Sconosciuti, ineseguiti, e segnati da una storia travagliata e complessa tanto che l’ultima informazione concernente questi quartetti per archi è quella che si trova sul catalogo di Giovanni Biamonti, nel 1968: ” questi quartetti si trovano nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino. Attribuiti una prima volta a Mozart, poi, dal De Saint Foix, a Beethoven. Autenticità dubbia”. E questo è tutto.
Questi quartetti furono menzionati per la prima volta nel 1893 dal celebre editore italiano residente a Vienna, Augusto Artaria. Qualche mese prima della sua morte Artaria decise di compilare un inventario di tutti i manoscritti conservati nella sua casa editrice, poiché quello eseguito da Guido Adler tre anni prima era troppo succinto e vago: al numero 921 dei suoi manoscritti, Artaria annotò come opera di Mozart ” 6 quatours pour violon, il est douteux qu’ ils aient été composés par Mozart. Inédites”. Alla sua morte il figlio vendette le collezioni della Casa al maggior offerente e le coppie dei quartetti furono acquistate dal professor Koster. Quest’ultimo, su richiesta dei due musicologi francesi Theodore de Wyzewa e Georges de Saint-Foix, rese accessibili quattro dei sei quartetti sotto forma di partitura nel 1913. La prima guerra mondiale, scoppiata l’anno seguente, non permise però la prosecuzione degli studi; nel frattempo i manoscritti vennero acquistati dalla Deutsche Staatsbibliothek di Berlino. Theodore de Wyzewa morì nel 1917, e il conte Georges de Saint-Foix proseguì da solo la sua biografia su Mozart, riuscendo ad accedere a tutte le sei coppie di Koster. Sorprendentemente pubblicherà i risultati di questi studi su “La Rivista Musicale Italiana” nel 1923, con l’articolo “Nouvelle contribution à l’ étude des oeuvres inconnues de la jeunesse de Beethoven”: così, nel 1923, risultò che questi quartetti erano da attribuirsi a Beethoven e non a Mozart.
Secondo lo studioso francese furono scritti attorno al 1790-1792, poco prima del definitivo abbandono della città di Bonn da parte di Beethoven, quando ancora il compositore suonava la viola dell’orchestra della Cappella Elettorale. Nel centenario della morte di Beethoven, Heinrich Wollheim, membro dell’Orchestra da Camera e dell’Opera di Berlino, realizzò (agosto-settembre 1926) una nuova partitura di questi quartetti. Purtroppo non riuscì ad effettuare alcuna esecuzione pubblica. Ritornati nelle mani di Georges de Saint-Foix e nuovamente descritti su un numero de “La Revue Musicale” (1927) per la prima volta vennero studiate le somiglianze fra questi quartetti ed altre opere di Mozart e di Beethoven: in particolare si riscontrarono analogie in un tema che procede identicamente nel primo movimento del quartetto Anhang 2 numero 5, ed in un tema del primo dei tre quartetti per pianoforte violino viola e violoncello WoO 36, nonché in un tema simile che si trova nei quartetti attribuiti a Mozart K.Anhang 20.07.
Dopo il 1927, più nulla.
Le partiture di Koster perdute, le copie di Wollheim disperse.
Durante la seconda guerra mondiale tutte le collezioni della biblioteca di Berlino vennero disperse in piccole città della Germania; nonostante le gravi perdite la partitura dei 6 quartetti ritornò nella capitale della Germania nell’immediato dopoguerra. Richieste nel 2006 dal musicologo francese Michel Rouch, che tanto si è impegnato per la ricerca delle opere spurie del Maestro di Bonn, le fotocopie arrivarono nello stesso disordine in cui si trovavano catalogate nella biblioteca di Berlino. La ricostruzione, l’analisi dei singoli movimenti, la revisione, nell’ottica di una prima esecuzione mondiale, hanno richiesto diversi mesi di lavoro, e la scoperta che questi sei quartetti indicati nel catalogo di Mozart come Kochel Anhang 20-06, condividevano una falsa catalogazione sovrapponendosi ai “sei quartetti capricciosi”, attribuiti a Mozart ed invece rivelatisi opera di Georg Anton Mederitsch, detto Gallus, solidissimo compositore viennese, autore di ben il 44 quartetti, nato prima di Mozart e morto dopo Beethoven.