienna dall’editore Artaria con il numero d’opera 3.
Manca però ogni ulteriore documentazione; a meno che non si vogliano considerare come appartenenti alla redazione suddetta un manoscritto del Finale scoperto nel 1917 a Londra e dal 1923 in possesso della Library of Congress di Washington (il quale del resto, secondo quanto aveva comunicato a suo tempo il bibliotecario della Library, C. Engel, e come oggi si può vedere dalla pubblicazione curatane da W. Hess, presenta con l’edizione del 1796 poche e non importanti differenze) e quello degli altri tempi mancante tuttavia anche della prima parte del primo Minuetto custodito nella biblioteca del conservatorio di Parigi, la cui prima stesura non doveva corrispondere in tutto alla suddetta edizione, per quanto si può giudicare dalle cancellature e correzioni che vi figurano in diversi punti. C’è poi la questione cronologica.
Confrontando le notizie date a più riprese dal Gardiner in vari punti della sua opera — non sempre troppo concordi fra loro — con la realtà dei fatti politici e militari avvenuti a Bonn nel periodo fine 1792-estate 1794, l’Engel sarebbe giunto alla conclusione che l’abate Dobbeler e Mrs. Bowater abbiano lasciato questa città non nel dicembre 1792, in cui il pericolo dell’invasione francese fu di breve durata, ma nella seconda metà del 1794, nell’epoca cioè in cui si profilava già la definitiva caduta del regime elettorale. Pertanto il Trio precedentemente composto da Beethoven e portato dal Dobbeler in Inghilterra non sarebbe stato scritto a Bonn nel 1792, ma a Vienna, dove Beethoven si trovava dai primi del novembre dello stesso anno, e inviato poi dal maestro all’elettore come doveroso omaggio di suddito e dipendente.
Questo peraltro non esclude la congettura che Beethoven ne abbia portato con sé da Bonn un primo abbozzo, rifinendolo poi a Vienna per l’invio di cui sopra: in tal caso però la redazione a cui si riferisce il Gardiner sarebbe stata non quella preliminare, ma la stessa che, magari con qualche altro ritocco, si sarebbe poi dovuta pubblicare nel 1796. Il racconto del Wegeler che «quando nel 1795 il conte Apponyi diede incarico a Beethoven di comporre un quartetto, il maestro, che fino ad allora non si era mai cimentato in un tal genere di composizione, vi si sarebbe provato due volte senza riuscirvi: dal primo tentativo sarebbe nato un grande Trio di violino (op. 3) e dal secondo un Quintetto d’archi (op. 4)» potrebbe interpretarsi, per quanto concerne il primo tentativo, nel senso che Beethoven abbia in principio pensato d’impiegare per il nuovo quartetto il materiale del Trio come sopra già composto e noto al Dobbeler e che poi, non essendoci riuscito, sia ritornato al Trio, dandogli l’ultimo definitivo assetto per la stampa. A suo tempo diremo di questa redazione definitiva. Ne esistono poi due trascrizioni: la prima (non fatta da Beethoven) per pianoforte e violoncello (op. 64) del 1807, l’altra autentica, ma che si arresta a metà del secondo tempo, per pianoforte, violino e violoncello, del 1817 circa. (Hess 47).